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Formula 1
F1, il “figliol prodigo” Daniel Ricciardo riaccolto da Red Bull. Comincia la seconda carriera, con quali prospettive?
La carriera in F1 di Daniel Ricciardo è indiscutibilmente eterodossa, per connotati ed evoluzione, rispetto a quella di quasi tutti i piloti contemporanei. L’esordio assoluto avvenne a stagione in corso, quando nel 2011 fu catapultato su un’Hispania Racing in sostituzione del pittoresco Narain Karthikeyan. Dopodiché, è stata caratterizzata da una scelta coraggiosa, se vista con il “senno di prima”, autolesionista con il “senno di poi”.
Nell’estate 2018 l’australiano decise di rinunciare al prolungamento del contratto con Red Bull per legarsi a Renault, seguendo il principio esposto da Giulio Cesare: “Meglio essere primi in Gallia che secondi a Roma”. La mossa sorprese tutti, a cominciare dalla Casa francese, che stava perfezionando l’ingaggio di Esteban Ocon e alla quale non sembrò vero di trovarsi per le mani un top driver. Anche il Drink Team fu colto in contropiede e non prese affatto bene l’accaduto, come testimoniato dal commento acido di Helmut Marko dopo la pole position artigliata da Daniel a Città del Messico.
L’aussie ha poi imboccato una parabola discendente con l’approdo in McLaren, dove la vittoria a Monza 2021 (peraltro la sola del team di Woking dal 2013 a oggi) è stato l’unico lampo di un biennio durante il quale si è trovato complessivamente eclissato da Lando Norris, al punto tale da essere scaricato in favore del più giovane connazionale Oscar Piastri. Ora, però, la reintegrazione nella famiglia Red Bull, seppur nella struttura satellite, e l’inizio di una seconda carriera. A stagione in corso, come nel 2011.
Ricciardo non è il primo “rinnegato” a essere riabbracciato. Era già successo con Daniil Kvyat, retrocesso in Toro Rosso senza remore dopo il GP di Russia 2016 per fare spazio a Max Verstappen nella Casa madre e cestinato come un rifiuto a fine 2017, salvo poi essere riciclato per il 2019 come conseguenza ultima proprio dell’addio di Ricciardo (l’avanzamento di Pierre Galsy in sostituzione dell’australiano aveva lasciato inaspettatamente scoperto un volante in Toro Rosso). La carriera del russo si è poi nuovamente esaurita nella struttura satellite.
Il trentaquattrenne di Perth potrebbe, viceversa, fare qualcosa di inedito. Diventare il primo pilota a essere promosso per due volte dal team di supporto a Red Bull. Non bisogna dimenticare come, fino al 2018, Ricciardo fosse considerato a tutti gli effetti uno dei big del Circus. Parliamo di un soggetto capace di chiudere due Mondiali al 3° posto e di vincere 8 Gran Premi, peraltro senza mai avere a disposizione una vettura dominante.
La posizione di Sergio Perez, entrato in una spirale negativa in qualifica dalla quale è inevitabilmente penalizzato in gara, comincia a traballare. Vero che ha un contratto anche per il prossimo anno, ma sappiamo bene come il Drink Team non si faccia scrupoli nello stracciare accordi pregressi. Certo, per Daniel accettare di prendere il posto del messicano, magari nel corso del 2024 o in ottica 2025, significherebbe cambiare totalmente filosofia rispetto al 2018. Però gli anni passano e le priorità mutano. Forse essere “secondi a Roma” non è più una prospettiva così avvilente per chi nel tentativo di diventare il primo in Gallia si è perso in Britannia.
Domenica, in Ungheria, comincerà la seconda carriera di Ricciardo. Sarà solo un’appendice alla prima, oppure si tramuterà in una vera e propria rinascita? La carta d’identità dice “34”, ma importa relativamente. Quella di Fernando Alonso recita “42” e lo spagnolo sta vivendo una stagione da protagonista. Lewis Hamilton scrive “38” e sta portando a spasso chi guida la stessa auto ed è di tre lustri più giovane. Ciò che conta davvero sono il manico e la capacità di non ossidarsi. Se ci sono entrambi, per l’australiano potrebbero aprirsi scenari inaspettati.
Foto: La Presse