Rugby a 7
Perché l’Italia continua a non esistere nel rugby a 7: Giochi vietati con improvvisazione e carenza progettuale
L’Italia del rugby seven ha mancato anche quest’anno l’appuntamento con la qualificazione ai Giochi Olimpici di Parigi 2024, venendo eliminata presto sia nel torneo maschile sia in quello femminile. Un doppio flop che sicuramente non ha sorpreso, visto che gli azzurri del rugby a sette sono ormai da anni poco competitivi a livello internazionale. Ma perché?
Le risposte possono essere multiple, ma di base il motivo è uno. Da anni la Federazione Italiana Rugby ha messo il rugby olimpico ai margini, con investimenti ridotti al minimo sindacale, senza un progetto reale alle spalle delle due squadre, con i ct che sono stati obbligati a pescare la rosa tra giocatori spesso di seconda fascia, con i club che non sono mai stati costretti a liberarli. Insomma, tanta improvvisazione e carenza progettuale, cui si aggiungono anche scelte dubbie.
Senza offesa, ma la scelta di Diego Saccà come ct dell’Italseven femminile resta ancora oggi un mistero. Una discreta carriera da giocatore, un cap con la Nazionale, poi dopo aver appeso gli scarpini al chiodo Saccà ha allenato il Livorno tra la Serie A e Serie B dal 2010 al 2015. Poi, a sorpresa, nel 2019 la nomina a ct della Nazionale. Una conferma che, a livello federale, il rugby a sette non era certo una priorità. Ma ora?
Serve un cambio di passo, questo è evidente. Da anni si è parlato della nascita di una fantomatica Accademia federale dedicata proprio al rugby a sette. Anni fa sembrava fatto l’accordo con le Fiamme Oro, ma poi contrasti e polemiche hanno fatto naufragare il tutto. Ma l’idea appare essere ancora quella. A Cracovia, durante i Giochi Europei e, appunto, durante i tornei di qualificazione olimpica falliti dagli azzurri, il segretario generale del Coni Carlo Mornati ha annunciato che per il rugby seven si sta pensando a un centro di preparazione olimpica a Formia. Diventerà realtà? Chissà. Quando? Chissà.
Foto: European Games