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F1. La Ferrari deve ‘guarire’, non può solo ‘curarsi’. La SF-23 non è la malattia, ne è solo l’ultimo sintomo

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Charles Leclerc

Non è semplice trovare temi e motivi d’interesse attorno alla Ferrari del 2023. Qualsiasi velleità di conquistare il Mondiale è già stata riposta nel sacco, assieme alle proverbiali pive. Se ne riparlerà, nelle migliore delle ipotesi, nel 2024. Sempre che la prossima Rossa possa essere competitiva nella rincorsa all’Iride, fatto tutt’altro che scontato. Ebbene, proprio questo è un argomento sul quale riflettere. Come è possibile che a Maranello si reiterino ciclicamente crisi prestazionali?

Intendiamoci, toppare un progetto capita a tutti. Yogi Berra, giocatore e allenatore di baseball statunitense dalle origini italiane, aveva la passione di creare aforismi. Uno dei più famosi recita: “In teoria non c’è nessuna differenza fra teoria e pratica. In pratica, la differenza c’è”. Un modo per dire che non sempre quanto viene concepito su carta da’ i responsi previsti una volta realizzato concretamente. In F1 quante volte è capitato che progettisti di rilievo “bucassero” una monoposto?

Anche Adrian Newey ha inciampato, di tanto in tanto. La stessa Mercedes, dopo anni di dominio, ha sbagliato strada, perseguendo il concetto di “fiancata zero”. Però il progettista britannico e la Casa di Stoccarda erano reduci da trionfi in serie. Poi, sappiamo come il sessantaquattrenne inglese abbia ricominciato a concepire vetture inarrivabili dopo qualche imbarcata. Nel caso di Ferrari, viceversa, non è più così da tempo immemore.

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È inutile andare ad analizzare i difetti della SF-23 se prima non si capisce perché si sono palesati. “Curare” e “guarire” sono sinonimi, ma tra essi c’è una profonda differenza. Ci si può curare senza guarire, con la malattia a restare in stato latente sino alla successiva recrudescenza. Parlando del Cavallino Rampante, la situazione è proprio questa. Quante volte ci si è trovati di fronte alla stessa dinamica nell’ultimo decennio? Almeno quattro (2014, 2016, 2020, 2023).

Il fatto inquietante è, invero, un altro. Sia nel 2020 che nel 2023 la tendenza al regresso era già cominciata nella stagione antecedente, ma non c’è stato modo di invertirla. Mancano le menti? A Maranello??? Vogliamo davvero credere che gli ingegneri non siano all’altezza di quelli di Red Bull e Mercedes? Non scherziamo. Il processo produttivo è fallato? A Maranello??? All’interno di un’azienda che è lo stato dell’arte dell’automobilismo? Se qualcuno aveva dei dubbi al riguardo, il recente trionfo di Le Mans dimostra come in Ferrari non mancano né i cervelli, né i mezzi tecnici.

Se si guarda alla F1, però, si ha la sensazione che ci sia un ritardo, nel senso che c’è sempre bisogno di più tempo degli altri, i quali ovviamente non stanno fermi, bensì continuano a correre a un ritmo più sostenuto. Anche il cronico calo prestazionale a stagione in corso, malessere che caratterizza il Cavallino Rampante dell’ultimo decennio, appare un sintomo della medesima malattia. Si è lenti, pachidermici, burocratici, scarsamente reattivi. Ed è un problema serio in un mondo dove conta arrivare prima degli altri.

La SF-23 non è il male della Ferrari, ne è il sintomo. È qui che Frederic Vasseur deve essere bravo a capire, per usare un verbo tanto caro al suo predecessore. “Curare” è del tutto inutile se poi certi discorsi verranno rifatti nuovamente in futuro. Per le Rosse i prossimi mesi devono essere utilizzati per “guarire”. Sarebbe vano correggere l’attuale monoposto se prima non si capisse perché è stata partorita con determinati difetti, come li avevano le varie SF1000, SF90, SF16-H, F14T. Il rischio è che la prossima vettura diventi sorella di quelle appena citate…

Foto: La Presse

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