Nuoto
Nuoto, dalla sbornia ai dubbi: qual è la vera Italia? Questo Mondiale serva da monito verso Parigi 2024
La storia del nuoto ci racconta di nazioni in grave difficoltà dopo un grande evento disputato fra le mura amiche e l’Italia solo in parte si è sottratta a questa regola non scritta. Sedici posti in finale e sei medaglie sarebbero state un bottino gran lusso qualche lustro fa, oggi invece si arriccia il naso perché i cinque ori e nove medaglie di Budapest, le 23 finali di Gwangju con tre successi, la girandola di trionfi dell’Europeo del Foro Italico hanno spostato verso l’alto l’asticella e quando la devi giocoforza spostare verso il basso resta un senso di vuoto difficile da colmare e anche da spiegare.
Thomas Ceccon, forse involontariamente, forse nei tempi e modi non proprio perfetti, ha spiegato bene cosa è accaduto in casa Italia dopo il 2022 vissuto a tutta velocità. Tanti tecnici e di conseguenza atleti hanno scelto di alzare il piede dal pedale dell’acceleratore, magari dedicandosi ad esperimenti o semplicemente regalando maggiore risposo ai propri allievi perché il ritmo era diventato insostenibile e un altro anno come il 2022 con carichi e scarichi a ripetizione sarebbe stato deleterio (per alcuni lo è stato anche il 2022) per fisico e mente di molti azzurri. Ceccon ha un motore diverso da tanti altri, che invece devono allentare la presa, a lui riescono facili cose che agli altri richiedono grande fatica e sudore, e da qui le incomprensioni di Fukuoka.
La frenata del movimento azzurro è sotto gli occhi di tutti. Sono arrivate sei medaglie, una d’oro, quattro d’argento e una di bronzo, un solo record italiano ritoccato da Thomas Ceccon per vincere i 50 farfalla, meno qualificati alle finali, meno qualificati alle semifinali, meno record personali rispetto alle due edizioni precedenti. In Italia non si è disimparato tutto ad un tratto a preparare il grande evento stagionale, semplicemente soprattutto per atleti di medio alto livello si è fatta una scelta di non esagerare.
Se questa è la scelta giusta si vedrà fra un anno quando si tireranno le somme del triennio. Per molti più che scelta è stata necessità, vuoi per gli acciacchi fisici un po’ trascurati l’anno scorso e messi sotto il tappeto per presentarsi al massimo a Roma, vuoi per un atteggiamento mentale che, dopo due stagioni in cui praticamente non ci si è mai fermati, porta fisiologicamente il cervello a staccare la spina o quantomeno e piazzarsi in modalità risparmio.
Semmai un po’ di preoccupazione la desta la modalità con cui l’Italia ha gestito lo sviluppo del Mondiale di Fukuoka. Quasi tutti, Ceccon compreso, hanno sparato le cartucce pesanti in avvio di programma per poi calare alla distanza: una strana disabitudine ad affrontare un percorso più lungo di quello allenante dei meeting o dei Campionati Nazionali che andrà analizzato con cura e attenzione per fare in modo che a Parigi la condizione mentale e fisica resti la stessa per tutta la durata della manifestazione perché le medaglie dell’ultimo giorno valgono esattamente come quelle del primo e non è un esempio a caso visto che l’ultimo giorno ci sarà la 4×100 mista che un anno fa era in vetta al mondo e oggi ha boccheggiato fino a trovarsi fuori dalla finale.
Qualche schiaffone è arrivato, alcuni anche fragorosi. A volte servono, a volte affossano. Non c’è una ricetta precisa per affrontare il percorso tortuoso che porterà all’Olimpiade. Andranno fatte delle scelte perché in mezzo c’è un Europeo in vasca corta, un Mondiale in vasca lunga e forse un Europeo in vasca lunga. Chi non si è spremuto quest’anno rischia di spremersi, e tanto, il prossimo e di non arrivare al meglio a Parigi. Se però è vero che tanti azzurri rimpiangono la ISL dove si gareggiava ogni due o tre giorni per mesi, allora questa condizione non deve preoccupare. Con la giusta comunicazione e il giusto approccio si può usare anche la grande manifestazione come allenamento, confronto, in vista della gara su cui si punta veramente, scendendo in vasca a cuor leggero e magari essendo consapevoli che si può anche perdere ma lo si fa per crescere e questo è stato l’atteggiamento di tanti italiani nella ISL che, dicono, li ha aiutati ad alzare l’asticella.
Dagli errori si impara e questa Italia, con tecnici all’avanguardia, atleti di altissimo spessore, ha ancora tanto da dare e può puntare ad una grande edizione dei Giochi Olimpici (scordarsi le sporte di medaglie è d’obbligo), sulla falsariga di Tokyo, magari con quell’oro in più che è mancato in Giappone.
Foto Lapresse