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Scherma, Dario Chiadò: “La spada sta cambiando, la fisicità dei coreani ci fa soffrire. Alberta Santuccio si sta riprendendo”

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La scherma è senza dubbio tra le eccellenze dello sport italiano ed in questo 2022 i risultati di Europei e Mondiali lo hanno confermato. Nel mese di novembre è iniziata la nuova stagione, quella che porterà al periodo di qualificazione olimpica per Parigi 2024. Dopo l’esordio con doppio successo per la spada italiana in Coppa del Mondo, abbiamo sentito Dario Chiadò, che della spada è responsabile d’arma. Ecco quello che ci ha raccontato su queste fasi embrionali della stagione 2022/23.

Il primo appuntamento di Coppa del Mondo è stato trionfale per la spada italiana, quanto meno per il settore femminile. Ci può fare un primo mini-bilancio della stagione?

“Noi uscivamo da un Europeo e da un Mondiale molto positivi, anche perchè nella nostra arma c’è grande concorrenza internazionale e mai nulla è scontato. Ovviamente replicare è sempre più difficile che ‘esordire’. Abbiamo lavorato nei primi ritiri con l’obiettivo di mantenerci ad ottimi livelli e direi che ci è riuscito. Soprattutto al femminile: Alberta Santuccio ha vinto una gara fantastica, tra l’altro con dei problemi fisici che la terranno lontana dalle pedane per qualche tempo. L’obiettivo sarà tornare in forma prima del periodo di qualificazione olimpica. La gara a squadre, anche a causa di qualche problema fisico, l’abbiamo affrontata con una formazione rimaneggiata ed abbiamo vinto comunque. Quindi direi che meglio di così non potesse andare”.

Ci ha dato la notizia dell’infortunio di Alberta Santuccio. Secondo lei può essere uno stop problematico, specie alla luce di questa vittoria che le aveva dato grandi conferme?

“Noi speriamo possa rientrare dopo la prima gara di gennaio, forse alla gara GP di Doha. Ha avuto un problema infiammatorio, nulla di terribile ma necessita di riposo. La vittoria con tanto di problema fisico è una doppia conferma dell’altissimo livello di Alberta, per cui parleremo con lei e con lo staff e prenderemo questo momento con molta serenità. Nella vita di un’atleta ci sono questi momenti, servirà viverla con serenità ed attendere i tempi di recupero”.

La gara a squadre, vinta in formazione rimaneggiata, ha dato l’ennesima conferma della grande profondità di questo gruppo e del grande talento a disposizione.

Io ho puntato molto sulla forza del gruppo. Non è facile in uno sport individuale fare gruppo, a me tocca il gravoso compito di fare delle scelte. Tenere unito un gruppo quando i posti per la squadra sono solo quattro non è semplice. Sono soddisfatto di quello che siamo riusciti a fare, del coinvolgimento generale. Ognuno ambisce a conquistare posizioni ed è giusto così, anzi forse è proprio questo il meccanismo che ci permette di alzare l’asticella. Quanto successo nell’ultima gara è la controprova di questo: anche chi non è sempre in squadra negli appuntamenti principali, come Roberta Marzani e Giulia Rizzi, è riuscito a dare il suo contributo. La squadra non è mai la somma delle forze dei singoli, ma soprattutto l’energia che si riesce a dare all’insieme e direi che tutte hanno risposto meravigliosamente. Chiaramente il supporto di Federica Isola e Rossella Fiamingo, anche lei con un problemino fisico, è stato determinante. Quando tutto va così bene, si vince”.

In passato ci aveva detto che avrebbe provato a sperimentare, provare quartetti diversi. In questo, quanto pesa la presenza di un “quadriennio olimpico corto”? D’altronde la qualificazione per Parigi 2024 è ormai alle porte…

Senz’altro l’anno in meno ha inficiato la possibilità di fare qualche esperimento in più. Io avevo individuato i periodi di inizio stagione 2022 e 2023 per fare delle modifiche in questo senso, ma diciamo che i risultati di Europei e Mondiali hanno cambiato un po’ i piani. Abbiamo preso medaglie con la squadra maschile e femminile e questo ci dà una base forte. Questo non significa che non si lavori nello spirito di gruppo e nel coinvolgere collettivamente tutti gli atleti, anche perchè il percorso è lungo e tutto può accadere. L’importante è avere sempre delle risorse da utilizzare in caso di necessità o in caso di meriti particolari. La stagione scorsa ha determinato delle gerarchie ma nulla toglie che queste possano cambiare durante il prossimo anno. Fare qualche modifica non è certamente impossibile”.

Per quanto riguarda invece l’inizio del settore maschile?

Sono molto contento perché, pur mancano il podio, abbiamo messo tre atleti nella finale ad otto e per una sola stoccata è mancato anche il quarto che ci avrebbe permesso di avere un podio certo ed un risultato complessivo storico. Il segnale è dunque positivo. La squadra ha chiuso con un onorevole quarto posto. La Corea ci dà diversi problemi soprattutto per la tipologia di scherma che mettono in pedana ed avremo sicuramente del lavoro da fare a riguardo”.

Anche tra gli uomini è stata dimostrata una grande profondità della squadra. Cosa è mancato per ottenere il grande risultato individuale?

“Lo scorso anno i podi non sono mancati, quindi la situazione non è certamente preoccupante. Una medaglia è una medaglia ma dal mio punto di vista vedere quattro ragazzi che fanno così bene, con la concorrenza che c’è nella nostra arma, rimane un segnale molto positivo. Sono arrivati segnali importanti sia da ragazzi già affermati come Enrico Garozzo e Federico Vismara o più emergenti come Valerio Cuomo e Giacomo Paolini e questo mi fa leggere una crescita generale del movimento. Abbiamo certezze per il presente ma anche per il futuro”.

Quanto è importante ritrovare un veterano come Enrico Garozzo? E invece cosa bisogna aspettarsi da un talento come Davide Di Veroli, anche in ottica di Parigi 2024?

“Partendo da Di Veroli, lui è un talento giovanissimo, specialmente per la spada, arma in cui la carriera può essere lunga. Lui fa la chiusura per ora in una squadra ancora molto in costruzione perchè ha una grande solidità mentale, unita ad un grande talento schermistico. Ha grande percezione del tempo e della misura in pedana, ed è dunque atleta dalle potenzialità enorme. Gli manca la costanza dell’atleta esperto che gli possa permettere di smussare alcune piccole mancanze. L’esperienza arriverà, ma ha già dimostrato tanto. Chiudere in una squadra su un palcoscenico così importante come gli Europei e i Mondiali non è facile e lui ha interpretato al meglio il ruolo. Enrico è invece un atleta di enorme esperienza che io stimo per la grande trasparenza, per la costanza oltre che per le sue doti. Ci conosciamo da quando aveva 14 anni ed abbiamo vissuto insieme grandi esperienze. Lui può dare tanto e mi fa piacere che si sia riaffacciato ad alti livelli. Sicuramente potrà giocarsi le sue carte, c’è spazio per lui e per chiunque dimostri di meritarlo. La battaglia è aperta”.

Come si gestisce questa fase della stagione, con il periodo di qualificazione olimpica che dista solo pochi mesi?

Aldilà della forma fisica, della condizione e del livello tecnico, l’approccio alla qualifica olimpica è un discorso molto mentale. Bisognerà arrivare a quel momento con le energie giuste. Non vi nascondo che la partenza col botto quasi un po’ mi preoccupa. Le energie andranno convogliate al momento giusto e questo è il messaggio che voglio trasmettere agli atleti. Chiaramente sono ben felice che i risultati arrivino ma andrà fatto un lavoro molto duro per approcciare quel momento con l’animo giusto e nella condizione migliore”.

Un’ultima curiosità: la scherma è sempre più globale. Quanto questo ha complicato la preparazione degli eventi e delle singole sfide?

Noi stiamo dedicando molto tempo alla match analysis perché è chiaro che salire in pedana con le idee chiare può fare la differenza. Il panorama è molto cambiato ultimamente: facendo un esempio, fino a poco fa magari un atleta colombiano non era competitivo invece ora c’è Jhon Edison Rodriguez che ha battuto Santarelli al Mondiale ed è diventato un atleta da cui guardarsi bene. Aldilà di questo, il problema è che il tipo di scherma sta cambiando. La spada si deve modificare perché ad esempio i coreani tirano con enorme fisicità e velocità, bisogna adattarsi a queste caratteristiche. La spada italiana è molto fatta di “controtempo” e “seconda intenzione” ma questo con atleti rapidi e fisici rischia di non funzionare quindi bisogna sapersi adattare. Serve impegno tanto nello studio quanto nell’avere elasticità nel sapersi adattare. Questo complica le cose ma questo gioco d’altronde è fatto così”.

LA VIDEO INTERVISTA A DARIO CHIADÒ

Foto: Bizzi per Federscherma

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