Rugby
Rugby: Zebre Parma, una stagione da dimenticare, ora bisogna cambiare marcia
Si è conclusa la stagione 2022/23 delle Zebre Parma e quest’anno non ha certo regalato gioie alla franchigia emiliana. Nessuna vittoria tra United Rugby Championship e Challenge Cup è un risultato non accettabile a questo livello e ormai il cambio societario è cosa fatta, quindi ora ci si deve aspettare di più. Se non competere per i playoff, l’anno prossimo la franchigia federale dovrà però diventare una squadra che sa vincere e competere. Per giustificare la spesa e per dimostrare che la strada intrapresa dal management è quella giusta.
Difficile commentare una stagione di sole sconfitte. Se si vuol guardare al bicchiere mezzo pieno vanno evidenziati gli 11 punti di bonus che comunque le Zebre sono riuscite a portare a casa nell’URC, a dimostrazione che nonostante tutto Fabio Roselli ha saputo dare un’impostazione offensiva e coraggiosa ai ragazzi. Spesso si è visto match combattuti fino all’ultimo, spesso le Zebre hanno saputo creare un bel gioco e, purtroppo, quello che è mancato a volte è stato il killer instinct di portare a casa il risultato.
Spesso, però, le Zebre hanno anche subito pesanti lezioni. In particolare il grosso limite della squadra di Parma sono stati i primi 20/30 minuti. Una prima parte di match dove si è concesso troppo agli avversari, dove anche errori banali di handling nei propri 22 hanno regalato mete facili, con gli avversari che hanno conquistato rapidamente il bonus e messo un gap enorme tra sé e le Zebre Parma. Che spesso hanno provato una rimonta, ci sono andate vicine, ma se parti ad handicap raramente porti a casa il risultato.
Guardando alle individualità, nella stagione si sono messi in luce soprattutto i trequarti. In particolare ha avuto ottime percentuali Enrico Lucchin, mentre Simone Gesi è ormai una certezza e palla in mano uno dei giocatori più pericolosi dell’URC. Buone prestazioni anche per Taina Fox-Matamua, ma troppo poco per puntare in alto. Servirà ragionare sulla rosa questa estate, capire dove ci sono state le carenze maggiori e provare a trovare quella quadra sin qui mancata per fare il salto di qualità. Per quest’anno, invece, il voto non può essere più di un 5.
Foto: Mattia Radoni – LPS