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La sceneggiata di Djokovic a Wimbledon e le finte lacrime contro Sinner: ce n’era bisogno?

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Novak Djokovic si è qualificato per la nona volta in carriera in finale a Wimbledon, superando Jannik Sinner per 6-3, 6-4, 7-6 dopo quasi 3 ore di partita. Indiscutibile il verdetto del campo: il serbo si è rivelato superiore all’italiano, soprattutto per la qualità con cui ha affrontato i punti decisivi. D’altronde non si vincono 23 Slam per caso, in campo il carisma del classe 1987 si è fatto sentire. Eppure, nel corso del momento cruciale del terzo parziale, il n.2 del mondo si è reso protagonista di un episodio non proprio edificante.

LA SCENEGGIATA DI NOVAK DJOKOVIC

Il balcanico stava servendo sul 5-4 in favore di Sinner, sotto per 15-40, dunque con due set-point a favore dell’italiano. Dopo non aver messo in campo la prima di servizio, un “tifoso” si è fatto sentire in maniera colorita nei confronti del serbo, portando quest’ultimo ad applaudirlo in maniera ironica.

Successivamente Djokovic non solo ha annullato le due palle break (che avrebbero allungato la partita se l’altoatesino fosse riuscito a convertirne almeno una), ma si è anche aggiudicato il game. A quel punto ecco la rappresentazione teatrale. Il sette volte vincitore del torneo si è messo la mano destra sugli occhi, facendo finta di piangere. Un modo per rispondere a chi aveva cercato di distrarlo sulla precedente seconda di servizio, quasi a voler dire: “Hai visto, ora piangi perché Sinner non ha vinto il terzo set?“.

Cosa ha detto il tifoso a Djokovic e perché il serbo ha fatto finta di piangere a Wimbledon

Lungi da noi giudicare, viene spontanea però una domanda: perché un fuoriclasse di questo calibro, il più vincente della storia di questo sport, deve arrivare a tenere atteggiamenti come questo? Ne ha davvero bisogno? È altrettanto vero che Djokovic non è nuovo a battibecchi con il pubblico, la sensazione è che a volte sembri quasi cercarli per caricarsi emotivamente, come d’altronde avvenuto anche quest’oggi. Piaccia o no, questo è il suo stile.

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