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Sci di fondo, il doveroso omaggio a Ole Ellefsæter. Fuoriclasse nello sport e “Superstar ante litteram”

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Ole Ellefsaeter

Chi scrive ha volutamente aspettato quest’oggi, il giorno in cui Ole Ellefsæter avrebbe compiuto 84 anni, per raccontarne la storia. Perché se si celebra una vita, è giusto farlo nell’anniversario di nascita. Il norvegese, scomparso pochi mesi fa, ha avuto un’esistenza poliedrica che merita di essere ripercorsa. Si sono girati film sugli sport invernali mistificando personaggi che, in verità, con lo sport non c’entrano. Invece lo scandinavo avrebbe tutto il diritto di essere il protagonista di una pellicola, ben fatta, sul grande schermo.

Ellefsæter nasce nel 1939 a Furnes, un villaggio situato sulle coste del Mjøsa (il più grande lago di Norvegia) non lontano dalla città di Hamar. Passa la sua adolescenza nei boschi, ma in due modi diversi. Trascorre metà giornata a lavorare come taglialegna e l’altra metà a praticare sci di fondo. Con uno stile di vita del genere e un fisico imponente, non sorprende che ne venga fuori un atleta straordinario.

Ole, infatti, pratica con successo due discipline contemporaneamente. Nel 1961 vince la Birkebeinerrennet, la granfondo più popolare tra i fiordi, da campione nazionale in carica dei 3.000 siepi, gara in cui raccoglie ben sei titoli norvegesi, realizzando tempi di primissimo piano per l’epoca. In effetti nella prima metà degli anni ‘60 è più competitivo nell’atletica leggera, partecipando finanche agli Europei del 1962.

Olimpiadi. Calgary 1988, l’edizione che evitò la morte dei Giochi invernali grazie a coraggio, competenza e visione del futuro

È però lo sci di fondo a consacrarlo a livello internazionale. Ai Mondiali di Oslo 1966 è medaglia d’argento nella 15 km e membro del quartetto che porta la Norvegia sul trono iridato della staffetta. A differenza del presente, l’affermazione è tutt’altro che banale. Non solo perché arrivata sulle nevi di casa. Nel dopoguerra, infatti, il Paese scandinavo non aveva ancora primeggiato in una prova a squadre, dovendosi sovente inchinare a Svezia, Finlandia e Unione Sovietica.

Ellefsæter è però molto più di un atleta. La sua personalità vulcanica si esprime anche nella musica. Proprio in quel 1966 pubblica un singolo intitolato Huldreslåtten, riscuotendo un ottimo ritorno in Norvegia, dove arriva addirittura al numero 5 della hit-parade nazionale. Il successo lo spinge a pubblicare un album, “Viser og gamle takter”. Insomma, è un personaggio eccezionale, così come è eccezionale il suo fisico. Incredibilmente sopravvive senza scompensi a una tremenda disavventura.

È sorpreso dalle tenebre mentre si allena nei boschi e viene dato per disperso. È costretto a passare l’intera notte all’aperto, ma non patisce alcuna seria conseguenza. Per intenderci, la medesima traversia viene vissuta, più o meno nello stesso periodo, dall’italiano Marcello De Dorigo, la cui carriera viene irrimediabilmente compromessa dall’accaduto.

Proprio la notte nella foresta porta i compagni di squadra a soprannominarlo goliardicamente“Uteligger”, “barbone”. È andata bene, ci si può scherzare sopra. Ellefsæter, invece, non scherza e raggiunge il picco della sua carriera. Tra il 1967 e il 1968 vince le due gare più prestigiose in assoluto, ovvero la 50 km di Oslo-Holmenkollen e quella dei Giochi olimpici. Peraltro, proprio a Grenoble, è l’ultimo frazionista nella staffetta che regala alla Norvegia il primo oro olimpico di squadra della sua storia.

I successi a Cinque cerchi ispirano la sua seguente produzione musicale, Alle kluter til, che raggiunge il numero 4 delle classifiche nazionali e viene “passata in radio” ancora al giorno d’oggi. Ole scrive viepiù la storia nel 1971 in Svezia, diventando il primo norvegese (e il secondo straniero) a imporsi nella Vasaloppet, conquistando così anche la granfondo più dura e ambita in assoluto. La sua carriera è completa, può ritirarsi a vita privata da trionfatore.

Ellefsæter non è più tra noi. La sua esistenza terrena è terminata lo scorso 18 ottobre. Non in un letto, bensì nei boschi nei quali era cresciuto. Il suo cuore si è fermato mentre tagliava la legna. Se ne è andato letteralmente “con le scarpe ai piedi”, coerente con sé stesso sino alla fine.

Oggi avrebbe, appunto, compiuto 84 anni. Doveroso omaggiarlo, anche se il regalo più bello se lo fece da solo per il suo 29° compleanno. Nel 1968, proprio in questo giorno, si fregiò dell’oro olimpico della 50 km. Che personaggio! Ai giorni nostri sarebbe stato un’autentica superstar globale, almeno tanto quanto quel Johannes Bø sulla bocca di tutti in queste ore.

Foto: Museo Domkirkeoden, autore sconosciuto

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