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Ciclismo

Primoz Roglic: una vittoria al Giro d’Italia calcolata al millimetro

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Addio all’etichetta di ‘Signore della Vuelta’. Onorevole, certo, ma in qualche modo riduttiva per Primoz Roglic. Lo sloveno si è preso di forza la centoseiesima edizione del Giro d’Italia, con una strepitosa scalata sul Monte Lussari strappando la maglia rosa a Geraint Thomas. Ma prima di arrivare a questo punto, c’è una storia da raccontare. E un approccio quasi scientifico dell’uomo della Jumbo-Visma.

Da cronometro a cronometro, e le sensazioni non erano per nulla positive ad Ortona, quando Remco Evenepoel sembrò dare uno strappo già deciso alla Corsa Rosa. Sesto posto, ma con 43” di ritardo dal belga, ed una pedalata che dava l’impressione di essere alquanto affaticata. Dopo i primi 19,6 chliometri, erano in pochi a considerare ancora Roglic come un possibile favorito.

Ma è rimasto zitto a lavorare, ed era pronto ad attaccare. Come successo a Fossombrone, quando accese la miccia seguito da Geraint Thomas e Tao Geoghegan Hart. Segno che la sua condizione era in crescita, pagando inevitabilmente i quaranta giorni senza gare dalla Vuelta a Catalunya. La cronometro di Cesena lo ha portato sul podio ed era pronto a mettersi il coltello tra i denti. Ma non ne ha avuto bisogno, dopo il ritiro di Evenepoel per Covid.

E dunque, l’atteggiamento di Roglic è cambiato. Con una squadra ancora da mettere a puntino per i numerosi guai poco prima della partenza tra Covid ed infortuni (pensate che Tom Gloag è dovuto arrivare di fretta e furia a poche ore dalla partenza), ha lasciato fare alla Ineos-Grenadiers. Con la maglia rosa a due secondi, era inutile attaccare nella seconda settimana, rimanendo guardingo fino all’arrivo delle grandi montagne. 

Monte Bondone è stato probabilmente la svolta. Nonostante la mazzata subita da Joao Almeida e Geraint Thomas, che si sono involati da soli al traguardo. 25 secondi persi (che potevano essere di più se non fosse stato per il fido Sepp Kuss), con altre due tapponi e la cronoscalata, le chance potevano essere ridotte al lumicino. E invece no, si accende di nuovo la miccia. Sia in Val di Zoldo che sulle Tre Cime di Lavaredo è lui a spingere in prima persona, con una frullata rapida e leggera, con il signor G che però non ha mollato. 

E poi il capolavoro di sabato al Monte Lussari, anche con un problema meccanico. Potevano tornare gli incubi di tre anni fa, quando dopo un Tour de France condotto in carrozza si è fatto beffare alla Planche des Belles Filles da Tadej Pogacar. Forse ha preso ispirazione da lì, perché non fu lui a perderlo, ma il giovane connazionale a riuscire in un’impresa. E lì, senza più pressione, ha iniziato a spingere come un ossesso, mollando il gancio decisivo a Thomas. Quello che ha messo al tappeto il gallese, piantatosi sulla sua pedalata pesante.

Un Roglic che ha saputo reagire alle avversità, che ha saputo studiare al meglio la situazione e che ha preso tutte le scelte giuste quando contava. Riscattato il Giro 2019, in cui sembrava il più forte di tutti e chiuse solo terzo, la bacheca dei Grand Tour si riempie. Ora manca solo il Tour per la tripla corona: se ne avrà la chance, aspettiamoci battaglia in futuro.

Foto: LaPresse

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