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Tennis, un 2022 pieno di infortuni per Jannik Sinner. Eppure gli sprazzi di qualità non si discutono

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Jannik Sinner

Si è detto e scritto tanto, forse pure troppo, in merito agli infortuni di Jannik Sinner nel 2022. In realtà, non sono stati solo quelli a condizionare la stagione dell’altoatesino: cambio di allenatore e Covid, nella parte iniziale dell’anno, hanno avuto un ruolo importante nel suo percorso che, nonostante questo, ha avuto una grande costanza.

Ed è questo il grande pregio del numero 1 d’Italia: esser riuscito a mantenere un andamento praticamente costante per tutto l’anno al di là della dea bendata, che non s’è esattamente ricordata di lui per larga misura. Quel che è accaduto nell’ultima stagione ha permesso di comprendere molto in termini di qualità di Sinner che non gli venivano propriamente riconosciute ancora fino a un anno fa.

Capace di aggiungere diverse armi al suo tennis, Jannik ha mostrato che, quando il livello si alza, lui c’è eccome. Dimostrazione principale: gli Slam, quelli che più di tutti consegnano alla storia. In Australia non ha avuto praticamente problemi fino ai quarti, poi una delle migliori versioni dell’anno di Stefanos Tsitsipas si è palesata davanti a lui: non avrebbe potuto fare niente in qualsiasi caso. Roland Garros: non è difficile ipotizzare che, senza l’infortunio, in finale ci sarebbe andato lui e non Ruud. Il primo set con Rublev fa parte di quella cerchia di momenti topici del classe 2001 nel corso dell’anno, momenti in cui semplicemente si può solo guardare e assistere a uno show tennistico.

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Wimbledon: quell’erba non gli piaceva particolarmente, soprattutto considerando che l’aveva frequentata pochissimo e ci aveva vinto ancor meno. I Championships, però, lo hanno visto letteralmente fiorire. Partita dopo partita, condizione sempre migliore. L’ottavo con Alcaraz, un esempio di come si approccia per la prima volta il Centre Court. E poi il quarto con Novak Djokovic, in cui è riuscito a portargli via due set prima di finire recuperato dalla furia del serbo. Che, però, qualche brivido per la schiena se l’è visto passare. E infine gli US Open, andati a corrente alternata. Un saliscendi che, però, è andato a un punto, uno solo, dal battere di nuovo Alcaraz per andare in semifinale.

Negli Slam, ma anche nei tornei di avvicinamento e nei Masters 1000, si è vista una delle qualità ora diventate marchio di fabbrica di Sinner: la capacità di non mollare fino all’ultimo punto. Emersa con forza a Miami, ha accompagnato l’altoatesino per tutta la stagione, contribuendo a fornire quel senso di costanza con il quale è riuscito a tenere in piedi un anno nel quale avrebbe potuto scendere molto più in basso del numero 15, proprio in ragione dei problemi fisici. Un capitolo a parte lo merita l’impossibilità di guadagnare punti a Wimbledon, che è semplicemente una decisione stupida partorita dalle menti ATP-WTA.

Cos’aspettarsi dal 2023 dell’altoatesino? Innanzitutto la possibilità di andare avanti senza grandi intoppi legati a infortuni, il che significherebbe aver fatto un passo avanti rispetto a un 2022 che si è chiuso senza quel lieto fine chiamato Coppa Davis che Sinner sperava. E poi c’è l’obiettivo legato ai risultati: il ritorno in top ten, la prima volta in una semifinale Slam (almeno). Ai quarti ormai è arrivato in tutti e quattro i tornei maggiori: ora serve il passo in più. Poi, naturalmente, andar forte anche nei 1000 non gli dispiacerebbe di sicuro. E, in un’epoca nella quale c’è parecchia incertezza, dove a ogni torneo tutto può cambiare, coniugare costanza e capacità di vincere può portare lontano.

Foto: LaPresse

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