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Calcio femminile: il professionismo non ha ancora dato i frutti sperati in Italia

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Questione di mentalità. Il 26 aprile di quest’anno si era parlato di storia dello sport italiano. La ratifica in Consiglio Federale relativa al calcio femminile e al passaggio al professionismo dalla stagione 2022-2023 era arrivata. Si parlava di primo sport femminile ad avere questo status nel Bel Paese.

Come dichiarava il presidente della FIGC, Gabriele Gravina: “Dal primo luglio inizia il percorso del professionismo del calcio femminile, siamo la prima federazione in Italia ad avviare e ad attuare questo percorso. C’è stata qualche piccola resistenza della Lega di A che riteneva di proporre un eventuale rinvio ma poi abbiamo raggiunto un accordo perché non si poteva tornare indietro. Quando si delibera qualcosa bisogna essere coerenti“.

Alla fine della fiera, che cosa è cambiato? I punti cardine previsti sono i seguenti:

Calcio femminile, Champions League: Lione-Juventus 0-0, pari a reti bianche e bianconere eliminate

  • Salario minimo di 26.000 euro lordi all’anno. Prima di questo mutamento di spartito, le giocatrici potevano guadagnare solo attraverso un rimborso forfettario annuale diviso in 10 mensilità dell’importo di massimo 30.658 euro all’anno a cui aggiungere un bonus ulteriore, oppure un rimborso spese e indennità di trasferta pari a 77,47 euro al giorno. Tutto questo però senza contributi previdenziali. I club, per questo, devono riconoscere i contributi previdenziali, versare l’Irpef e i contributi per il fondo di fine carriera.
  • I club diventano società di capitali, secondo la legge nell’articolo 91 sul professionismo. Per iscriversi al campionato di Serie A femminile, hanno versato una fideiussione di 80.000 euro e avere uno stadio da almeno 500 posti. Dalla Serie B in giù il movimento resterà dilettantistico.
  • I club hanno aumentato la voce in bilancio relativi ai costi pe il personale tesserato, ma c’è anche da sottolineare che le calciatrici sono diventate un vero e proprio punto di riferimento per le società, in fatto di investimenti che vanno a incidere rispetto al patrimonio del singolo club.
  • Nuovo format dei campionati: Serie A a 10 squadre, mentre la Serie B è a 16.

 

Se andiamo però a vedere i riflessi di questa nuova riforma, i benefici si fa fatica ad apprezzarli. Nel senso che il gap che separa la realtà del calcio femminile nostrano dall’elite continentale e mondiale è ancora molto. L’eliminazione nella fase a gironi degli Europei 2022 dell’Italia, ottenendo solo un punto in tre partite contro Francia, Islanda e Belgio, rimediando una pensate sconfitta contro le transalpine (5-1), la dice lunga. La Nazionale di Milena Bertolini ha poi conquistato il pass per la seconda volta consecutiva ai Mondiali 2023, in programma in Australia e in Nuova Zelanda, ma questo non può più bastare.

Certo, l’ottima prestazione della Roma nella Champions League 2022-2023, qualificata ai quarti di finale, e l’ottima figura della Juventus in un girone molto complicato con Arsenal e Lione, mettono in evidenza dei progressi, ma probabilmente ci si aspettava qualcosa di più.

Inoltre, se si fa un’analisi di quanto il calcio femminile sia seguìto in Italia, si può notare che questo sia ancora un aspetto dolente, nonostante le coperture mediatiche di vario genere non manchino. E’ evidente che per dare forza a una realtà professionistica servano le coperture economiche e se le ragazze si trovano spesso a giocare in contesti non così ricchi di pubblico, si può comprendere quali siano le oggettive difficoltà. E’ necessario un percorso lungo, soprattutto culturale, tale da accettare che una donna possa riuscire in una pratica tradizionalmente maschile nei nostri confini. «Il calcio non è uno sport per signorine» di “Guido Ara memoria” è decisamente attuale.

Un discorso quindi da fare su più fronti perché si è ancora molto lontani da dove si dovrebbe essere.

Foto: LaPresse

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