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Ciclismo
Marta Bastianelli saluta: “Ho realizzato tutti i sogni, lascio qualcosa alle giovani. Mia figlia in bici? Non sarei tranquilla”
The last dance. L’ultimo ballo di Marta Bastianelli è stato domenica nella tappa conclusiva del Giro Donne 2023 da Sassari ad Olbia di 126,85 km. Per Marta è stato l’ultimo giorno in gruppo, l’ultimo giorno da atleta professionista prima del ritiro. La portacolori del Team Uae Adq nella sua vita ha affrontato il ciclismo con il cuore e con la testa. Ha vinto dai Mondiali (nel 2007 a soli vent’anni) agli Europei (nel 2018) portando avanti con fierezza la figura della donna in bicicletta, diventando uno dei punti di riferimento del nostro movimento che mancherà tanto in gruppo. Bastianelli in gruppo è stata una delle prime atlete a ripartire dopo la gravidanza, anzi ad essere quasi più forti di prima. Dopo la nascita di Clarissa spiccano, tra gli altri, il titolo di Campionessa Europea e il Giro delle Fiandre.
Marta, come stai?
“Bene, a tutta ma bene. Pensavo di riposarmi e invece niente…Non ci annoia mai”.
Domenica il tuo addio tappa, il Giro Donne è stata la tua ultima corsa. Come l’hai vissuta?
“E’ stata un’emozione inaspettata, già da un po’ di tempo si sapeva che il Giro sarebbe stato la mia ultima corsa. Credo che sia stata una cosa sentita da tutto il gruppo, anche quando ho parlato sul palco, prima dell’ultima tappa, si sono commosse tutte le ragazze. Al di là delle vittorie ottenute, è un onore essere ricordata così in gruppo e sono veramente felice”.
Cosa ti resta di tutti questi anni in gruppo?
“Ho sempre cercato di essere me stessa senza nascondermi. A volte credo che si debbano condividere queste cose come la fine di una carriera. Sono felice e mi piaceva condividere questo momento con gli altri, in gruppo lascio la consapevolezza di aver fatto tanta strada, fatica e professionalità che mi auguro di aver aver trasmesso alle più giovani”.
Qual è stato il momento più bello della tua carriera?
“Sono state le tante vittorie, quella del Mondiale però ha un ricordo speciale: è da dove tutto è cominciato, è stato un punto di partenza. Lì ho avuto la consapevolezza che sarei potuta diventare una grande atleta e che quindi c’era un buon margine di strada da fare per diventare qualcuno”.
E quello più complicato invece?
“Ce ne sono stati tantissimi: la squalifica, gli indicenti subito dopo la squalifica che sono stati quelli più impegnativi da risolvere. Ho temuto di non poter più tornare quella che ero, mi è esplosa la vertebra L3-L4 quando avevo solo vent’anni e lì ho avuto veramente paura di non poter più tornare in sella alla mia bici”.
Da giovanissima hai vinto tanto, poi ti sei fermata quando sei diventata mamma della splendida Clarissa…
“Sono stata una tra le prime atlete in gruppo a diventare mamma. Mi sono fermata per la gravidanza e ho ricominciato a pedalare quando Clarissa aveva sei mesi e ho fatto il mio primo Campionato Italiano in pista con le Fiamme Azzurre. Ci tenevo a tornare anche per il mio Gruppo Sportivo che mi ha sempre dato tanto”.
Quanta forza ti ha dato tua figlia una volta che sei tornata in gruppo?
“Tantissima. Sapevo di non aver tempo da perdere e che mi dovevo dare da fare. E’ stata una grande forza lei per me”.
Come sei riuscita a conciliare la vita da atleta con quella da mamma?
“Come dice un detto: “Figli piccoli problemi piccoli, figli grandi problemi grandi”. Avere una grande squadra a casa aiuta molto, sicuramente non è semplice soprattutto per una come me che ci tiene ad avere sempre la situazione sotto controllo e sono quasi un po’ gelosa. C’è sicuramente tanta organizzazione dietro”.
A 36 anni lasci un ciclismo che è completamente cambiato rispetto a quando hai iniziato tu. Dall’oro di Stoccarda 2007 sono passati ben 15 anni in cui tutto è stato stravolto…
“Io credo di essere una delle poche ad aver avuto la fortuna di passare tutte le generazioni del ciclismo. Mi auguro che le giovani di oggi possano portare avanti nel migliore dei modi il nostro movimento, non bisogna mai sentirsi arrivate ma bisogna continuare ad aver fame di vittorie. La mia generazione ha fatto veramente tanto per questo sport e ora le più giovani devono mantenere in vita questo progetto”.
Se potessi parlare alla Marta durante i suoi primi anni di carriera che cosa le diresti?
“Rifarei tutto quello che ho fatto, senza se e senza me. Forse le direi di non accanirsi troppo, a volte ci sono delle situazioni che vengono quasi naturali. Lo dicevano anche a me ma commettevo gli stessi errori, a volte serve sbatterci la testa”.
Lo sport come palestra di vita: a te cos’ha insegnato?
“A me ha insegnato tanto, più dell’Università. E’ stata una scuola severa, in senso buono. Io dalle più grandi di me ho imparato molto, sono insegnamenti che io ho cercato di trasmettere alle più giovani”.
C’è qualcuno in particolare con cui in tutti questi anni hai creato un rapporto più solito e che continuerà ad esserci nel tuo post carriera?
“Ci sono tante ragazze con cui ho condiviso tanti momenti anche al di fuori del ciclismo, come Elena Cecchini e Anna Trevisi. E poi il gruppo delle più giovani come Letizia Paternoster, Chiara Consonni, Eleonora Gasparrini e Silvia Persico”.
Consiglieresti a tua figlia la vita che hai fatto tu?
“Io sto cercando in tutti i modi di far sì che lei possa fare ciò che più le piace, al momento fa ciclismo per divertimento. Sicuramente mi auguro che lei faccia sport perché è una grande palestra di vita ma oggi il ciclismo sta diventando impegnativo sotto tanti punti di vista. Vedrà lei. Il ciclismo? Le strade sono pericolose, non so se sarei tranquilla. Ci sono troppi rischi”.
I sogni che avevi da ragazzina li hai realizzati tutti?
“Sì, tutti. L’unico che mi è rimasto in sospeso ma che ho avuto il piacere di condividere con Elisa Longo Borghini è la medaglia olimpica, che sin da piccola mi ha sempre affascinato. Ho lasciato il ciclismo anche per questo, perché penso di aver realizzato tutti i miei sogni e realizzarne altri, con le nuove generazioni, non è semplice”.
Cosa ci sarà nella nuova vita di Marta?
“Una vita nuova, un ritorno alla normalità e spero di poter mettere in pratica tutti gli insegnamenti del ciclismo. Nei progetti c’è anche un secondo figlio, ma con calma e senza fretta”.
A chi vorresti dire grazie per tutti questi anni di incredibile carriera?
“A mia mamma e mio papà, loro hanno fatto dei sacrifici incredibili per far sì che io potessi praticare questo sport. Nel Lazio c’erano solo maschi che facevano le gare e io per confrontarmi con le femmine dovevo spostarmi in Toscana e quindi avevo tre ore e mezza di viaggio ogni volta. Se non ci avessimo provato chissà se fossi diventata la Marta di oggi…”
Foto: Lapresse