Editoriali

Ferrari, ti resta solo il nome. Tra false illusioni e venditori di fumo

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Un avvio peggiore di Mondiale non poteva esserci per la Ferrari. A Sakhir la scuderia di Maranello, nello spiacevole quanto indesiderato déjà vu di tante domeniche della passata stagione, ha accumulato batoste in serie. E dire che già prima della gara era suonato un campanello d’allarme, con i meccanici che (per precauzione…) avevano sostituito la batteria sulla monoposto di Charles Leclerc. Dopo una partenza incoraggiante, ecco materializzarsi i problemi come un ciclone inarrestabile. Il monegasco ha accusato costantemente un gap sul giro tra 0,5 a 1,3 nei confronti dell’imprendibile Max Verstappen, venendo inesorabilmente sorpassato con irrisoria facilità anche da Sergio Perez. Dulcis in fundo (si fa per dire…) ecco il ritiro per un guasto presunto alla batteria (sì, proprio quella sostituita in precedenza!) ed il podio perso da Carlos Sainz in una parte conclusiva di GP in cui la SF-23 somigliava ad un gambero.

I punti deboli atavici della Ferrari nel 2022 erano i seguenti: degrado delle gomme, affidabilità, scarsa velocità di punta in rettilineo, lacunosa gestione strategica della competizione. È vero, il Cavallino Rampante ora sembra maggiormente incisivo proprio nei rettilinei, peccato che tutto il resto sia ulteriormente peggiorato. Mancano carico aerodinamico e trazione, la macchina soffre sovente di sottosterzo. Inoltre la SF-23 pare una ‘mangiagomme’ ancora più vorace rispetto alla sua predecessora. Se alla mancanza totale di competitività aggiungiamo anche i guasti di natura elettrica o meccanica, il quadro desolante è completo.

Nel 2022 la scuderia italiana aveva partorito una macchina senz’altro nata bene, che aveva fatto sognare nei primi appuntamenti, salvo arenarsi man mano per la cronica incapacità di apportare sviluppi efficaci, per poi colare a picco dall’estate in avanti, quando l’introduzione della nuova direttiva tecnica 39 a Spa mandò letteralmente in tilt la squadra (e lo è tutt’ora). La SF-23, al contrario, sembra nata male sin dall’inizio, ereditando dalla versione precedente perlopiù solo i difetti e smarrendo persino i pregi.

È stato scioccante“, ha affermato il team-principal Frederic Vasseur, mentre Charles Leclerc, che proprio fatica a celare le emozioni, non ha nascosto una incredulità mista ad impotenza: “Non è possibile, devono avere trovato qualcosa (riferendosi alla Red Bull, ndr). Anche noi dobbiamo trovare qualcosa o faremo fatica“. Ma cosa hanno trovato in Red Bull? Semplicemente sanno come si lavora ed in che direzione andare. Hanno un progettista geniale (Adrian Newey), ingegneri sopraffini, una proprietà che non fa mai mancare il suo appoggio ed un pilota che oggi è il migliore in circolazione (e, checché se ne dica, di sicuro superiore sia a Leclerc sia a Sainz). Sanno come sviluppare la macchina, non vanno a tentativi: ogni scelta è ponderata per portare benefici. I dati della galleria del vento e del simulatore combaciano quasi sempre con quelli della pista: non si può dire altrettanto della Ferrari, malgrado da qualche anno si fregi di una strumentazione definita avveniristica.

La Ferrari non vince il titolo piloti da 16 anni, quello costruttori da 15 (ma il digiuno è destinato ad allungarsi a tempo indeterminato). Gli attuali bambini e adolescenti non l’hanno mai vista vincere: forse sanno che in passato di successi ne ha collezionati tanti, lo avranno letto su qualche libro o scoperto in qualche documentario televisivo. Fatto sta che ormai alla Ferrari di prestigioso è rimasto solo il nome, e non da oggi. Di questo passo, è solo questione di tempo e non sarà più la scuderia più vincente di sempre in F1. Ci si crogiola con la storicità del marchio, sbandierando obiettivi e traguardi che alla prova dei fatti vengono puntualmente disattesi. Da troppo tempo dichiarazioni come “vogliamo il Mondiale” somigliano a quelle di un comune venditore di fumo: e dire che c’è chi ci crede ancora… Adesso ci si arrampicherà sugli specchi: “Ci rifaremo, dobbiamo fare enormi passi avanti, trovare una soluzione“. Chi conosce la F1, sa che distacchi abissali come quelli visti oggi sono difficilmente colmabili. Da una parte hai una macchina perfetta, che potrà ulteriormente progredire; dall’altra una piena di difetti, con ingegneri, tecnici e piloti che danno la reale sensazione di andare a tentoni, senza avere un’idea di che pesci prendere, peraltro con una società quasi sempre assente e silenziosa (emblematico fu il caso della presentazione della SF-23, quando il presidente John Elkann non solo non era presente, ma non rilasciò alcuna dichiarazione pubblica). Insomma, serve un vero e proprio miracolo sportivo per ribaltare le attuali gerarchie: tutto è possibile nella vita, ma sarebbe una sorpresa enorme se accadesse. Sia chiaro, le responsabilità odierne non possono venire attribuite a Vasseur: la monoposto attuale è stata progettata ed assemblata dalla precedente gestione di Mattia Binotto ed il francese in poco più di due mesi non poteva di certo possedere la pietra filosofale per trasformare il ferro in oro. Si è semplicemente ritrovato a fare il capitano di una nave tristemente alla deriva e avvolta dall’opprimente sensazione di avanzare per inerzia e senza un reale timone.

Foto: LivePhotoSport

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