Ciclismo

Giro d’Italia 2023: è un’Italia in grande crescita. Caruso non delude, Zana e Milan sono il futuro

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Si è chiusa ieri, nella splendida cornice dei Fori Imperiali a Roma, l’edizione numero 106 del Giro d’Italia. Come sempre la Corsa Rosa costituisce un palcoscenico importantissimo per ogni corridori, specie per quelli italiani, che spesso vengono sottoposti ad un severo scrutinio da parte di appassionati ed addetti ai lavori.

Tra conferme e piacevoli novità, i corridori italiani hanno costituito una parte fondamentale della corsa, trovando vittorie importanti ed essendo protagonisti in molti momenti cruciali. Partiamo nella nostra analisi dai numeri: quattro vittorie di tappa con quattro corridori diversi, cinque secondi posti e sei terzi posti. La Maglia Ciclamino portata fino a Roma, quella Azzurra tenuta per otto tappe, una presenza continua di corridori in fuga e quarto posto nella classifica finale. Andiamo ora a fare una carrellata dei corridori che sono riusciti ad ottenere questi risultati. 

Il primo corridore di cui vogliamo parlare è Damiano Caruso, il corridore che ancora una volta ha portato la bandiera italiana nelle zone alte della classifica. Il quarto posto finale è una splendida riconferma dopo la seconda piazza del 2021 e costituisce per lui la quinta top10 in carriera in un Grande Giro. Roglic, Thomas ed Almeida si sono confermati di un livello superiore, ma grazie ad una condizione in continua crescita, Caruso è stato in grado di rimanere vicino a loro nelle tappe finale, mostrando una costanza di rendimento da grandissimo corridore.

Passiamo nella nostra analisi ad i quattro corridori in grado di vincere una frazione, a partire da Jonathan Milan. Il friulano si è dimostrato lo sprinter più forte del Giro e la Maglia Ciclamino, portata ininterrottamente dal terzo giorno a Roma, sta lì a confermarlo. Una sola vittoria e quattro secondi posti, di cui due al photofinish. Un bottino che per quanto mostrato gli sta anche particolarmente stretto. Ha 22 anni e margini di miglioramento ancora enormi, ci sarà da divertirsi nel futuro.

A proposito di futuro, Filippo Zana ha mostrato in questo Giro di poter essere un corridore di altissimo livello per molti, molti anni. Nelle sue tre settimane c’è stato di tutto: il lavoro per i capitani, prima Matthews e poi Dunbar, le fughe nelle tappe più dure come pedina tattica per il team e soprattutto la splendida vittoria in Val di Zoldo. Le qualità mostrate in salita fanno intravedere un futuro luccicante per il veneto che ha trasformato la pressione del Giro in Maglia Tricolore in carburante. 

Le altre due vittorie sono arrivate da Davide Bais ed Alberto Dainese. Quella di Bais a Campo Imperatore, del tutto inaspettata, ma assolutamente meritata per tutte le volte che il trentino si era lanciato generosamente in fuga nelle ultime stagioni senza centrare il successo. La seconda, quella di Dainese, ottenuta alla prima occasione disponibile dopo aver dovuto fare da ultimo uomo a Mayrhofer. Bais ha poi portato la Maglia Azzurra a lungo, mentre Dainese ha ribadito con un quarto posto nella caotica volata romana.

Superando i corridori che in qualche modo hanno scritto il loro nome nell’almanacco del Giro, dobbiamo citare altri azzurri che, pur mancando il successo, sono stati grandi protagonisti. Su tutti Alessandro De Marchi, autore di una Corsa Rosa sempre all’attacco, aperta con la vittoria sfiorata in fuga a Napoli, e chiusa con la bandiera del suo Friuli sventolante tra due ali di folla sul Monte Lussari.

Giro assolutamente positivo anche per Marco Frigo, 23enne in grado di mettersi in mostra nella fase finale del Giro, cercando la fuga buona e chiudendo con piazzamenti di alto livello. Poi ancora, Stefano Oldani, Filippo Fiorelli. Vincenzo Albanese, Simone Consonni e Niccolò Bonifazio, sempre nella mischia allo sprint e spesso piazzati. Il grande lavoro di Andrea Pasqualon per i propri capitani, in un Giro in cui ha avuto anche un paio di occasioni per mettersi in proprio, il ruolo oscuro ma fondamentale di Davide Ballerini, Edoardo Affini e Salvatore Puccio. Tutto questo in un Giro che ha perso Filippo Ganna dopo appena sette giorni a causa del Covid e Giulio Ciccone ancor prima di partire.

Le vittorie non erano mancate anche nelle scorse edizioni ed anzi, quest’anno sono state anche meno del previsto, ma quello che conta è come esse siano arrivate e da parte di quali corridori. 22, 25, 24, 25, sono gli anni di età dei corridori andati a segno in queste tre settimane che hanno confermato tante delle difficoltà della parte maschile del nostro movimento, ma che allo stesso momento hanno rilanciato le speranze per il prossimo futuro.

Foto: LaPresse

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