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Golf
Golf, Roberta Liti: “La carta per il tour LPGA un’emozione bellissima e grandissima. Parigi 2024? Obiettivo già dall’anno scorso”
Ci sarà anche la stella di Roberta Liti nel panorama golfistico del 2023. Classe 1995, la toscana ha messo in mostra il meglio del proprio repertorio per conquistare l’ambita carta che vale la possibilità di giocare sul tour LPGA. Un obiettivo, questo, cercato a lungo, con tanti sforzi e alla fine trovato con immensa gioia. L’abbiamo raggiunta per un’intervista che la vede parlare di ciò che è appena accaduto, degli anni dell’università e di un futuro che, perché no, potrebbe anche comprendere cinque cerchi ben precisi.
Qual è la prima emozione che hai provato dopo aver preso la carta per il tour LPGA?
“È stata un’emozione bellissima e grandissima. Tutte le due settimane che hanno portato a prendere la carta sono state difficili, in cui si cerca di non pensare a tutto il resto che poi viene se si riesce a raggiungere l’obiettivo. Una volta che è entrato l’ultimo putt alla 18 è stata da una parte una liberazione, dall’altra una gioia immensa perché ti rendi conto che è quello che aspettavi da sempre, da quando avevo 9 anni e ho cominciato a giocare. Il sogno è diventato realtà, ma è solo l’inizio“.
Questa è una delle qualifiche più difficili del golf: otto giri, tanta tensione, necessità di dover stare lì per tanto tempo a livello alto.
“Diciamo che è un po’ un tour de force. Devi essere al top della forma per due settimane consecutive: basta un giro, un episodio non bello per buttare tutto all’aria. Anche mantenere la concentrazione per otto giri è difficile, con tutta la pressione del caso. Questo è sicuramente uno dei test più difficili in cui mi sono mai trovata. Otto giri sono tanti, ma chi la dura la vince!”
Nel post di celebrazione su Instagram hai scritto anche di calci presi in faccia nei 18 anni precedenti. Lo sono stati a livello più sportivo o più umano?
“Purtroppo la cosa difficile del golf è la separazione della parte di te stesso golfistica, professionale da quella umana. Quando la tua vita diventa quella del golf, i calci che prendi nel golf hanno un riscontro anche nella vita personale. I calci di cui parlo sono a livello golfistico, ma quando la tua vita in un modo o nell’altro gira intorno al golf, poi è difficile esternarsi da quello che succede sul campo. Un po’ come tutti, non solo io. Il golf mette alla prova ogni giorno. Quello che diciamo noi golfisti è che a volte in tutti i momenti diciamo ‘no, siete pazzi, non so se valgono la moneta quei pochi momenti di gioia’. Però probabilmente sì, perché altrimenti non staremmo ancora qui a farlo“.
Parli delle vite del golf e personale come se avessero una separazione netta, ma che in qualche modo, qualche volta, avessero ognuna dei riflessi sull’altra.
“Assolutamente sì. Purtroppo, quando i tuoi obiettivi principali nella vita riguardano il golf, se le cose non vanno bene è difficile farle andar bene anche a livello personale. La cosa più difficile, ma anche quella che in un certo senso porta al successo è riuscire a dividere la Roberta giocatrice dalla Roberta persona e di non connettere la propria persona ai risultati sul campo da golf. Non puoi far dipendere quello che vali come persona da quello che succede sul campo, che è quello che secondo me tante giocatrici e tanti giocatori hanno più difficoltà a fare“.
Nella qualifica non c’eri solo tu di italiana: tra le altre, una che come te ha scelto Arizona State, Alessandra Fanali, che è partita forte, ma ha avuto quel momento di calo di cui parlavi in precedenza.
“A lei è successo nello stage 2. La verità è che noi chiamiamo, nell’ambito golfistico, la Q School un po’ una lotteria, perché in una settimana può succedere di tutto. Purtroppo Alessandra ha avuto un giro che l’ha messa fuori gioco, ma quello non toglie nulla alla giocatrice che è. La Q School purtroppo è così“.
Arizona State per te significa ricordi. Oltre al campionato universitario, cos’altro è stato?
“Per me è stata un’opportunità bellissima di crescita, perché ti trovi a 19 anni a dover andare via di casa, dall’altra parte del mondo, imparare a gestirti, diventare un adulto nel più veloce tempo possibile. Mi ha permesso di conoscere un mondo completamente diverso da quello in cui avevo vissuto, nel bene e nel male. E poi ho avuto la possibilità di laurearmi e far parte della squadra dell’università, che è un’esperienza unica e che in Italia non è possibile fare. Per me, che ho sempre tenuto all’educazione e a prendere una laurea, è stata una grande possibilità laurearmi e proseguire la carriera golfistica“.
A proposito di lauree, sono due: Sport Business e Management.
“Credo che il sistema educativo in Italia sia di livello talmente alto che poi, quando vai al college, campi un po’ di rendita. Tornassi indietro cercherei di prendere anche un master, perché ci ho sempre pensato al fatto che lo studio apre nuovi orizzonti, tanti punti di vista e modi diversi di vedere le cose“.
Parlavi della possibilità di gestire contemporaneamente i percorsi sportivo e studentesco. In quello negli Stati Uniti c’è una mentalità diversa da tutto il mondo, essendo il caso americano sui generis.
“Sì, è un’opportunità unica. Lo fanno un po’ in Inghilterra, ma negli States riesci davvero a giocare lo sport al più alto livello. Quelli che non passano professionisti vanno tutti in America, ti confronti con il più alto livello golfistico e riesci a studiare allo stesso tempo. Questa è un’opportunità che purtroppo non c’è in alcun altro Paese al mondo“.
Tu citi particolarmente Alessio Bruschi, Danielle Pellicano e Roberto Zappa. Sono le tre persone con tre ruoli per te importantissimi.
“Con Alessio Bruschi ho cominciato a lavorare due anni fa; mi aiuta nella parte tecnica ed è un coach a 360 gradi. Mi aiuta in generale in tutto ciò che è golf, ci confrontiamo ed è un ragazzo che ha fatto quello che sto facendo io. Riesco a confrontarmi e a prender spunto da tante cose. Ho iniziato a lavorare con la mia trainer l’anno scorso a gennaio, perché pensavo che per fare il salto di qualità dovessi essere preparata in modo adatto, con una preparazione atletica a 360 gradi che mi permettesse di essere al top specialmente in settimane come quelle della Q School, dove devi mantenere la concentrazione così alta per tanto tempo. Sicuramente avere una preparazione fisica adeguata fa la differenza. Roberto Zappa ha fatto parte del mio percorso golfistico da quando avevo 13 anni e sono entrata in Nazionale. Ancora oggi mi aiuta con il putt, ed è una persona con cui sono cresciuta. Devo tanto anche a lui“.
Parli del putt come di un elemento che hai bisogno di migliorare sia nel breve che nel lungo termine.
“Non è il mio punto di forza, anzi è probabilmente il mio tallone d’Achille. Ci sono cose positive e negative al riguardo. Sicuramente è una cosa che va allenata come tutte le altre cose. Credo che il putt sia una cosa molto sottovalutata, ma fondamentale, perché, come lo swing, anche il putt ha bisogno della giusta attenzione e, alla fine, tante volte fa la differenza. Abbiamo cominciato un percorso fatto bene con Roberto, quindi sono fiduciosa che, con il passare del tempo, non sarà più un punto debole“.
Ti ha fatto da caddie Vicky Hurst, che ha ottenuto ottimi risultati al piano superiore.
“Vicky ha giocato una Solheim Cup a 21 anni, nel 2011, è una giocatrice di altissimo livello, è stata tra le prime 30 al mondo e per me avere il suo aiuto in una settimana così difficile, nello Stage 2 e nello Stage 3, è stato prezioso sia per la sua esperienza che per tutto quel che ha potuto darmi dal punto di vista golfistico, emotivo e di qualunque tipo. Io l’ho scritto anche nel post su Instagram: non so se sarei riuscita senza di lei, perché in certi momenti servono le persone giuste al proprio fianco per performare al meglio“.
Hai già una programmazione di massima per il 2023?
“Sì. La stagione LPGA comincerà in full speed un po’ più tardi, perché inizieranno a fine marzo. Con la categoria che ho preso non riuscirò a entrare nelle prime 2-3 gare, però andrò a giocare le Monday Qualifying, e quindi avrò la possibilità di qualificarmi. Poi entrerò alle Hawaii, nella prima settimana di aprile (LOTTE Championship presented by Hoakalei, N.d.R.), mentre per riscaldarmi giocherò probabilmente una o due gare dell’Epson Tour, dove ho giocato finora. Da aprile dovrei riuscire a giocare“.
A proposito della categoria: come si sono suddivise le carte della Q School?
“Le prime 45 prendevano la carta, però sicuramente più in alto arrivavi e più in alto eri in graduatoria nella lista delle gare. Essendo finita al 38° posto, ne ho 37 davanti in quella categoria. Riuscirò comunque a saltare solo un paio di gare“.
Hai anche giocato due Open d’Italia e sei arrivata in entrambe le occasioni settima.
“Sono state due bellissime esperienze. Rimane l’amaro in bocca di non esser mai riuscita a vincerlo, spero che si continui a giocare l’Open d’Italia e di riuscire a vincerlo. Poter giocare in casa è stato bellissimo, come anche essere in contention per vincere“.
Un piccolo pensierino a Parigi, perché no, potresti anche farlo.
“Sicuramente prendere la carta sul tour LPGA aiuta questa causa, perché nell’Epson Tour non riesco a prendere abbastanza punti per le Olimpiadi. Parigi è un obiettivo già dall’anno scorso, il pensierino rimane. C’è da lavorare, c’è tanto da fare, è solo l’inizio“.
Tornando al discorso universitario: tantissime italiane, negli ultimi 10 anni, stanno andando verso questo ambiente. C’è tanto talento, tanta voglia di emergere.
“L’ambiente americano attrae molte ragazze. Ci sono soldi, ci sono opportunità, dal punto di vista universitario è una chance unica. Quest’ambiente funziona per alcune persone e un po’ meno per altre, ma è un’opportunità e un’esperienza di vita che ti porti dietro per sempre. Lo rifarei altre mille volte“.
Hai avuto qualche ispirazione particolare per cominciare a giocare e qualche modello di gioco cui hai fatto riferimento?
“La questione modello è particolare. Ho iniziato a giocare nel periodo in cui Lorena Ochoa era la numero 1 del mondo. Io ero una grande appassionata, una grande fan, e poi crescendo sono diventata amica di Giulia Molinaro, che era un po’ più grande di me e ha fatto un percorso simile al mio. Sono andata ad Arizona State in parte perché lei era andata là e ne avevo sentito parlare bene. Per me è stata una scelta azzeccatissima. Lei è stata per me un po’ un modello di riferimento: direi che in età più adulta il suo percorso sia stato per me d’ispirazione“.
Ti sei già posta obiettivi precisi per il 2023?
“Sicuramente quello di mantenere la carta e di finire nelle prime 100 nel ranking LPGA, poi c’è quello di acquisire punti per le Olimpiadi di Parigi“.
C’è qualche aneddoto o qualche tua scaramanzia prima delle gare o prima dei tiri?
“Noi golfisti siamo persone di routine. Facciamo sempre le stesse cose, lo stesso riscaldamento. Un aneddoto dalla Q School è che ho ascoltato le solite tre canzoni prima di andare sul tee. L’ho fatto tutti i giorni, ed è stato un po’ il fatto scaramantico che mi rimane in mente un po’ di più. Per il resto non ho nulla in particolare, a parte il solito marchino“.
Però a questo punto bisogna citarle le canzoni!
“Erano ‘Eye of the Tiger’ dei Survivor, ‘Champion’ di Carrie Underwood e ‘All Star’ degli Smash Mouth. Ed è un po’ la canzone che cantavo tutti i giorni“.
Foto: Federazione Italiana Golf