Sci di fondo

Sci di fondo, l’Italia maschile archivia un Tour de Ski da pelle d’oca grazie ai “Tre Tenori”

Pubblicato

il

L’Italia dello sci di fondo maschile archivia un Tour de Ski ricco di soddisfazioni, tutte ottenute con gli uomini più attesi. Al di là dell’assenza in massa della Russia, dinamica sulla quale non si può tacere in qualsiasi analisi relativa alla corrente stagione, è indubbio come gli azzurri abbiano raccolto a piene mani, massimizzando le opportunità di fare risultato. Anzi, talvolva si è persino andati oltre le più rosee aspettative della vigilia.

È il caso del posto finale di Federico Pellegrino, piazzamento di assoluto prestigio. Arcibravo il trentaduenne valdostano a rispondere “presente” in ognuna delle tappe andate in scena, certificando come la sua condizione atletica sia smagliante. Non si poteva chiedere di più alla vedette del movimento tricolore, capace di incidere non solo nelle predilette sprint, ma persino negli inseguimenti di 20 km, diventati oltremodo tattici e quindi occasioni da cogliere al volo.

Con i debiti distinguo del caso, si può affermare che Federico Pellegrino stia alle prove in linea dello sci di fondo come Rafael Nadal sta al tennis. In comune hanno un’incredibile longevità agonistica, il fatto di sfruttare sempre il proprio potenziale al 100% e di raccogliere il 110% dalle piste o dai campi. Certo, entrambi devono confrontarsi con il non plus ultra della propria disciplina, si chiami egli Johannes Høsflot Klæbo o Novak Djokovic, ma non partono battuti e di tanto in tanto sono in grado di sgambettare anche il primo della classe. Dunque, κῦδος a Federico. O meglio, Chapeau, essendo lui valdostano e quindi vicino al mondo francofono. Nient’altro da aggiungere alle lodi e agli applausi che meritatamente gli vanno tributati.

Sci di fondo, Simone Mocellini carta da medaglia ai Mondiali di Planica? Calma e gesso. Un conto sono i sogni, un altro gli obiettivi

Fortunatamente, però, l’Italia ha smesso di essere solo Pellegrino. Simone Mocellini non avrà “l’acciaio nelle mani” come Ken il Guerriero, ma ha confermato di essere “la speranza nel domani” del fondo azzurro. L’uomo in grado di raccogliere il testimone di chi, per tanti anni, ha permesso al tricolore di sventolare sui podi mondiali e olimpici. Il terzo posto nella sprint in alternato della Val di Fiemme è la ricercata conferma alla possibilità di vederlo protagonista anche nei contesti più qualificati. Riguardo ulteriori considerazioni sul ventiquattrenne trentino, si rimanda all’articolo monografico reperibile cliccando sulla finestra sovrastante.

Merita un incoraggiamento anche Francesco De Fabiani, il cui Tour de Ski è stato, fino alla penultima tappa, lo specchio della sua stagione priva di acuti. Fortunatamente è arrivato il proverbiale ‘colpo di coda’ nella 15 km mass start della Val di Fiemme, chiusa al posto. D’accordo, ricadiamo nel caso del “Westen nichts Neues”, ovvero del “Nulla di nuovo sul fronte occidentale” perché il format in cui è tornato sul podio dopo esattamente due anni di digiuno è quello dove ha raccolto l’80% dei piazzamenti nelle prime tre posizioni della sua carriera. Cionondimeno l’augurio è che il ventinovenne valdostano possa trarre fiducia dall’accaduto, in maniera tale da generare qualche lampo anche in competizioni differenti dalla sua “gara feticcio”, nella speranza che i bagliori possano corrispondere ai giorni in cui saranno in palio le medaglie iridate.

Alle spalle dei “Tre tenori azzurri del Tour de Ski 2023” si è intravisto qualche sporadico bagliore anche dalle seconde linee. Niente di eclatante, sia chiaro, ma non sono neppure le inquietanti tenebre di novembre-dicembre. Non parliamo di maestose aurore boreali, quelle sono prerogativa di Pellegrino, Mocellini e, seppur in maniera estemporanea, anche De Fabiani. Rappresentano purtuttavia un gradito contorno luminoso, che tra gli uomini consente di incorniciare un’edizione dell’appuntamento multi stage finalmente positiva, senza se e senza ma.

Foto: La Presse

Exit mobile version