Tennis

Quanti Slam può ancora vincere Novak Djokovic? Cura del corpo maniacale, l’età non pesa. Quota 25 o oltre?

Pubblicato

il

35 anni, 22 Slam vinti, un set perso in questi Australian Open, un problema alla gamba sinistra gestito nel miglior modo possibile, l’esperienza. Novak Djokovic ha realizzato tutto questo a Melbourne in un 2023 che lo vede ancora imbattuto, tra l’ATP 250 di Adelaide e il primo dei quattro tornei maggiori dell’anno.

Il serbo ritorna al numero 1 del mondo con quella che è la più ampia distanza tra due Slam vinti in Era Open (superato il lasso Wimbledon 2003-Australian Open 2018 di Roger Federer, dietro al quale però rimane per distanza tra la prima e l’ultima volta in vetta al ranking ATP). C’è la naturale domanda: quanto può ancora dare il nativo di Belgrado al tennis?

Risposta non del tutto scontata. Vero, Djokovic riesce a trovare il modo di curare la propria salute fisica anche quando la situazione metterebbe diversi altri in difficoltà (leggere alla voce guai che lo hanno contraddistinto anche all’interno degli Slam). Com’è vero anche che, a questo punto, forse più ancora della forma, del fatto fisico in quanto tale, conta l’esperienza. In questo si può essere d’accordo con coloro i quali che sposano una tesi interessante: Djokovic forse, a livello fisico, è bene o male simile a diversi anni fa, quando iniziava a fare incetta di grandi vittorie. La differenza sta nell’esperienza, nell’accumularsi del bagaglio di esperienze che lo porta a prendere delle determinate decisioni in campo.

Di qui il primo termine di riflessione, che porta a far capire come gli anni in cui può rimanere in campo sono ancora diversi, forse fino alla soglia dei 40. Non suona così vicino il ritiro, anzi. Per questo può ancora portare a casa parecchie soddisfazioni. Soprattutto a Melbourne, che per lui è una sorta di giardino di casa, come lo è stato Wimbledon per Federer e il Roland Garros per Rafael Nadal.

Australian Open 2023, Stefanos Tsitsipas: “Novak Djokovic è il più grande ad aver mai preso una racchetta in mano”

Proprio dallo Slam parigino si può partire per le riflessioni circa le possibilità di Djokovic. Qui la concorrenza rimarrà sempre e comunque molto ampia, con o senza Nadal e a prescindere dallo stato di forma dello spagnolo, che sul mattone tritato francese di partite in carriera ne ha perse tre, una contro Robin Soderling e due contro il serbo. Non si parla, ovviamente, solo di Carlos Alcaraz, ma anche di Stefanos Tsitsipas, magari in futuro anche dello stesso Lorenzo Musetti tra gli altri. Storicamente, però, sotto la Tour Eiffel qualcuno gli ha spesso messo i bastoni tra le ruote. Normalmente Nadal, ma anche, negli anni migliori, Roger Federer, Dominic Thiem, Stan Wawrinka. E stava per farlo anche Stefanos Tsitsipas un anno e mezzo fa.

Wimbledon, invece, sta quasi trasformandosi nell’altro giardino di casa di Nole. Dai quarti del 2017 non perde un match, anche se Federer è andato vicinissimo a cambiare la storia (chissà cosa si direbbe oggi se uno di quei due match point del 2019 fosse stato trasformato). E dire che a inizio carriera capitavano proprio sui prati delle sconfitte per certi versi inesplicabili, compresa quella che diede a Marat Safin l’unica cavalcata in un luogo che, se non odiava, ci andava (molto) vicino. Ora, invece, non solo suona impossibile per molti fermarlo, ma sono solo in tre ad averlo portato al quinto set dal 2018 a oggi. Il primo è Nadal. Il secondo è Federer. Il terzo è Jannik Sinner. Nondimeno, nelle fasi finali qualcosa concede sempre (Roberto Bautista Agut, Cameron Norrie, Matteo Berrettini e Nick Kyrgios tra gli altri ne possono parlare).

Capitolo US Open: questa è la nota più complicata, non soltanto per i dolori molto maggiori delle gioie in quel di New York, ma anche perché rimane da capire quali saranno le regole Covid. Per chi non ha fatto il vaccino, infatti, è stato esteso il divieto di ingresso fino al 10 aprile; in breve, i 1000 USA sono preclusi al serbo. Che, però, punta a tornare nella Grande Mela, dove è però più difficile che vinca uno Slam soprattutto perché, di solito, è qui che sente il peso della stagione. Non è un caso che abbia portato a casa il torneo solo in due dei tre anni che sono unanimemente considerati i suoi migliori, il 2011 e il 2015, mentre nel 2021 è semplicemente crollato a livello mentale nel match che avrebbe potuto dargli il Grande Slam e un affiancamento a Rod Laver che sarebbe rimasto per l’eternità. Invece fu il momento dell’esultanza stile PlayStation di Daniil Medvedev.

Rispondendo dunque alla domanda su quanti Slam possono ancora essere vinti da Djokovic, la risposta si suddivide in poche, ma concise righe. A Melbourne, in condizione, almeno ancora un paio di successi possono arrivare, e anche Wimbledon suona come a portata di mano in questo senso. Il Roland Garros e gli US Open sono storicamente più complicati per lui. Dunque, è possibile un arrivo anche a quota 25, ma per un di più non ci si può mettere la mano sul fuoco, anzi. Soprattutto perché la concorrenza sembra pronta a diventare sempre più pesante nei suoi confronti, senza contare che è impossibile prevedere quali saranno le evoluzioni del suo stato fisico.

Foto: LaPresse

Exit mobile version