Biathlon
Biathlon, l’assenza di Lukas Hofer, l’esplosione di Tommaso Giacomel e i segnali dai giovani: Italia maschile promossa
L’Italia del biathlon maschile si è trovata a gestire un trauma letteralmente capitato fra capo e collo, ovverosia il fatto di dover affrontare un autentico “anno zero” senza saperlo in anticipo. Si aveva contezza dei ritiri di Dominik Windisch e Thomas Bormolini, ma si riteneva di poter contare ancora su Lukas Hofer, indiscusso numero 1 del movimento e capace di produrre risultati di rilievo a ritmo serrato. Invece il trentatreenne altoatesino è a sua volta venuto meno proprio nell’imminenza della stagione a causa di perduranti problemi fisici che, stando alle ultime voci di corridoio, potrebbero aver definitivamente compromesso il suo inverno.
Così, i tre uomini più rappresentativi dell’ultimo decennio si sono improvvisamente nebulizzati in contemporanea, gettando in prima linea giovani e giovanissimi ancora lontani dalla piena maturità agonistica. Eppure, fra di essi, è provvidenzialmente emerso Tommaso Giacomel, che ha involontariamente assunto i contorni di “salvatore della patria”. La definizione sarà anche pomposa e altisonante, ma de facto è quanto di più aderente ci possa essere ai connotati attuali del ventiduenne trentino.
L’astro nascente del biathlon tricolore aveva già saltuariamente messo in mostra qualche barlume abbagliante tra il 2020 e il 2022, ma si era trattato di episodi estemporanei. Viceversa, quest’anno, Giacomel ha tramutato l’eccezione in regola. Dopo l’opening di Kontiolahti, l’azzurro ha chiuso undici gare consecutive nelle prime ventuno posizioni, issandosi peraltro in due occasioni al 5° posto e in altrettante al 6°. Il suo rendimento è insomma diventato quello che negli ultimi tempi poteva essere fornito proprio da Hofer, egregiamente sostituito nell’economia dei risultati della squadra da un ragazzo con molta meno esperienza.
Biathlon. Anterselva certifica l’Italia del “Tridente”, in attesa del ‘Tuono’ e del ‘Cigno’
Il fatto di trovare Tommaso nelle prime quindici posizioni della classifica generale, oltre a consegnargli la qualificazione diretta per la mass start dei Mondiali, ne certifica la stagione da urlo. A inizio ottobre, nel conviviale contesto di una cena, c’è chi pose a chi scrive il seguente interrogativo: “Giacomel ce la fa chiudere la classifica generale nella top-ten?”. Personalmente, rimasi interdetto. Ritenevo la prospettiva esageratamente ottimistica. Poi, analizzando i suoi risultati del 2021-22 e considerando l’embargo posto nei confronti di russi e bielorussi, risposi: “Secondo me è da primi venti. Se facesse una super-stagione potrebbe chiudere nei primi quindici, ma di più non credo”.
Felicissimo di aver errato per difetto, se marzo dovesse essere propizio. Nel mentre, però, ci saranno i Mondiali di Oberhof, dove non si può escludere la fucilata da medaglia. È difficile, perché infilarsi tra i maestosi vichinghi norvegesi, i francesi mossi da un sentimento revanscista dopo essere stati bastonati per due mesi e gli agguerriti tedeschi padroni di casa, sarà complicatissimo. Cionondimeno, “a man can dream though, a man can dream” come insegna il Professor Farnsworth di Futurama.
Giacomel rappresenta “l’uomo della provvidenza azzurra”, ma ci sono altri ad aver fatto bene. Ha impressionato in particolar modo il classe 2001 Elia Zeni, dimostratosi subito competitivo per la zona punti e capace di disputare una convincente frazione in staffetta. Un esordio assoluto davvero incoraggiante, che ha testimoniato una capacità di adattamento alla Coppa del Mondo fuori dal comune se rapportata a quella di altri italiani, giovani e un po’ meno giovani, ai quali va comunque concesso il tempo per provare a crescere in maniera progressiva ora che vi è la possibilità di farli gareggiare con regolarità nel circuito maggiore.
Infine, è doveroso spendere due parole per Didier Bionaz, se non altro perché coetaneo di Giacomel e presentatosi in Coppa del Mondo pressoché in contemporanea rispetto al trentino. Il percorso agonistico dei due è sin qui stato totalmente diverso. Va però rimarcato come il valdostano stia dando qualche segnale di vita, dai quali si può evincere la possibilità di uscire dal pantano atletico-agonistico in cui è finito, probabilmente perché il suo organismo non ha assimilato al meglio il passo in avanti in termini di carichi di lavoro da affrontare. Non è il Bionaz atteso nel 2023 un paio di anni fa, ma non è neppure l’apatico Bionaz di dodici mesi orsono. Diamo fiducia al suo corpo, nella speranza che la molla debba ancora rilasciare tutta la carica elastica accumulata.
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Foto: La Presse