Ciclismo
Tour de France, il calvario di Tadej Pogacar. Tra la caduta iniziale e la ferita morale della cronometro
Come l’indimenticato capolavoro del 1969 di Luchino Visconti, la tappa odierna del Tour de France potrebbe essere intitolata: “La caduta degli dei”. Anzi, la caduta di una sola divinità, quella di Tadej Pogacar. Un fenomeno assoluto, abituato a vedere i suoi avversari staccarsi dalle sue ruote su ogni tipo di territorio, oggi ha conosciuto la sconfitta più dura della sua vita.
Non è certo la prima volta che lo sloveno viene distanziato in una corsa ed in questo ha fatto storia la celebre tappa del Col du Granon dello scorso anno, ma le modalità ed i tempi con cui Pogacar ha alzato bandiera bianca costituiscono una prima volta assoluta. A 8 km dallo scollinamento ha iniziato a perdere posizioni fino al momento del cedimento.
La sua resa non è arrivata su un’accelerazione di Vingegaard o della Jumbo-Visma, non è arrivata dopo una durissima e spietata selezione. No, Pogacar si è staccato da un gruppo di undici corridori, di cui facevano parte ancora Warren Barguil e Georg Zimmerman e sotto un’andatura non irresistibile imposta da Michal Kwiatkowski.
Una vera e propria giornata no, di quelle che agli umani capitano con una certa frequenza, di quelle che non avevamo mai visto succedere a Tadej Pogacar. Lo sloveno ha detto di essersi sentito vuoto, come se qualunque cosa mangiasse o bevesse, non avrebbe comunque portato energie alle sue gambe.
Impossibile individuare una sola causa per questo crollo, arrivato di certo per una serie di concause. Ovviamente bisogna tenere in considerazione l’avvicinamento difficile al Tour, con l’infortunio al polso che non gli ha permesso di prepararsi al meglio. Allo stesso modo la batosta presa ieri a cronometro può essere rimasta nella testa, così come la caduta sulla prima salita.
Per quest’anno il Tour sembra dunque finito, con Pogacar che ne uscirà sconfitto. Questo ovviamente non dovrà spostare di un millimetro il giudizio su un fenomeno assoluto che ha regalato emozioni e spettacolo dalle salite più dure alle Classiche del Nord. Un campione, un atleta universale, ma come tutti noi, un essere umano.
Foto: LaPresse