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Parigi-Roubaix, le 14 vittorie dell’Italia nella storia. Memorabile l’ultimo trionfo con Sonny Colbrelli

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La Parigi-Roubaix è una delle corse più iconiche del ciclismo internazionale. La lotta sul pavé, le condizioni atmosferiche variabili e l’impressione che il pericolo sia sempre dietro l’angolo hanno dato un fascino enorme a questa corsa che si conclude con il giro nello storico velodromo. Nella storia l’Italia è una delle Nazioni che vanta più successi, 14, in una corsa che compirà 120 anni domani.

Le prime due vittorie sono lontanissime nel tempo, e fino a quasi vent’anni fa non erano nemmeno conteggiate in lista. Sì perché nel 1896 e nel 1897 ad imporsi fu Maurice Garin, spazzacamino di Arvier, in Val d’Aosta, ma trasferitosi sin dai tredici anni in Francia per lavorare. Per anni si è creduto che Garin fosse diventato francese a diciotto anni, ma la naturalizzazione arrivò soltanto nel dicembre 1901, a trent’anni suonati, rendendo italiane le sue due vittorie alla Roubaix. Due anni dopo, regolarmente da francese, divenne lo storico primo vincitore del Tour de France.

Per quella che poi per anni è stata la ‘prima’ vittoria alla Roubaix, si attende fino al 1937, quando Giulio Rossi, detto Jules, batté in una lunghissima volata il belga Hendrix ed il francese De Clercq, mentre dodici anni dopo ci fu uno dei successi più discussi della storia della corsa. Nel 1949 la vittoria sembrò un discorso tra il belga Florent Mathieu ed il francese André Mahé, ma i due, probabilmente stanchi e disorientati dalla folla, non trovarono l’ingresso del velodromo. Forse consigliati da qualcuno, i due imboccarono la pista dal lato sbagliato; la volata tra i due venne vinta da Mahé, mentre dietro lo sprint dei battuti venne vinto da Serse Coppi, il fratello del Campionissimo. Dopo le premiazioni, arrivarono fior di reclami, con la Federazione Italiana che considerava Mahé da squalificare, e a novembre l’UCI optò per assegnare ad entrambi il successo.

L’anno dopo fu però il turno di Fausto Coppi, in una vittoria mai in discussione sotto un tempo da lupi, raggiungendo a 45 chilometri dal traguardo Gino Sciardis e Maurice Diot e andandosene da solo fino al traguardo, tanto che lo stesso transalpino disse al termine della gara, quasi per consolarsi “Ho vinto la Parigi-Roubaix. Coppi era fuori concorso“. L’anno dopo il successo di Antonio Bevilacqua, per una tripletta azzurra in tre anni.

Si dovette però attendere quindici anni per tornare ad esultare alla Roubaix, grazie a Felice Gimondi che, un po’ come Coppi, andò via ad oltre quaranta chilometri dal traguardo infliggendo oltre quattro minuti all’olandese Jan Janssen, che vincerà poi l’edizione dell’anno successivo. Dopo undici anni in cui l’unico a sfiorare la vittoria è Marino Basso nel 1971, l’Italia però accoglie a sé il ‘Signore delle Pietre’, Francesco Moser, che realizza una storica tripletta tra il 1978 ed il 1980, sempre con attacchi da lontano; l’ultimo in una giornata tremenda, gelida, in cui solo 31 corridori, o meglio coraggiosi, arrivarono al traguardo: basti pensare che il quarto, un certo Bernard Hinault, arrivò a 6’05” dallo Sceriffo.

Poi gli anni ’90, che hanno regalato discrete soddisfazioni. Il 1995 ed il 1998 sono gli anni di Franco Ballerini, ‘Monsieur Roubaix’, che dalla sua prima partecipazione alla gara dedicò anima e corpo a portarsela a casa, innamorandosene perdutamente e facendone la ragione della sua carriera. Nel 1999, ultima edizione del vecchio millennio, fu Andrea Tafi a trionfare, dopo aver assistito l’anno precedente Ballerini e prendendosi la piazza d’onore, nemmeno una ruota bucata riuscì a mettersi tra lui e la vittoria, ‘aiutata’ anche dal lavoro di Wilfried Peeters e Tom Steels, compagni di squadra che ruppero i cambi.

E poi, una supernova. Quella di Sonny Colbrelli, che due anni fa era entrato nella piena maturità ciclistica. Dopo una carriera buona, ma senza picchi eccezionali, il 2021 fu l’anno dell’esplosione. Campionati Italiani, Campionati Europei e poi proprio la Roubaix, corsa a ottobre a causa del Covid, in un’atmosfera di ciclismo eroico con tutti i corridori pieni di sudore e fango, battendo allo sprint un certo Mathieu van der Poel. E il palmares sembrava poter aumentare, prima di quell’arresto cardiaco dello scorso anno che ha messo prematuramente fine alla sua carriera. E quest’anno, Filippo Ganna riuscirà a portare i successi italiani a quota 15? Non lo sappiamo, ma studiando le vittorie passate, può imparare qualcosa che può sempre servire.

Foto: LaPresse

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