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Sci di fondo, l’Italia prova a uscire dalla stagnazione. Però chi può incidere, a parte i soliti noti Pellegrino e De Fabiani?

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Nel 2022-23, l’Italia dello sci di fondo maschile proverà a uscire dalla stagnazione in cui versa ormai da anni. In tal senso, l’embargo posto contro la Russia ridurrà notevolmente la concorrenza all’interno del massimo circuito, poiché verrà meno una serie di atleti estremamente competitivi. Il livello indiscutibilmente più basso della Coppa dell’Occidente, perché tale sarà quella che ufficialmente verrà conosciuta come “Coppa del Mondo”, dovrebbe aiutare le seconde linee azzurre a ottenere risultati al di sopra della media dell’ultimo decennio. Peraltro, proprio la difficile situazione internazionale, ha facilitato l’ingaggio del tecnico tedesco Marcus Cramer, che da tempo lavorava per la federazione russa.

In realtà nulla cambia per la punta di diamante del movimento e la sua spalla, ovvero Federico Pellegrino e Francesco De Fabiani. I due valdostani hanno cominciato a lavorare con il teutonico già nella primavera 2021. La novità potrà comunque giovare al resto del gruppo e soprattutto alle nuove leve, nella speranza che non vengano a loro volta avviluppate dal contesto di mediocrità diffusa in cui è sprofondato il settore. Salvo rare eccezioni beninteso, rappresentate dai due nomi appena citati.

Per Pellegrino comincia la “terza età agonistica”. La più bella in assoluto, perché è quella del “tutto è guadagnato”. Chicco non ha più nulla da dimostrare. Dal 2015 non è passato inverno senza che non abbia conquistato almeno un successo pesante. Tra Olimpiadi e Mondiali sono arrivate 4 medaglie su 5 possibili a livello individuale, compreso un oro, a cui si aggiungono 2 Coppe del Mondo Sprint. Il tutto è stato condito da altri tre podi iridati nelle prove a coppie. Insomma, il trentaduenne è una certezza. Cosa può arrivare nei prossimi mesi, oltre alla paternità sul piano personale?

Sci di fondo, dal 2022-23 i “muli da soma” avvantaggiati sui “purosangue”. D’altronde, se le regole le scrivono gli asini…

La sprint dei Mondiali di Planica 2023 sarà in tecnica classica, la meno adatta alle sue caratteristiche. L’assenza dei russi ridurrà la concorrenza, ma i norvegesi hanno tutte le carte in regola per monopolizzare il podio come avvenuto a Oberstdorf 2021. La team sprint, però, si disputerà a skating. L’occasione è ghiotta, anche perché senza la Russia si libererà un posto sul podio alle spalle dell’immancabile Norvegia. Serve, chiaramente, un partner all’altezza della situazione.

Questo non può che essere Francesco De Fabiani, seconda forza del team e atleta attorno al quale non si può dire niente di diverso rispetto a quanto viene ripetuto da anni. Parliamo di un fondista dall’elevato potenziale, in grado di garantire picchi di rendimento di altissimo profilo. Cionondimeno, la continuità gli ha sempre fatto difetto. Il valdostano si avvicina alla soglia dei trent’anni, che in questa disciplina rappresentano la piena maturità agonistica. La sua carriera è sinora stata caratterizzata da saltuari exploit. La grande domanda è se questi lampi possano diventare la regola e non l’eccezione. Solo i campi di gara potranno dare la tanto agognata risposta in merito.

Vedremo se il 2022-23 regalerà qualche gradita novità. Non solo relativa a De Fabiani. La riforma epocale delle gare distance (la cui lunghezza, di fatto, è stata sistematicamente ridotta del 33% in nome della parità di chilometraggio con il settore femminile) spingerà Chicco Pellegrino a cimentarsi con più continuità al di fuori del contesto sprint? Dopotutto lo scorso anno, da parte sua, si sono ammirate buone prestazioni anche contro il cronometro. Molto dipenderà da come ha deciso di impostare la propria stagione e se il fisico lo sorreggerà.

Invece, cosa aspettarsi dagli altri azzurri? Partiamo dal futuro. I nomi su cui si punta con maggior decisione sono quelli di Davide Graz ed Elia Barp, venuti al mondo rispettivamente nel marzo 2000 e nel dicembre 2002. Questi due hanno ottenuto risultati notevoli a livello giovanile e l’augurio è di vederli affermati per davvero anche nello sci di fondo che conta, replicando fra i senior quanto di buono mostrato in ambito junior. Purtroppo tale dinamica non è scontata, soprattutto se in passato non si è lavorato in prospettiva, bensì con l’obiettivo di arrivare al vertice in tempi brevi, in maniera tale da raccogliere risultati immediati.

Certo, le medaglie giovanili fanno curriculum (agli allenatori) e portano visibilità (a comitati e sci club), ma per gli atleti dovrebbero essere mere tappe di passaggio, se non addirittura obiettivi trascurabili in una panoramica a più ampio spettro, atta a formare fondisti in grado di lasciare il segno in Coppa del Mondo quando il loro sviluppo biologico sarà completato. Potrà essere questa la prossima dimensione di Graz e Barp, in maniera tale da raccogliere il testimone di chi ha tenuto alta la bandiera italiana? Lo si spera per il bene dello sci di fondo azzurro. Ai tecnici che li seguono il compito di tramutare tale speme in realtà.

Per il resto, vedremo se qualche agonista più navigato sarà capace di lasciare il segno, crescendo di colpi rispetto alle abitudini. Per età, per parabola e per status nella composizione delle squadre, i due principali indiziati a effettuare un possibile salto di qualità sono Giandomenico Salvadori e Paolo Ventura. Vedremo se le tabelle di allenamento di Cramer avranno stimolato le corde giuste per un cambio di tono, sia per il tandem citato che per i tanti connazionali ancora alla caccia della propria dimensione nelle gare di primo livello.

Foto: La Presse

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