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Fuori dai Mondiali (2 volte), fuori dalle Olimpiadi (4), fuori da tutto: il calcio Italiano è estinto con le sue mani

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AAA calcio italiano cercasi. Come nei più classici annunci, nei quali si può cercare una persona che ha fatto perdere le proprie tracce, un appartamento ammobiliato, oppure una collaboratrice domestica, noi appassionati di sport siamo ormai rassegnati a chiederci che fine abbia fatto il pallone nostrano. Estinto. Scomparso. Ai minimi storici. L’aggettivo sceglietelo voi, dato che la situazione è talmente acclarata e incancrenita su sé stessa che la proverbiale luce in fondo al tunnel appare ancora decisamente lontana all’orizzonte. Un orizzonte tutto da scrivere, tra le altre cose.

3292. 5430. 7112. No, non stiamo dando i numeri, bensì parliamo di giorni. Le tre cifre appena scritte, rappresentano date che spiegano alla perfezione l’abisso in cui è sprofondato il passatempo più amato d’Italia. 3292, per esempio, sono i giorni che ci separano dall’ultima partita disputata dalla Nazionale maggiore in un Mondiale. Ve la ricordate? Quel celebre Italia-Uruguay (finito poi 0-1) di Brasile 2014. Dal morso di Luis Suarez a Giorgio Chiellini ad oggi sono passati oltre 9 anni, confidando che nella prossima kermesse iridata (Stati Uniti-Messico-Canada 2026) potremo finalmente tornare in azione. Il che, come ben sappiamo, non è per nulla scontato.

5430 giorni, sono quanto ci divide dall’ultima sfida giocata dall’Italia sotto i Cinque Cerchi. Dobbiamo tornare all’edizione di Pechino 2008 e, in quella occasione, arrivò il ko ai quarti di finale contro il Belgio con il punteggio di 2-3. Dopodiché, obiettivo qualificazione fallito per Londra 2012, Rio 2016, Tokyo 2020 e Parigi 2024, visti gli esiti del Campionato Europeo Under 21 in corso di svolgimento tra Romania e Georgia. E, proprio per questo, andiamo a spiegare cosa significhi quello spaventoso 7112.

7112 sono esattamente i giorni che ci distanziano dall’ultima vittoria azzurra ad un Europeo Under 21. Si parla dell’edizione 2004, ai tempi di un Alberto Gilardino in rampa di lancio. Ora l’attaccante biellese ha portato il Genoa in Serie A, ma dalla panchina. 19 anni di distanza, nei quali abbiamo raccolto solamente le briciole a livello giovanile. Non certo un caso, anzi. La spiegazione migliore del perchè il calcio italiano stia boccheggiando e imbarcando acqua da tutte le parti. Per tratteggiare tutti gli errori commessi, e che si stanno commettendo tuttora, occorrerebbero ore e ore. Proviamo, quindi, a riassumere brevemente e brutalmente le maggiori criticità del sistema calcio italiano.

I VIVAI

Già, questi sconosciuti. O quasi. Molte squadre ormai li utilizzano solamente come assegni circolari che camminano. Parlando dei giocatori, ovviamente. La maggior parte sono stranieri, con i ragazzi di casa nostra relegati ai margini per meri fini di cassa. La parola d’ordine è mettere in mostra il prodotto da vendere nel più breve tempo possibile, perchè i soldi devono entrare di corsa, dato che molto spesso la programmazione generale è, quantomeno, lacunosa. Non ultimo, laddove si dovrebbe insegnare “come” si gioca, per cui spiegare a un difensore come si marca in uno contro uno, ad un esterno come si crossa, ad un’ala come si attacca la difesa e ad un centravanti come ci si muove in area di rigore per segnare, non si fa altro che puntare sul fisico e su schemi fini a sé stessi. Il risultato? Fallimentare, come si sta vedendo, con molti giovani che escono dai settori giovanili incapaci di rapportarsi con i piani alti del calcio per mancanza di basi solide. Una soluzione dovevano essere le seconde squadre da far giocare in Serie C. Dopo anni dall’inserimento di questa norma rimane sempre e solo una squadra al via di questo campionato: la Juventus Next Gen. Le altre? Non pervenute.

ESPERIENZA

Rimanendo sulla questione “giovani”. La nostra Under 21 ha proposto diversi elementi che militano da tempo in Serie A. Ma, oggettivamente, senza il passo indietro di Sandro Tonali (Milan-Newcastle) e Giorgio Scalvini (Atalanta) dalla Nazionale maggiore, non avremmo messo in campo giocatori di top team italici. Il resto della rosa propone elementi di sicuro avvenire e qualità, non c’è dubbio, ma militare in squadre di bassa classifica non dà certo una mano ai massimi livelli. Un discorso che, traslato alla formazione di Roberto Mancini, ci ribadisce ogni volta come la maggior parte degli Azzurri non è protagonista in Serie A, figuriamoci in Champions League, laddove si vedono i grandissimi giocatori. Un andazzo che non fa che acuirsi. I club di casa nostra, a parità di ruolo, scelgono quasi sempre un giocatore proveniente da campionati esteri e non un italiano che, spesso, ha un prezzo di cartellino esorbitante, ma che non garantisce un rendimento di pari grado, per molteplici motivi.

MANCANO RUOLI INTERI

Abbiamo iniziato con un annuncio di smarrimento, concludiamo con un’altra richiesta. Che fine hanno fatto gli attaccanti italiani? Ormai appaiono più introvabili di un Gronchi rosa o di un panda. Nell’Under 20, fresca di Finale dei Mondiali, non abbiamo avuto una prima punta degna di tale nome. Senza i gol di Cesare Casadei dal centrocampo la vita si sarebbe fatta parecchio complicata. Discorso identico per l’Under 21. Cinque npmi, nessuna garanzia. Lorenzo Colombo, Pietro Pellegri, Wilfried Gnonto, Matteo Cancellieri e Nicolò Cambiaghi. Elementi che ben conosciamo, e da tempo, e che purtroppo hanno confermato lo scetticismo generale. Due gol in tre turni, non dando mai la sensazione di poter davvero incidere a dovere. Ieri sera contro la Norvegia, la “summa” di tutto questo, tra decisioni sbagliate, errori grossolani sotto porta e la sensazione di non poter essere mai pericolosi. “Se Atene piange, Sparta non ride” si diceva. Dopotutto anche la Nazionale del CT Roberto Mancini è nella medesima condizione. Se, infatti, sei costretto a convocare un onesto “pedalatore” come Mateo Retegui dall’Argentina, significa che i problemi non mancano.

Come visto i suddetti problemi sono tanti, gravi e al momento senza una soluzione. Come sempre i guai arrivano da monte, senza pensare troppo, al momento, ad una conduzione tecnica decisamente fallimentare, come nel caso del CT Paolo Nicolato. In questo caso, come s’è visto, dai settori giovanili. Gestiti male e in maniera approssimativa. Il calcio italiano avrebbe bisogno di una rivoluzione completa. Lo si dice ormai da tempo immemore ma, mentre all’estero le iniziative vengono prese e applicate, qui da noi rimangono solamente meravigliosi slogan ad effetto. Il pallone italico non sta per scoppiare, il “botto” già l’ha fatto da anni. Due mancate qualificazioni ai Mondiali per una Nazione che si chiama Italia sono una onta che ci porteremo dietro per sempre. Sempre che non si vada a ritoccare anche questo triste primato. Per il momento ricordiamoci questi numeri: 3292. 5430. 7112. La consapevolezza è che, ahinoi, non potremo giocarli al Lotto sperando di intascare qualcosa ma, soprattutto, sappiamo che sono destinati ad aumentare ancora. Come il divario tra calcio italiano e resto del mondo. AAA calcio italiano cercasi. Ma per davvero…

Foto: LaPresse

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