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F1, Christijan Albers: “Ho paura di dire ciò che penso veramente di Sergio Perez, mi sono arrivate minacce di morte”

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Christian Albers

L’ex pilota di Formula 1 Christijan Albers, oggi impegnato come analista per il servizio streaming Viaplay in Olanda, ha svelato di aver ricevuto minacce di morte in seguito alle esternazioni effettuate su Sergio Perez. La rivelazione è avvenuta durante un podcast tenuto sulla versione online della testata De Teleegraf.

Il quarantaquattrenne olandese, con un passato da protagonista nel DTM prima di trascorrere un triennio in F1 fra Minardi e Spyker, ha spiegato che a suo modo di vedere l’atteggiamento assunto dal pilota di Guadalajara alimenta una sorta di fanatismo sui social network.

“Da fine 2022 Perez si pone come se dovesse diventare Campione del Mondo 2023 o, quantomeno, abbia una possibilità di riuscirci. Continua a creare aspettative attorno a sé, fatto che sta diventando pericoloso. Se scrivi o dici qualcosa che non piace ai suoi supporter, allora sui social network arrivano in automatico insulti e minacce di morte da parte dei messicani”.

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Albers si riferisce alle reazioni scatenate dalle opinioni espresse durante il Gran Premio d’Australia, ovvero mi infastidisce che Checo abbia la nomea di ‘Dio dei circuiti cittadini’. L’Albert Park è molto più simile a un tracciato cittadino di quanto non lo sia a un autodromo permanente, eppure Verstappen a Melbourne gli era superiore nel 2022, così come lo è quest’anno”.

Un giudizio che sui social network ha generato una serie di commenti feroci scritti da account, in alcuni casi palesemente fasulli, provenienti dal Messico. Non sono mancate, appunto, anche le minacce. Il caso di specie riaccende i riflettori su un problema che, negli ultimi anni, si sta facendo sempre più marcato.

Albers non è il primo a dover fare i conti con questo trattamento. Per esempio, anche Nicholas Latifi ha subito la stessa sorte, non certo da parte dei messicani, per aver causato il famigerato incidente che nel 2021 portò all’ingresso della safety car durante il GP di Abu Dhabi, con conseguente perdita del titolo da parte di Lewis Hamilton.

Non è dunque una questione figlia della nazionalità di Perez o di quanto siano calienti i suoi tifosi, bensì una dinamica legata al mondo contemporaneo, alla quale non c’è soluzione. Spetterebbe a chi dirige le piattaforme in questione (Meta piuttosto che Twitter) porre dei paletti affinché ogni account sia associato a una persona reale, senza che qualcuno possa nascondersi dietro all’anonimato per lanciare i suoi strali contro chicchessia.

Purtroppo, fino a quando i gestori dei social network consentiranno il multi accounting e/o l’iscrizione di profili fake, bisognerà convivere con la bruttura di cui Albers, e tanti altri prima di lui, sono stati vittima. Non solo nell’ambito del motorsport.

Foto: La Presse

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