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Gli sport invernali rischiano di scomparire? Questione di decenni, il cambiamento climatico fa sempre più paura

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Il tema è d’attualità, d’altronde il caldo anomalo che ha caratterizzato tutto il mese di ottobre ha fatto boccheggiare gli sport invernali. Ci sono state cancellazioni o rinvii nelle discipline più disparate, dallo sci di fondo allo snowboard, passando per lo sci alpino. Peraltro le difficoltà sono diffuse in ogni dove, dalle Alpi alla Scandinavia. In Europa non c’è stata latitudine dove le temperature più alte del consueto non si siano fatte sentire.

Nasce, quindi, una riflessione che va oltre l’impossibilità di rifugiarsi in Siberia per questioni politiche o gli esagerati costi di produzione della neve artificiale dovuti alla crisi energetica. Sarebbe ipocrita fare gli struzzi. Il clima non è più quello del passato e, di conseguenza, ci sono pesanti ripercussioni su molte attività umane. Sport invernali compresi, da tempo puntellati dalla tecnologia. Il già citato innevamento artificiale consente, ormai da anni, di salvare tanti eventi che, altrimenti, verrebbero cancellati. La situazione si sta facendo, però, progressivamente più difficile.

Gli sport invernali sono, per definizione, stagionali. Senza inverno, non esistono. Se l’inverno sparisce o si mitiga, viene meno l’habitat naturale di tante discipline, leggasi quelle della neve. Le attività legate al ghiaccio sono invece al riparo dal cambiamento climatico. Da tempo pattinaggio di figura, speed skating, short track, hockey e curling si svolgono indoor, in ambienti refrigerati ad hoc. Il progresso umano e gli spazi relativamente contenuti necessari per lo svolgimento di ognuno di questi sport ha permesso di svincolarsi dal meteo.

Sport invernali, discipline della neve in ginocchio. Caldo e caro bollette generano già cancellazioni e rinvii a raffica

Non può, però, essere così per discipline svolte giocoforza all’aperto, peraltro in ampi spazi, quali lo sci alpino, il fondo o il biathlon. Servono chilometri e chilometri di piste innevate. Se il clima è ostile, allora l’unica cosa a restare bianca sarà la bandiera da alzare. Peraltro le ripercussioni non sarebbero solo immediate, bensì anche a lungo termine. Se si riducono sempre di più gli spazi e i tempi dedicati agli sport della neve, essi diventeranno progressivamente più marginali anche culturalmente. Ora come ora abbiamo ancora il ricordo del recente passato, ma se il clima proseguirà a evolvere come sta evolvendo, quel passato diventerà sempre più lontano. Le generazioni venture non avranno alcun punto di riferimento pregresso, se non i ricordi degli anziani (leggasi noi, fra pochi decenni) e le immagini di un tempo ormai andato.

Poi la natura farà il suo corso e richiamerà a sé gli anziani di cui sopra, le cui memorie spariranno. Nonni e padri del futuro magari cresceranno con ben poca neve, concependola come un fenomeno occasionale e marginale, perché come tale l’avranno vissuta. Se l’impatto della “Dama bianca” nella vita di ognuno sarà sempre più ridotto, certe attività perderanno senso, oppure diventeranno appunto occasionali e marginali, senza poter essere una passione o una professione.

Dunque, cosa dobbiamo aspettarci nel futuro a medio a lungo termine? C’è chi può trovare salvezza nei microcosmi artificiali (i palazzi del ghiaccio), sopravvivendo alla mutazione dell’habitat. Altri, invece, non hanno questa possibilità e rischiano l’estinzione. La locuzione “sport invernali” diventerà sinonimo di “sport del ghiaccio”, poiché quelli della neve spariranno?

La risposta può essere una sola. Sono i versi finali dell’Ulisse di Alfred Tennyson.“Noi non siamo ora quella forza che in giorni antichi mosse terra e cieli. Ciò che siamo, siamo. Un’eguale indole di eroici cuori, fiaccati dal tempo e dal fato, ma forti nella volontà di combattere, cercare, trovare. E di non cedere”.

Foto: La Presse

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