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Bob, 25 anni fa il “Canto del cigno” italiano con il trionfo olimpico di Huber-Tartaglia. A quando una nuova alba vincente?

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Gunter Huber Antonio Tartaglia

Gli italiani dello sport sono, per antonomasia, gli Azzurri. Cionondimeno, se si parla di bolidi, il colore da associare all’Italia è il rosso. Non necessariamente con un motore coinvolto. Giusto ieri è stata presentata la SF-23, la monoposto con cui la Ferrari andrà all’assalto del Mondiale di F1. Oggi, invece, cade il 25° anniversario dell’ultima grande impresa del bob tricolore. È dunque doveroso ricordare quanto accadde tra il 14 e il 15 febbraio 1998 a Iizuna, in Giappone, prima di lanciare una riflessione in merito al futuro.

A Nagano il grande favorito per il successo nel bob a due è il ventisettenne canadese Pierre Lueders, alla ricerca della definitiva consacrazione dopo aver vinto quattro delle ultime cinque Coppe del Mondo. Il suo principale avversario è l’ormai trentaseienne tedesco Christoph Langen, il quale mira al primo oro olimpico dopo averne vinti tre iridati. Il terzo incomodo è il trentaduenne italiano Günther Huber che, a differenza degli altri due, si è già messo al collo una medaglia olimpica, il bronzo di Lillehammer 1994 acciuffato assieme a Stefano Ticci. Dal 1995 il frenatore dell’altoatesino è diventato Antonio Tartaglia, un abruzzese dal passato nell’atletica leggera come lanciatore di peso e del disco.

Sabato 14 febbraio si da’ fuoco alle polveri e, al termine della prima delle quattro manche in programma, Huber/Tartaglia sono in testa con un esiguo vantaggio di 5 centesimi su Lueders/MacEachern, i quali occupano la seconda posizione. Langen/Zimmermann sono più attardati e pagano 31 centesimi, ritrovandosi in una mesta settima piazza. Nella seconda run i canadesi sono velocissimi, ma gli azzurri cedono solamente un centesimo. Langen, invece, finisce definitivamente fuorigioco. Ormai è palese, per la medaglia d’oro sarà sfida a due tra gli azzurri e i nordamericani.

L’Italia è grande: il mito dei fratelli Huber. Famiglia da record tra campioni mondiali e olimpici

All’Italia una medaglia d’oro serve come l’acqua nel deserto. Non nel bob, a tutto tondo. Il Bel Paese sta vivendo dei Giochi difficili. Alla sera di San Valentino il bottino è di 4 medaglie, 3 d’argento e 1 di bronzo. Certo, nella seconda settimana ci sono ancora tanti “carichi” da giocare, ma nelle stanze dei bottoni dello sport tricolore inizia a fare molto caldo. D’altronde si viene dalle edizioni trionfali di Albertville e Lillehammer, mentre a Nagano non si vince.

Non sorprende che domenica 15 febbraio tutto l’establishment italiano, compresi il presidente Fisi Carlo Valentino e quello del Coni Mario Pescante, si fiondi a Iizuna. La pressione sulle pur robuste spalle di Huber e Tartaglia si fa enorme. Peraltro l’altoatesino e l’abruzzese sanno di non poter sbagliare nulla. I canadesi sono più forti in fase di spinta, ma gli azzurri compensano con una guida più pulita.

Terza manche, un Langen inviperito fa segnare il miglior tempo, ma è propedeutico a fregiarsi del bronzo, essendo oramai fuorigioco dalla corsa alla vittoria. Tutti gli occhi sono puntati su Italia e Canada. L’esito del cronometro dice 54”16 per Lueders/MacEachern e 54”17 per Huber/Targaglia! I nordamericani hanno rosicchiato un altro centesimo, ne restano 3 di vantaggio.

Tutto si decide nell’ultima manche. I primi a scendere sono Lueders/MacEachern, capaci di realizzare un ottimo tempo (54”24). Tocca a Huber/Tartaglia, ma stavolta commettono una piccola sbavatura. Un’inezia, che però può risultare fatale in una lotta sul filo del centesimo. Quando compiono la loro fatica, il cronometro si ferma sul 54”27. Cedono altri tre centesimi, quindi al termine delle quattro discese la somma dei tempi di Italia-1 e Canada-1 è esattamente la medesima, 3’37”24!

All’interno del clan azzurro c’è chi sbianca. Trent’anni prima a Grenoble, proprio nel bob a due, si era verificata una situazione identica. Eugenio Monti e Luciano De Paolis avevano realizzato lo stesso tempo dei tedeschi dell’ovest Horst Floth/Pepi Bader. L’oro venne assegnato alla coppia azzurra poiché la loro miglior manche era stata più rapida rispetto a quella dei teutonici, costretti pertanto ad accontentarsi dell’argento. Se così fosse, Huber/Tartaglia verrebbero classificati secondi, visto che la loro miglior manche è 54”17, mentre quella dei canadesi è 54”16. Tra notabili e dirigenti si sparge il terrore di un’atroce beffa.

I tecnici della squadra di bob hanno però già iniziato a festeggiare. Loro sanno bene come le regole siano cambiate rispetto al 1968. Non esistono più criteri di rottura di parità e, di conseguenza, in caso di arrivo con lo stesso tempo vengono assegnate medaglie ex aequo. Dunque è oro sia per Huber/Tartaglia che per Lueders/MacEachern. Entrambi gli equipaggi esplodono di gioia. È l’epilogo più giusto per un braccio di ferro intensissimo.

Paradossalmente, nel Paese del Sol Levante si compie il Tramonto della gloria del bob italiano. Con il XX secolo finisce anche la competitività ad altissimo livello nella disciplina, sulla quale cala una notte senza stelle, eccezion fatta per qualche occasionale meteora. Stiamo ancora aspettando una nuova Alba rossa, come i bob vincenti di un tempo.

È buio pesto anche sul piano dell’impiantistica. Mancano meno di tre anni all’inizio dei Giochi olimpici 2026, che non è detto possano essere “di casa” per l’Italia del bob, dello slittino e dello skeleton. La pista destinata a sorgere a Cortina non è ancora oltre lo stato del “progetto”, peraltro contestato e ripresentato a ripetizione per provare ad accontentare tutti, con la sola conseguenza di accumulare ritardo e far lievitare gli oneri finanziari. Difatti, c’è già chi vocifera a mezza bocca di un trasferimento delle gare a Igls, in Austria.

Sarebbe avvilente per tre discipline che, messe assieme, hanno scritto, stanno scrivendo e, ne siamo certi, scriveranno importanti pagine di storia per gli sport invernali italiani. Slittino e skeleton lo stanno facendo nel presente. Sul bob bisogna invece scomodare un colore diverso dalle abitudini. Il verde. Quello della speranza, che va riposta anche nella possibilità di avere un’edizione dei Giochi davvero di casa per il budello tricolore nel 2026.

Foto: Olycom

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