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Penalizzazione Juventus: tutte le novità sulle inchieste e le prossime tappe. Toglieranno i 15 punti?

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La dirigenza della Juventus - da sinistra Arrivabene, Agnelli, Cherubini, Nedved

I nodi stanno venendo al pettine. E la Juventus trema. Nei giorni scorsi la Procura della Figc ha chiuso le indagini sulla cosiddetta “manovra stipendi”. Le accuse nei confronti degli ex dirigenti bianconeri sono pesanti: gli accordi stipulati dalla società con i calciatori per ridurre gli stipendi risulterebbero fittizi, semplici atti volti ad aggirare le cifre da mettere a bilancio nelle stagioni 2019-20 e 2020-21. Il tutto reso ancor più grave da presunti pagamenti effettuati nel corso degli ultimi anni ad agenti sportivi senza che questi avessero svolto alcuna attività di intermediazione.

Un’ipotesi, ad oggi. Ma che fa capire quanto grave sia il quadro probatorio. Che, lo ricordiamo, va ad aggiungersi alle accuse già mosse al club bianconero nell’ambito del “caso plusvalenze”, che vivrà la sua prossima tappa mercoledì 19 aprile, quando il Collegio di Garanzia del Coni deciderà sulla legittimità della sentenza che ha portato alla penalizzazione di 15 punti in classifica della Juventus. A tal proposito, nemmeno le due carte Covisoc di cui si è parlato nei giorni scorsi sembrerebbero aver portato alla luce nuovi elementi che possano aiutare la Vecchia Signora a cancellare il -15.

Chi rischia

Gli ex dirigenti bianconeri che hanno ricevuto l’avviso della conclusione delle indagini nell’ambito dell’inchiesta Prisma sono otto: Andrea Agnelli, Fabio Paratici, Pavel Nedved, Federico Cherubini, Giovanni Manna, Paolo Morganti, Stefano Braghin e Cesare Gabasio. Sulle altre società sportive coinvolte – Sampdoria, Atalanta, Sassuolo, Udinese, Bologna e Cagliari – la Procura potrebbe tornare alla “carica” in base ad ulteriori sviluppi delle indagini, proprio come successo alla Juve. I calciatori, invece, sembrerebbero avere scampato il pericolo, non essendo presente alcun riferimento che li riguardi da parte della Procura.

Le prossime tappe

Gli accusati avranno due settimane di tempo per chiedere di essere ascoltati o per presentare le proprie memorie difensive. Scaduto il termine, la Procura federale dovrà decidere entro 30 giorni se procedere o meno con il rinvio a giudizio. Le strade percorribili sono tre: l’archiviazione, il deferimento (che darebbe origine al successivo processo) e il patteggiamento.

La prima strada ad oggi appare alquanto improbabile. La seconda, invece, ha tempi abbastanza lunghi. Considerando l’iter procedurale, tra una cosa e l’altra c’è il rischio di arrivare in tribunale tra fine maggio e fine giugno. Ossia a stagione sportiva ultimata. Se si optasse per il patteggiamento, al contrario, i tempi si accorcerebbero: l’accordo tra le parti, Procura federale e accusati, può infatti avvenire prima del deferimento (riduzione fino a metà della pena) oppure prima dell’udienza (riduzione fino a un terzo della pena).

L’articolo 4 e le possibili sanzioni

Come per il “caso plusvalenze”, la Juventus è accusata di aver violato l’articolo 4 del Codice di Giustizia Sportiva che regola il principio della lealtà sportiva per società, dirigenti, calciatori, tecnici e più in generale per tutti coloro che sono tesserati per la Federcalcio: “I soggetti di cui all’art. 2 sono tenuti all’osservanza dello Statuto, del Codice, delle Norme Organizzative Interne Figc (NOIF) nonché delle altre norme federali e osservano i principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva”. 

Stando all’accusa il club bianconero avrebbe dapprima stipulato, attraverso scritture private non depositate regolarmente in Lega e in Figc, accordi per dilazionare nel tempo il pagamento degli stipendi con i propri calciatori e con il proprio allenatore, che all’epoca dei fatti era Maurizio Sarri. Inoltre, le somme relative alle mensilità incriminate non sarebbero state inserite a bilancio. La Juve ovviamente nega e afferma di aver fatto tutto rispettando le norme. Ma se venisse provato il contrario, secondo gli articoli 8 e 9 del CGS sia la società che i dirigenti potrebbero incappare in pene molto pesanti.

Il club rischia dalla semplice ammenda fino alla penalizzazione in classifica nel campionato attuale (come  avvenuto nel “caso plusvalenze”) o in quello successivo (“se la penalizzazione sul punteggio è inefficace in termini di afflittività nella stagione sportiva in corso è fatta scontare, in tutto o in parte, della stagione seguente”). Dirigenti, soci e tesserati, nella peggiore delle ipotesi, possono invece essere inibiti a svolgere attività in ambito Figc, con eventuale richiesta di estensione in ambito Uefa e Fifa” fino a un massimo di 5 anni. Fermo restando che “gli organi della giustizia sportiva che applichino tale sanzione nel massimo edittale e valutino l’infrazione commessa di particolare gravità, possono disporre, altresì, la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della Figc”. 

Foto: Lapresse

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