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Tennis, Fabio Fognini: “Mi rivedo in Lorenzo Musetti. Attacchi di panico, ho fatto molta fatica a trovare una soluzione”
Fabio Fognini, una carriera che ormai sta volgendo alla conclusione, ma con ancora qualcosa da dare. Il ligure rimane con qualche cartuccia, anche sulla terra rossa. Vero è che la sua caviglia non lo sta aiutando, ed è quella che l’ha costretto a rinunciare alla wild card che gli era stata offerta in quel di Montecarlo. A “L’ultimo uomo”, un’interessante intervista ha chiarito alcuni aspetti importanti.
Innanzitutto, la vita del tennista non la consiglierebbe ai figli: “L’ho sempre detto, anche se può suonare male: spero che mio figlio non giochi a tennis. Perché so quello che ho fatto io, i sacrifici che ha fatto mio papà… non che io non sia disposto a farli per i miei figli, ci mancherebbe, però allo stesso tempo è dura, perché se vuoi provare ad eccellere, nel nostro sport ci devi mettere tanta dedizione. […] La nostra è una vita molto bella, ma ci sono mille difficoltà. Stare da soli, lontano da casa e dagli amici, i viaggi, la stanchezza, il fuso orario: ci sono tantissimi momenti che gli appassionati non vedono. Lo sanno quelli che ci stanno vicino, chi ci segue, quanto sia duro. E a queste cose ti devi abituare già da quando sei piccolo. Poi per carità, mi auguro che i miei figli facciano quello che vogliono e non li forzerò in nessuna direzione, ma questa è una vita dura. Allo stesso tempo so che siamo molto fortunati. Io, alla fine, nella vita ho fatto di uno sport un lavoro, e riuscire a guadagnarsi da vivere in questo modo non è da tutti ed è un privilegio“.
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Uno sport che, come racconta in un momento successivo, ha portato Fognini anche a un momento difficilissimo legandolo a una riflessione sulla mentalità: “Mi ricordo che un anno ero a Parigi, e una notte mi alzai quasi piangendo, vicino a Flavia. Pensavo di morire. Stavo sudando, tachicardia, il braccio sinistro non lo sentivo, ho pensato ‘aiuto, mi sta venendo un infarto’. E invece no, era un attacco di panico. Il giorno dopo sono entrato in campo e non sapevo che pesci prendere, non sapevo dove andare, non riuscivo a respirare bene. Questi attacchi di panico vanno gestiti, ci si deve lavorare, abituando la mente con degli esercizi ed essendo consapevoli che cose del genere possono succedere. All’inizio mi sono spaventato. […] Come persona. Ho pensato: io così non voglio stare. […] Fuori dal campo non voglio soffrire in questa maniera. Quindi sono andato a fondo, ho cercato una soluzione e l’ho trovata, però ho fatto molta fatica, è stata dura. Potessi tornare indietro, ci lavorerei di più da subito. Se avessi fatto questo tipo di lavoro con la continuità con cui mi allenavo fisicamente e tennisticamente, con cui facevo fisioterapia… sicuramente sarei stato meglio, sotto tutti i punti di vista“.
Tra i tanti argomenti anche uno sguardo all’attualità del tennis e a Lorenzo Musetti: “Mi piace e mi rivedo in alcune cose in Lorenzo, con lui ho un bel rapporto e un feeling speciale, ci alleniamo spesso insieme. Lorenzo ha molta facilità e tante soluzioni di gioco, ma capita anche che si ingarbugli da solo, come me. A volte entrambi facciamo fatica a tornare alla base, alle nostre sicurezze, e a essere solidi. Avere tante soluzioni può essere un qualcosa che diventa difficile gestire“.
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