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Tennis, Ivan Ljubicic: “Federer avrebbe vinto ancora senza infortuni. Nessuno potrà avvicinarsi a quel che ha dato a questo sport”

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Roger Federer, Ivan Ljubicic

Arrivano dalla Svizzera parole particolarmente interessanti di Ivan Ljubicic. Il croato, vincitore di un Masters 1000 a Miami nel 2010, ex numero 3 del mondo e poi allenatore per buona parte dell’ultima fase di carriera di Roger Federer, ha parlato proprio di mister 20 Slam al Tages Anzeiger, quotidiano del Canton Zurigo pubblicato dal lontano 1893. Di seguito ne sono proposti alcuni estratti.

Ljubicic inizia sull’onda di vari ricordi: “I miei due momenti più forti con lui sono stati quando ha vinto gli Australian Open nel 2017 e quando mi ha chiamato per dire che smetteva. Il più bello e il più amaro. Quando mi contattò il suo obiettivo era molto semplice: vincere un altro Slam. Non sapevamo se fosse possibile. Il modo in cui ha battuto Nadal in finale, andando sotto di un break nel quinto set, è insuperabile. Quello è l’Everest. Ha sfruttato quella vittoria per vincere Indian Wells, Miami, Wimbledon senza perdere un set, ancora a Melbourne nel 2018 e riprendere il numero 1. Ballò sull’onda. C’erano fasi in quel periodo in cui pensavo non potesse perdere“.

Racconta poi i problemi fisici: “Nel nostro secondo torneo si ruppe il menisco. Le ginocchia ci hanno sempre dato problemi. Prima la sinistra, poi la destra. Ha spremuto il limone al massimo. Mi ha impressionato come ha lottato e dedicato ore e ore a quei tediosi esercizi. Lavorava cinque ore al giorno, sapendo che non avrebbe potuto tornare in campo per tanto tempo. Mentalmente devi essere molto forte per questo, perché nulla garantiva che sarebbe tornato a giocare. Ci ha creduto fino all’ultimo momento“.

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La sua opinione, in caso di mancati guai, è piuttosto chiara: “Se non si fosse fatto male, Roger avrebbe continuato a vincere e a giocare. Lui è come Rafa. Non so se Rafa tornerà o no, ma amano così tanto questo sport che continuerebbero a giocare finché possono. Finché il corpo dice basta. La sua carriera non avrebbe potuto finire in un altro modo. Roger non vedeva il tennis come un lavoro. Non ho mai visto nessuno con quell’urgenza di prendere in mano una racchetta. Anche in vacanza gli piaceva sempre giocare“.

C’è qualcosa in cui lo svizzero non teme rivali: “Nessuno potrà avvicinarsi, neanche lontanamente, a quello che Federer ha dato per questo sport. Ha ricevuto il premio per il tennista più amato per 19 anni di fila e ha vinto il premio della sportività per 13 volte. Non credo ci sia mai stato nessuno in nessun altro sport che sia stato così amato e che abbia influenzato tanti come lui“.

Qualche parola su Novak Djokovic, soprattutto legata a una curiosità: “Quando era giovane, venne all’Accademia di Riccardo Piatti. Ero anch’io lì. Ci allenammo insieme per qualche mese. Chiaramente si poteva vedere che aveva talento. Si muoveva bene ed era molto agile, ma tecnicamente  era nella media. Il rovescio era buono, ma il lato destro era problematico e il suo servizio aveva tantissimi margini di miglioramenti. In quel momento mai avrei pensato avrebbe vinto 23 Slam. Questo è incredibile“.

Foto: Leonard Zhukovsky / Shutterstock.com

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