Biathlon
Biathlon. Quando il gioco si fa duro, Dorothea Wierer comincia a giocare. A Oberhof calerà il poker di ori iridati? Conoscendola…
Il giorno in cui Dorothea Wierer dirà “Ich bin hier fertig. Genug so, danke”, ovvero “Io qui ho finito. Grazie, basta così” tutto il mondo dello sport italiano dovrà fermarsi e renderle omaggio. Perché l’altoatesina, ormai prossima agli anni di Cristo, rappresenta una delle eccellenze assolute prodotte dal nostro Paese nella storia delle discipline della neve e del ghiaccio.
Quanto accaduto giovedì scorso ad Anterselva dimostra come la veterana sudtirolese sia, perdonate il francesismo, una donna con le palle. Sarà un’espressione colorita, ma è doveroso associare parole forti alla prestazione del 19 gennaio. Scombussolata dalla decisione della sua migliore amica Federica Sanfilippo di abbandonare improvvisamente il biathlon perché, a ragione o torto, ritenuta superflua da chi tira le fila del movimento, la sua coetanea ha mostrato i muscoli imponendosi per la quinta volta in carriera sulle nevi dove è nata e cresciuta, peraltro con una prestazione monstre nel format di gara più ostico.
Come si suole dire, “quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. Per la verità, Wierer gioca ormai da un decennio abbondante e il suo 2022-23 è l’ennesima testimonianza delle sue inossidabili qualità. Teoricamente, non è ancora tagliata fuori dalla lotta per la Sfera di cristallo. In classifica generale è quarta, con 208 punti di ritardo da Julia Simon e 132 da Elvira Öberg, oltre a essere pressoché in linea con Lisa Vittozzi e Denise Herrmann-Wick. Servirebbe un marzo da invincibile per realizzare una rimonta degna dell’epica. L’eventualità appare utopistica e non è detto sia un traguardo a cui la diretta interessata ambisce.
È invece un obiettivo concreto la conquista della quarta medaglia d’oro iridata. I Mondiali di Oberhof sono alle porte e per quanto il contesto non abbia mai detto bene a Dorothea (in Turingia non ha ancora vinto), l’ipotesi di vederla uscire trionfatrice da almeno una delle quattro gare programmate fra il 10 e il 19 febbraio non è certo peregrina. Il sogno è il successo nella sprint, in maniera tale da completare “lo Slam iridato”, ovverosia la conquista del titolo mondiale in ogni format (mass start, inseguimento e individuale sono già in bacheca). Difficile, ma non impossibile, come testimoniato da Anterselva. Chiaramente le competizioni su quattro poligoni si annunciano terreno più fertile per issarsi sul gradino più alto.
In realtà poco importa il format. Lo sport è l’unico ambito dove l’oro equivale al diamante. Non importa dove e come arriva, sarà comunque ‘per sempre’. Nel fondo non è più la Wierer vista tra fine 2018 e inizio 2020. Lo testimonia il fatto di ritrovarsi spesso in affanno nei giri conclusivi delle gare. Cionondimeno, pur non essendo più “quella” Wierer, rimane Wierer, con tutti gli annessi e connessi del caso. Una donna con gli attributi, capace di esprimersi all’apice delle proprie potenzialità proprio quando la posta in gioco è massima. Lo si è visto a ripetizione nel passato, sia esso più o meno recente. Non c’è ragione di dubitare che la dinamica possa ripetersi anche in futuro, sia esso prossimo o a lungo termine.
Già, perché in pochi si sono accorti come, con il suo post di solidarietà alla ‘sorella de facto’ Federica, Dorothea abbia implicitamente rivelato di voler essere in pista sino ai Giochi olimpici 2026. Sarà davvero così? In molti dovrebbero augurarselo, perché una sportiva del genere, in Italia, nasce una volta ogni vent’anni; e non è detto che la prossima imbracci una carabina…
Foto: LiveMedia/Florian Frison/DPPI