Atletica
‘Maurizio racconta…’: perché l’atletica italiana può fare meglio degli anni ’80. Paola Egonu e il problema delle finali
PERCHÈ L’ATLETICA ATTUALE PUÒ FARE MEGLIO DI QUELLA DEGLI ANNI ’80
L’Italia attuale dell’atletica può eguagliare le vittorie e i risultati degli anni ‘80? Secondo me potrebbe anche superarli. Ecco uno dei motivi: in questi ultimi anni, nel Bel Paese si sta ricorrendo molto alla pratica di naturalizzazione di atleti che per diverse ragioni (tra le principali citerei i rifugiati politici, le adozioni di extra-comunitari, i tesseramenti per società nostrane sin dalle categorie allievi o gli oriundi nati all’estero da entrambi genitori italiani che rimpatriano) possono essere abilitati a vestire la maglia azzurra. Questo non accadeva nel decennio degli ’80, perché semplicemente il mondo è cambiato. Il nostro patrimonio di strutture e ottimi allenatori sparsi per il territorio fanno del Bel Paese una delle mete più desiderate per diversi atleti e le loro famiglie. A questi casi precedenti bisogna anche aggiungere gli atleti nati in Italia (o all’estero) da un genitore italiano con uno straniero, dunque un “incrocio genetico” che era molto più raro 40 anni fa (i casi più eclatanti sono sicuramente quelli di Larissa Iapichino, Marcell Jacobs e Mattia Furlani). Oltre a questi fattori sopraccitati, e come ha ben indicato qualche giorno addietro Stefano Mei (numero uno della FIDAL), ora esiste un maggiore senso d’appartenenza alla nazione da parte degli atleti, un nuovo orgoglio ed entusiasmo nel vestire la maglia azzurra. Assieme ad un allargamento della base di atleti d’alto livello. I numeri comunque parlano chiaro: ben 5 delle 24 medaglie d’oro di tutta la storia a Cinque Cerchi in questo sport sono arrivate a Tokyo 2020 (quasi il 21%!). Negli anni Ottanta, arrivarono invece un totale di 7 ori, divisi tra Mosca ’80 (3), Los Angeles ’84 (3) e Seoul ’88 (1). Anche il Covid ha dato un ulteriore impulso alla disciplina (essendo sport all’aperto), con un incremento dei tesseramenti fino a 238mila, facendo riscoprire la sua valenza sociale. In parole spicciole, aspettiamoci nuovi acuti azzurri durante i prossimi anni.
PAOLA EGONU E LE TANTE FINALI PERSE
Potremmo definirlo lo strano destino di Paola Egonu? Colpisce notevolmente che la 24enne azzurra abbia steccato le prime due finali disputate con il suo nuovo club – VakifBank Istanbul – in questo primo scorcio di stagione. Le recenti sconfitte in Supercoppa di Turchia (contro il Fenerbahce) e nel Mondiale per Club (contro la sua ex-squadra Conegliano) mi fanno dubitare sulle doti di leadership che possiede l’opposto nelle squadre che milita. Prima erano state le polemiche in Nazionale, ora arrivano queste sconfitte con la corazzata turca di coach Giovanni Guidetti, che non è riuscita a difendere il titolo mondiale conquistato dodici mesi fa guarda caso proprio battendo Egonu e le Pantere nell’atto conclusivo. Casualità o causalità? Certamente il fatto che Paola – nonostante la sua ancora giovane età – abbia già perso nove finali in carriera (tra cui spiccano due con la Nazionale nel 2017 e 2018) fa riflettere se non sia arrivato il momento di provare a cambiare lo schema tattico azzurro, troppo spesso “Egonu-dipendente”. Magari approfittando della sua “annunciata” pausa in Nazionale per provare nuove soluzioni (Antropova in primis?).
LE PUNTATE PRECEDENDI DI ‘MAURIZIO RACCONTA…’
Maurizio Contino
Foto: FIDAL/Colombo