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Roland Garros 2023: Alcaraz, Djokovic, Zverev, Ruud, quattro nomi per due posti in finale

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Novità, ritorni, sfide, classici, orizzonti diversi. O forse no. Il Roland Garros ha tutto questo nelle sue semifinali, di scena oggi a partire dalle ore 14:45. Una cosa è certa: c’è il 75% di probabilità che ci possa essere un nuovo campione a Parigi. E questa probabilità non è del 100% soltanto a causa dell’uomo che ha più esperienza di tutti in questo contesto.

Novak Djokovic, infatti, è l’uomo che qui ha vinto due volte. Fu storia nel 2016, perché divenne detentore contemporaneamente di tutti e quattro i tornei dello Slam, avendo realizzato la sequenza in maniera “non naturale” (partendo da Wimbledon 2015). E fu storia anche nel 2021, perché, battendo Stefanos Tsitsipas in finale, eguagliò di nuovo Rod Laver come uomo capace di detenere un minimo di due volte tutti e quattro i Major. Qui in palio c’è (ancora) di più: il 23° successo nei tornei maggiori, il (nuovo) sorpasso su Rafael Nadal, la separazione proprio dalla leggenda australiana cui è intitolato il centrale di Melbourne.

Prima, però, deve vincere due partite. E quella di oggi è durissima. Intanto perché Carlos Alcaraz nel torneo si è espresso (quasi) sempre in maniera impeccabile, e poi per la semplice ragione che l’unico confronto tra di loro, a Madrid nel 2022, si è concluso a favore del murciano. Furono tre durissimi set, ma, appunto, tre. Qui tre sono il minimo, e pur avendo lo spagnolo già vinto uno Slam non conosce ancora quello che può accadere con Djokovic davnti. Il serbo può fare qualsiasi cosa: partire forte, rallentare e poi accelerare di nuovo, come pure partire piano e poi sfruttare il minimo pertugio per cancellare dalla faccia del campo il suo avversario. Alcaraz (e il suo allenatore, Juan Carlos Ferrero) questo lo sanno bene. Che sia la battaglia del giorno lo sanno tutti, che sia veramente un confronto intergenerazionale anche.

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Ma le storie sono raccolte anche dal successivo confronto. Alexander Zverev, dalla Germania con furore, torna in semifinale. Sembra poco, è tanto. Perché proprio in semifinale, un anno fa, lasciò molto più che una “banale” sconfitta per ritiro sul campo. Ci lasciò mesi, una condizione difficile a ritrovarsi e che, proprio nella capitale francese, sembra aver ripreso vigore. Certo, ha avuto anche una mano dal tabellone, ma la fortuna va sfruttata. E che qualcosa fosse cambiato lo si era già capito nel match con l’americano Frances Tiafoe, che forse qualche settimana fa avrebbe perso. Invece l’ha vinto, ed ora è qui a tornare a giocarsi carte dimenticate.

Ok, Rafael Nadal non c’è stavolta. C’è, però, qualcuno che lo riporta “virtualmente” in campo, perché è noto quanto Casper Ruud debba all’accademia del maiorchino. Il norvegese, forse mai come questa volta, convince. Eccome se convince. I primi due set e poi il quarto contro il danese Holger Rune hanno fatto capire che sì, forse qualche margine lo lascia delle volte, ma anche che quando conta, semplicemente, il suo valore lo mostra. L’hanno sottovalutato in tanti, forse troppi, eppure lui è lì. E un fuoco dentro ce l’ha. L’anno scorso la finale la visse semplicemente da spettatore non pagante, ed è anche probabile che sia quello il motore che lo spinge a voler essere più significativo. O forse anche più: a dare al suo Paese qualcosa di mai visto. Nondimeno, pur essendo indietro 1-2 nei confronti diretti con Zverev, ha vinto l’ultimo. A Miami. Sul veloce. Per dire che la sua è una competitività universale.

Foto: LaPresse

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