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Faso: “Nel baseball italiano c’è tanto talento inespresso. Lottiamo per sopravvivere. MLB? Preferisco la Lega giapponese!”

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Faso

Il nome di Nicola Fasani dirà poco al grande pubblico, ma lo pseudonimo di ‘Faso’ sicuramente accenderà più di una lampadina. Parliamo del bassista della band Elio e le Storie Tese. Uno dei musicisti più capaci d’Italia, ma legato in prima persona al mondo dello sport. Da decenni commentatore televisivo di baseball, disciplina che ha praticato come giocatore anche in Serie A e che tutt’ora promuove nel ruolo di presidente/allenatore dell’Ares Milano, società iscritta alla Serie B. Visto il periodo dell’anno (in America siamo al giro di boa della stagione, in Italia ci avviciniamo alla fine) lo abbiamo intervistato proprio nella sua veste sportiva.

Faso, partiamo da una domanda semplice. Qual è la situazione del baseball in Italia? Siamo un Paese leader a livello europeo, eppure in ambito globale siamo, oggettivamente, marginali. Perché? 
“Alla faccia della domanda semplice. Il tema è molto articolato. In Italia il mondo del baseball prospera nelle zone in cui è aiutato e seguito dalle realtà locali, il che avviene soprattutto in piccoli comuni. Le squadre di questi centri vengono supportate moltissimo dalle istituzioni. Quando si va a giocare a Codogno, cittadina di 15.000 abitanti in provincia di Lodi, si trova l’assessore allo sport a effettuare il primo lancio della partita! Bollate avrà 35.000 residenti, eppure è dotata di un’oasi del softball di dimensione internazionale”.

Sottintendi che, viceversa, nelle grandi città, dove si potrebbe avere un bacino di pescaggio molto più ampio in termini di praticanti, le situazione non è altrettanto rosea?
“È tutto molto più complicato. Il baseball non è una priorità. Dunque è difficile avere aiuti concreti. Questo è un problema per le società che, bisogna essere onesti, sono povere. Si vive tanto di volontariato e di mecenatismo. Ci sono personaggi, nel nostro ambiente, che meriterebbero delle medaglie per il ‘paiolo’ che si fanno per tenere in piedi l’attività. A volte anche a loro spese, per pura passione e amore”.

Insomma, in Italia, il baseball deve battersi per sopravvivere. 
“Battere è un termine perfetto per il baseball! Scherzi a parte, qualche anno fa a Novara volevano radere al suolo lo stadio del baseball per fare spazio a un parcheggio. Quando si è saputo, è sorta una campagna spontanea, alla quale ho partecipato anche io, per evitarlo. Fortunatamente abbiamo avuto successo. Il problema però è profondo. ‘Ma come’ mi dico, ‘io al massimo dovrei battermi per costruire qualcosa di nuovo, non per preservare quel poco che c’è già!’

Manca la cultura sportiva?
“Manca la cultura a tutto tondo. Quello di Novara è un impianto storico e, da noi, la storia viene trascurata. Non succede solo nell’ambiente del baseball. Ti faccio un esempio. A Londra, gli Abbey Road Studios, ‘quelli dei Beatles’ per intenderci, esistono ancora. Sono trattati come un museo e valorizzati. È persino conservato il microfono usato da John Lennon 60 anni fa. A Roma sai che fine ha fatto il campus di via Sant’Alessandro 7, dove c’era RCA Italiana, una delle più prestigiose case discografiche del nostro Paese? È diventato un centro commerciale di abbigliamento all’ingrosso. Ho reso l’idea?”

Però, nonostante tutto, il baseball italiano vive. Dai, sono venuto a vedere l’Ares al Saini e c’erano tanti giovani.
“Perché in questi anni ho visto nascere idee molto belle per sviluppare il nostro sport. Per esempio, la Federazione ha istituito un programma chiamato ‘Prime Basi’. Il funzionamento è semplicissimo. Si entra nelle scuole a promuovere il baseball e si invitano i bambini a provarlo. Perché chiaramente i bimbi sono attratti da ciò che vedono. A nessuno verrebbe mai in mente di suonare il controfagotto se non sa neppure che esiste! Quindi, facciamo conoscere il baseball. Devo dire che il programma sta dando buoni risultati. Vedo tanto entusiasmo. Dove si riesce ad attirare i bambini, c’è la possibilità di crescere”.

Cionondimeno, bisognerebbe andare anche oltre le scuole. Qual è il passo immediatamente successivo?
“Guarda, il baseball è uno sport dove è necessario giocare molto. Non è un caso che, nella MLB, ogni squadra giochi 162 partite a stagione. Chiaramente non si può immaginare qualcosa del genere in Italia. Però quando vedo calendari di squadre under-12 composti da 12 partite, mi viene addosso la tristezza. Ti spiego qual è il problema. A quel livello, una partita dura 5 o 6 inning. Un ragazzino, se va bene, va a battere 3 o 4 volte a partita. Se gioca tutte le partite cominciando sempre dall’inizio, farà al massimo 50 turni di battuta a stagione. E chi entra dopo? Oppure non gioca tutte le partite? Magari va a battere 21 volte in una stagione. È pochissimo! Non è sufficiente per imparare”.

Chiaramente se non si gioca, non c’è modo di sviluppare certe qualità.
“Ma certo! Puoi allenarti quanto vuoi, ma non sarà mai come in partita. Per esperienza personale, ti dico di aver visto in allenamento dei ragazzi che, se ci fosse stato uno scout dei Texas Rangers al mio fianco, sarebbero stati messi sotto contratto. Poi però in partita non rendevano allo stesso modo, perché la componente emotiva è totalmente diversa. Un muscolo leggermente più teso può cambiare completamente il movimento della battuta e anziché un fuori campo mandi la palla in foul. Devi abituarti a giocare per sviluppare il tuo potenziale, ma se non giochi non lo svilupperai mai. È un circolo vizioso”.

C’è una soluzione? Un modo per giocare di più?
“Guarda, sarò onesto. È difficile. Facciamo un esempio concreto. A Milano ci sono due società. Non sarebbe un problema organizzare una partita amichevole ogni mercoledì oltre a quella del sabato. Raddoppieresti il numero di incontri in un attimo. Però, vai a dire a un genitore che abita nell’hinterland di portare il figlio al centro sportivo Saini piuttosto che al Kennedy ogni mercoledì. Gli distruggi la giornata lavorativa. Perché, invece, in America il livello del baseball è altissimo? Se hai 14 squadre in ogni città, puoi organizzare quante partite vuoi. Gli avversari li incontri al parco, c’è tutto un mondo di ragazzi che gioca a baseball continuamente e sviluppa il suo talento. In Italia, invece, il talento resta quasi sempre inespresso. Tra l’altro, permettimi di aggiungere che ogni partita è un costo fra attrezzature, tasse di iscrizione e preparazione del campo. Quindi, torniamo sempre lì. Ci si batte per sopravvivere. Però meglio tirare a campare che tirare le cuoia, come diceva qualcuno. Comunque anche il ‘tirare’ ci sta bene con il baseball!”.

Hai citato l’America. Stai seguendo la MLB?
“Certo, anche se non mi piace il fatto che stia andando sempre più sul muscolare. Ormai ogni notizia è legata alla potenza del battitore o al record di velocità dei lanciatori. Non ho nulla contro il megaswing o il lancio a 105 miglia orarie, però il baseball non è solo questo. Limitarsi a guardare certi aspetti è una banalizzazione. È un po’ come se una band decidesse di suonare solo il Blues. Magari lo suona da Dio e la rispetto, ma alla fine è limitata, perché parla solo un linguaggio. Il baseball può essere molto di più. Infatti mi sto appassionando sempre di più al campionato giapponese. È infarcito di spezie. Batti e corri, bunt, basi rubate. Non a caso, quando il Giappone ha vinto il World Baseball Classic, lo ha fatto giocando il suo baseball”.

Però dai, non dirmi che pochi giorni fa, quando Domingo Germán ha completato la prima partita perfetta della MLB dopo 11 anni, non ti sei gasato.
“Ma certo che mi sono gasato! Così come della MLB mi gasa l’Ohtani Rule, a proposito di giapponesi. L’idea di avere una regola che permette a un lanciatore di essere anche il battitore designato e di restare nel roster anche se viene sostituito come lanciatore denota intelligenza da parte di chi gestisce le cose”.

Approfondiamo l’argomento, please.
“È uno sport cristallizzato, tutto è compatibile con il passato. I record di Joe DiMaggio hanno senso oggi così come l’avevano 80 anni fa. Si possono battere con coerenza. Questo fatto è meraviglioso, rispetto per la storia e per la propria tradizione. Però, al tempo stesso, quando arriva uno come Shohei Ohtani ed è talmente bravo da saper eccellere sia al lancio che in battuta, si cambiano le regole allo scopo di valorizzare il talento, senza stravolgere il gioco. Quando si cambia, si cambia in meglio”.

Se, per chiudere, qual è la cosa che ti piace di più del baseball?
“Il fatto che ogni partita possa proporre una primizia. Nella MLB se ne giocano quasi 2.500 ogni anno, eppure può sempre capitare di vedere qualcosa mai visto prima. Sai quante volte mi è successo di dire: ‘Ecco, una cosa del genere non mi era mai capitato di vederla’. E parliamo di uno sport che ha più di 100 anni. Se non è meraviglia questa, ditemi voi cosa può esserlo”

Foto: Ares Baseball

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