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Pattinaggio artistico: Sotnikova ammette una positività al doping nel 2014, la Corea del Sud interpella il CIO

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A distanza di quasi dieci anni si riaccende la polemica legata alla gara femminile delle Olimpiadi di Sochi 2014, terminata con il trionfo meritato sul ghiaccio di Adelina Sotnikova e con l’argento del fenomeno sudcoreano Yuna Kim. Stavolta però non è un effetto Amarcord ma qualcosa di più concreto. La Corea del Sud nei prossimi giorni potrebbe infatti chiedere formalmente un’indagine al CIO sulla vittoria della russa ai Giochi dopo le dichiarazioni di quest’ultima circa una positività al doping nel 2014 (anno delle Olimpiadi) dichiarata pubblicamente soltanto adesso.

Ad accendere la miccia è stata proprio Sotnikova che, nel corso di una chiacchierata rilasciata in un video (poi cancellato) pubblicato sul canale YouTube Tatarka FM, ha ammesso di essere risultata positiva al doping ma subito assolta in quanto negativa al secondo campione, quello della controprova per intenderci.

Una frase che ha giocoforza attivato il Comitato Olimpico coreano, il quale si è impegnato a raccogliere più informazioni per poi chiedere ulteriori spiegazioni al CIO. Secondo gli asiatici infatti, l’avanzamento della tecnologia in termini di doping potrebbe garantire oggi maggiore affidabilità, soprattutto su un caso così complicato che ha fornito due esiti diversi. La strada potrebbe essere teoricamente ancora percorribile. Secondo le regole della WADA infatti i campioni di sangue e urina devono essere conservati per dieci anni, fattore che potrebbe permettere ancora dei controlli.

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Da aggiungere infine come la stessa Sotnikova sia stata in passato assolta dalla maxi indagine scaturita dallo scandalo legato al “Doping di Stato” che ha inchiodato numerosi atleti russi. Il CIO tuttavia assolse la pattinatrice per insufficienza di prove. Siamo davanti a una vera e propria riapertura del caso? Lo scopriremo solo quando emergeranno dei dettagli ancora più concreti.

Foto: LaPresse

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