Formula 1

F1, nessun nome nuovo sul podio da quasi 2 anni. Helmut Marko ha ragione nel criticare i giovani?

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Subito dopo il Gran Premio del Canada, Helmut Marko si è lasciato andare a una considerazione poco lusinghiera nei confronti di molti piloti attualmente impegnati in F1. Il vulcanico ottantenne austriaco ha posto l’accento sul fatto che, al momento, i principali avversari di Max Verstappen sono Fernando Alonso (quasi 42 anni) e Lewis Hamilton (38 primavere suonate). Insomma, a suo dire la vecchia guardia prospera perché il ricambio generazionale latita.

Premesso che, fino a prova contraria, l’unico in grado di impensierire Super Max nell’arco del Mondiale 2022 è stato il coetaneo Charles Leclerc, le parole del manager salisburghese meritano di essere riprese a un paio di settimane di distanza. La ragione? Nel Gran Premio d’Austria abbiamo avuto un podio composto da “soliti noti”. Verstappen, Leclerc e il navigato Sergio Perez.

L’ultimo GP in cui si è vista una “prima volta” nella top-three è rappresentato dal farsesco appuntamento belga andato in scena il 29 agosto 2021, quando George Russell è ufficialmente diventato il 215° pilota della storia ad assaggiare lo champagne di una corsa valevole per il Mondiale. Da allora sono passati 676 giorni. Tanti. La prova di Spielberg ha coinciso con la giornata in cui questa striscia è diventata più lunga di quella intercorsa fra il secondo posto di Tony Maggs nel GP di Francia 1962 e la terza piazza di Peter Arundell nel GP di Monaco 1964. Insomma, è fatto raro che passi così tanto tempo fra due new entry sul podio. Indice di come Marko proprio tutti i torti non li abbia? L’argomento necessita di un’analisi più approfondita.

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Si è visto di peggio, perché esistono tre intervalli temporali più lunghi di quello in corso. Se però non dovesse esserci nessun “battesimo dello champagne” entro fine 2023, l’attuale sequenza diventerebbe la seconda più lunga di sempre. Il record negativo sarebbe comunque ancora lontano, essendo pari ai 924 giorni trascorsi fra la vittoria di Sebastian Vettel a Monza 2008 e il terzo posto di Vitaly Petrov a Melbourne 2011.

Il nodo del contendere andrebbe dibattuto e ci sarebbero tanti fattori da analizzare. I maxi-calendari semplificano l’accesso al podio, poiché generano più possibilità. Dunque smaltita “un’infornata” di nuove leve, è fisiologico avere periodi di magra? Oppure abbiamo avuto un baby-boom e siamo in una fase in cui il ricambio generazionale latita? D’altronde Haas si affida al trentaseienne Nico Hülkenberg, preferendolo al ventiquattrenne Mick Schumacher. Red Bull ha messo sulla seconda Alpha Tauri il ventottenne Nick De Vries e riportato sotto la propria ala il trentaquattrenne Daniel Ricciardo, che potrebbe sostituire l’olandese nel 2024.

Insomma, Marko può avere ragione o torto, ma verosimilmente non si arriverà mai a una posizione indiscutibile sull’argomento. Nel frattempo, domenica,  Lando Norris ha dimostrato che “non tutti i giovani si dovrebbero vergognare”, nonostante alle spalle del ventiquattrenne britannico si siano attestati gli eterni Fernando Alonso e Lewis Hamilton.

Chi potrebbe diventare il 216° pilota da podio in F1? A ben guardare, il 70% dell’attuale griglia di partenza vanta già un piazzamento nelle prime tre posizioni. I sei papabili corrono tutti in team di secondo o terzo piano. La metà di loro è un rookie (Oscar Piastri, Nick de Vries, Logan Sargeant), altri due stanno ancora cercando la propria dimensione (Guanyu Zhou, Yuki Tsunoda) e poi c’è il caso patologico Nico Hülkenberg. Immaginarne uno nella top-three da qui a fine anno è, francamente, difficile. Ci sarebbe bisogno della proverbiale “gara pazza”, sempre dietro l’angolo, ma comunque improbabile.

Foto: La Presse

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