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Sci di fondo
Sci di fondo, procrastinato il dominio della Svezia femminile. La Norvegia vince comunque, anche ‘scalcagnata’!
La Coppa del Mondo 2022-23 di sci di fondo si è conclusa. Nel settore femminile, la Sfera di cristallo è finita nel salotto di Tiril Udnes Weng. Nessuno, quattro mesi fa, avrebbe mai immaginato che la sfida per la classifica generale potesse risolversi con l’esito a cui abbiamo assistito. D’accordo, il nuovo sistema di punteggio ha premiato il presenzialismo a discapito dei picchi di rendimento, ma c’erano tante candidate al successo più credibili di una ventiseienne che mai, prima d’ora, aveva chiuso la graduatoria assoluta fra le prime dieci.
Eppure, ancora una volta, è la Norvegia a vincere. Con buona pace di chi annunciava l’avvento dell’egemonia delle svedesi. Certo, le fondiste Tre kronor hanno fatto man bassa di medaglie iridate, ma comunque non hanno instaurato un monopolio (l’oro della 10 km è stato preda della statunitense Jessie Diggins). Soprattutto la Svezia ha mancato l’appuntamento con il successo in staffetta, dove si è imposta… la Norvegia!
Al riguardo è doverosa una riflessione. Perse in un colpo solo la fenomenale Therese Johaug e la misconosciuta Maiken Caspersen Falla (guardate con attenzione i risultati dell’ultimo decennio), per il movimento norsk si prospettava un periodo di vacche magre. Invece, pur barcollando, ha saputo tenersi in piedi. Andiamo a vedere come, analizzando le componenti del quartetto laureatosi Campione del Mondo nella 4×5 km.
- Tiril Udnes Weng è una ventiseienne capace di costruirsi un profilo di primo piano e di attestarsi costantemente nei quartieri nobili, pur rimanendo quasi sempre un passo indietro rispetto a qualche avversaria. Un’atleta solida, pur senza essere un fenomeno.
- Anne Kjersti Kalvå è una perenne comprimaria che, giunta alla soglia dei trent’anni, è tornata utilissima alla causa. Peraltro, tra ritiri altrui ed embarghi, ha saputo togliersi soddisfazioni inimmaginabili disputando la miglior stagione dalla carriera.
- Ingvild Flugstad Østberg è una trentaduenne che dopo essere stata per un lustro al vertice della disciplina pur dovendosi confrontare con Bjørgen e Johaug, è scomparsa dagli schermi radar per un biennio a causa di innumerevoli problemi fisici, dai quali è stata in grado di uscire quanto basta per tornare mediamente competitiva, pur senza ripetere gli splendori del passato.
- Astrid Øyre Slind è una quasi trentacinquenne che in Coppa del Mondo non era mai esistita prima di quest’inverno, essendo una specialista delle granfondo. Schierata nel massimo circuito quasi per disperazione, si è dimostrata competitiva a sufficienza al punto da fregiarsi persino di una medaglia iridata individuale.
Signori, questa è la staffetta vincitrice dell’oro mondiale 2023. Una buona atleta senza i crismi della fuoriclasse, una ‘scalcagnata’ big del passato, una proverbiale seconda linea e una carneade pescata chissà dove. Età media più di 30 anni. Queste quattro “scappate di casa” hanno comunque battuto le svedesi dominatrici in pectore, età media sotto i 26 anni, che alla prima chiamata alla Call to Greatness hanno risposto “presente” solo in ordine sparso.
Jonna Sundling aveva chiuso prepotentemente il 2021-22. Alcuni addetti ai lavori avevano predetto una sua evoluzione da sprinter pura ad all-arounder in grado di dominare la scena. Tesi condivisa da chi scrive, sia ben chiaro. Invece, tale dinamica non si è verificata. Anzi, la ventottenne nativa di Umeå non ha neppure convinto i tecnici in ottica staffetta, dalla quale è stata esclusa.
Frida Karlsson ancora una volta ha fallito l’assalto alle medaglie d’oro, pur senza avere più Johaug tra i piedi. Il bilancio di 5 argenti e 3 bronzi individuali senza affermazioni nell’arco di tre Mondiali è un dato eclatante e senza precedenti. Quantomeno Ebba Andersson si è scrollata di dosso il ruolo di eterna piazzata, afferrando due pendagli metallici dal numero atomico 79. Lei sì, almeno ai Mondiali, ha rispettato le alte aspettative.
Però complessivamente, alle svedesi, è mancata continuità. Dove sono nella classifica generale di Coppa del Mondo? I picchi di rendimento si sono rivelati inarrivabili, ma al tempo stesso sono stati estemporanei. Non c’è (per ora?) lo stesso piglio dominante delle norvegesi della generazione precedente.
Nonostante non valgano le “cugine tre kronor”, le norsk contemporanee vincono comunque. Magari meno di chi proviene dal versante orientale dei Monti Scandinavi, ma vincono. Dunque, non si sono viste relegate al ruolo di vassalle.
A dirla tutta, in ottica futura c’è una donna che sta mettendo in discussione la supremazia della Svezia nelle sprint. Parliamo di Kristine Ståvas Skistad, la quale potrebbe aver abbandonato i panni di eterna promessa per diventare una solida realtà. Da dove viene questa ventiquattrenne da tempo considerata un potenziale crack? Konnerud. Norvegia, appunto.
Insomma, di riffa o di raffa, nello sci di fondo femminile “Xe la Norvegia che conta, xe la Norvegia che resta, xe la Norvegia che comanda!” Anche quando non è più potenza egemone; e la Svezia, per ora, può solo sognare di diventarlo.
Foto: La Presse