Editoriali
Sci alpino, un Mondiale da 8 per l’Italia. Donne meglio degli uomini, il contrario a Milano-Cortina 2026?
Quello che si è concluso ieri a Courchevel può essere archiviato come il miglior Mondiale di sci alpino per l’Italia da oltre un quarto di secolo. Era dalle trionfali edizioni del 1996 e 1997 che non si vedeva più di un oro (a dire il vero, i successi dal 1999 al 2021 erano stati appena 4…). Nel Nuovo Millennio in sole due circostanze si erano incamerati più di tre podi: nel 2005 (0-2-2) e nel 2011 (1-2-3). Ad un certo punto l’Italia è stata anche ad un passo dal vincere il medagliere della rassegna iridata: ce l’avrebbe fatta se Sofia Goggia fosse riuscita a vincere da favorita la discesa libera. Il quarto posto finale (2-1-1) non muta comunque un giudizio completamente positivo.
Se dovessimo attribuire un voto alla spedizione, daremmo un 8 pieno, frutto della media tra donne (9) ed uomini (7). Le ragazze avevano a disposizione quattro gare da medaglia e nel 75% di queste l’alloro è effettivamente maturato. Federica Brignone si è consacrata come la vera e propria donna italiana dei Campionati, mettendo finalmente in bacheca l’agognato oro iridato a lungo inseguito (in combinata) e sfiorandone un altro in gigante. Anche Marta Bassino si è definitivamente consacrata con il titolo in superG, sebbene ancora una volta l’amato gigante sia rimasto tabù (mai sul podio in cinque partecipazioni iridate). All’appello sono mancate le cosiddette ‘velociste pure’, ovvero Sofia Goggia ed Elena Curtoni.
In campo maschile, alla vigilia della manifestazione, pensare ad una medaglia non era di certo scontato, perché nessun azzurro partiva con i favori del pronostico in alcuna specialità. Ci ha pensato Alex Vinatzer a salvare il bilancio con un bronzo sorprendente sino ad un certo punto, perché sulle sue qualità non si è mai discusso: si trattava solo di riuscire finalmente a mettere insieme tutti i tasselli del puzzle.
È innegabile, ad ogni modo, che il movimento, anche in Coppa del Mondo, sia trainato per gran parte dalle donne, ma siamo sicuri che sarà lo stesso anche alle Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina 2026? O forse i ruoli potrebbero ribaltarsi? Tre anni sono davvero tanto, a maggior ragione per atlete che hanno da tempo superato le 30 primavere: pensiamo a Sofia Goggia (classe 1992), Federica Brignone (1990) ed Elena Curtoni (1991). Non possiamo dare per scontato che tutte arrivino a disputare i Giochi casalinghi. E, anche se ci arrivassero, sarebbero decisamente ‘anziane’ (sportivamente parlando), nel frattempo saliranno alla ribalta diversi nomi nuovi e la competitività attuale nel prossimo triennio sarà da valutare (e confermare…) di stagione in stagione. Marta Bassino invece è ancora giovane (1996) e con ogni probabilità sarà la principale carta da medaglia. Di grandi ricambi non se ne vedono. Nella velocità le sorelle Nadia e Nicol Delago stanno stentando, ma c’è tempo per provare a recuperarle, mentre Laura Pirovano ha vissuto una stagione di transizione dopo un grave infortunio: una nuova Goggia, ad ogni modo, non si vede. Anche in gigante c’è poco alle spalle di Brignone e Bassino: Asja Zenere ed Elisa Platino hanno fatto vedere qualcosa, ma ancora troppo poco per pensare di entrare nell’elite della disciplina. In slalom si aspetta sempre Godot, sebbene qualche giovane interessante si stia affacciando. Insomma, la situazione appare tutt’altro che rosea. Tanti problemi li avrebbe potuti risolvere la classe 2006 Lara Colturi, ma sappiamo che ha sposato i colori dell’Albania e dunque non va più considerata (così come è auspicabile non invocare neppure un suo eventuale ‘ritorno’).
Chi oggi non sta benissimo, potrebbe invece scoppiare di salute nel 2026. In campo maschile stiamo assistendo ad una crescita evidente in tutte le specialità. Nella velocità sono emersi due nomi nuovi non giovanissimi, ma di sicuro affidamento. Florian Schieder è un velocista moderno e pressoché completo: ha grandi doti di scorrevolezza, ma sa anche affrontare in maniera efficiente le curve più impegnative (non a caso lo vedremo presto competitivo anche in superG): il classe 1995 potrebbe diventare a breve il punto di riferimento del settore. Mattia Casse è esploso a 33 anni con ben tre podi stagionali, sebbene abbia poi steccato l’appuntamento iridato. Da seguire anche Nicolò Molteni, al momento competitivo in Coppa Europa, ma non ancora in Coppa del Mondo, mentre andrà assolutamente recuperato Giovanni Franzoni (classe 2001), che prima del grave infortunio si stava rapidamente facendo largo in superG. Per Dominik Paris vale invece lo stesso discorso fatto in precedenza per Goggia e compagne: l’età non aiuta (classe 1989), questo sport si sta evolvendo e gli sciatori con le sue caratteristiche fanno sempre più fatica nel confronto diretto con i vari Odermatt e Kilde (per intenderci, l’altoatesino non ha le armi per tenere il loro passo nell’affrontare certe curve). In gigante Filippo Della Vite (2001) possiede attitudine, talento e fisico per diventare in pianta stabile uno dei top5 della disciplina: sarà fondamentale non commettere errori nel processo di crescita che, come per qualsiasi giovane, riserverà degli alti e bassi. In slalom, infine, l’auspicio è che Alex Vinatzer maturi progressivamente, sino a diventare per almeno un lustro uno dei migliori di questa specialità, senza dimenticare il suo corregionale Tobias Kastlunger (1999), che a tratti ha lasciato intravedere grandi qualità e potrebbe emergere anche in gigante. Volendo l’Italia avrebbe anche il campione del mondo juniores, ma occorre sottolineare come Corrado Barbera debba ancora iniziare tutta la trafila in Coppa Europa, dunque è presto per trarre conclusioni.
Ai Mondiali di Meribel/Courchevel la generazione d’oro femminile potrebbe quindi aver raggiunto il suo zenith, mentre gli uomini potrebbero aver posto le prime basi per poter emergere a Saalbach 2025 e, soprattutto, a Milano-Cortina 2026. Ad ogni modo, sarebbe importante provare a preservare le veterane il più a lungo possibile, avendo la consapevolezza che non sono eterne: il problema del ricambio generazione diventa sempre più impellente, anche guardando oltre l’edizione casalinga dei Giochi.
Foto: Lapresse