Editoriali

Wimbledon, altalena Jannik Sinner: prendere o lasciare. E il peso del tabellone…

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Bisogna prendere atto che le prestazioni di Jannik Sinner, in questa fase della sua carriera, sono altalenanti non solo nell’arco dei mesi, ma anche all’interno di un singolo torneo. Da febbraio a metà aprile abbiamo ammirato un giocatore capace di esprimere un tennis stellare, certamente da primi 5 del mondo, collezionando peraltro tre semifinali consecutive nei Masters1000 di Indian Wells, Miami e Montecarlo. Poi il calo fisico e mentale, con le cocenti eliminazioni premature a Roma e Parigi, condite da un senso di frustrazione tale da affermare che “non mi diverto più“. La stagione sull’erba non era poi iniziata sotto i migliori auspici: prima l’inopinata sconfitta contro Emil Ruusuvuori a ‘s-Hertogenbosch, poi il ritiro ad Halle per un problema fisico. Insomma, l’altoatesino ha alternato due mesi entusiasmanti ad altrettanti dove nulla è andato per il verso giusto.

Anche a Wimbledon abbiamo già rimirato le due versioni dell’italiano, il Dr. Jekyll autoritario delle prime due partite e il Mr. Hyde incerto e titubante dei sedicesimi. Ma chi è il vero Sinner? Probabilmente entrambe le cose: prendere o lasciare. Innegabilmente Juan Cerundolo e Diego Schwartzman non sono stati avversari insormontabili, eppure contro di loro il classe 2001 ha mostrato una qualità di colpi da stropicciarsi gli occhi: servizio mai così incisivo e continuo, una potenza disarmante dei colpi sia di rovescio sia di diritto, precisione nell’esecuzione, capacità di variare con soluzioni alternative. Insomma, il meglio del repertorio di Sinner, tanto che molti si sono sbilanciati: “È tornato quello di Montecarlo e dei 1000 americani“. Peraltro già in passato il nativo di San Candido aveva sfoderato un tennis di alto rango, quasi sempre contro il grande rivale Carlos Alcaraz, ma anche nei quarti di finale dello scorso anno a Wimbledon contro Novak Djokovic. Il problema sta proprio qui: quante volte Sinner gioca su questi livelli nell’arco dell’anno? A seconda che la risposta sia ‘ogni tanto’, ‘qualche volta’, ‘spesso’, ‘frequentemente’ o ‘quasi sempre’, dipende la carriera di un tennista.

Ha detto bene Dario Puppo nella puntata di Tennis Mania andata in onda sul canale Youtube di OA Sport: “Sinner è difficile da mettere a punto come una macchina di F1“. Una metafora azzeccatissima e quanto mai veritiera. Quando gli ingranaggi sono tutti al posto giusto, allora Sinner nella giornata giusta diventa un enorme problema per chiunque. Ma basta davvero poco che qualcosa si inceppi (un problema fisico, l’allergia, le condizioni atmosferiche, il campo, etc.) e mandi in tilt una macchina dal potenziale tanto elevato, quanto delicato. Lo abbiamo visto anche oggi contro il francese Quentin Halys: del Sinner devastante dei primi due turni non vi è stata traccia. Percentuale di prime di servizio sotto il 50% (si tratta del primo fondamentale che smarrisce quando non si sente sicuro), fioccare di errori gratuiti, difficoltà nel mettere in pratica il proprio gioco propositivo che sfianca gli avversari, incisività della risposta intermittente. Di buono c’è che, a differenza di quanto accaduto al Roland Garros contro Daniel Altmaier, oggi il portacolori del Bel Paese è riuscito comunque a portare a casa la partita. Si badi bene: le giornate negative capitano a chiunque, compresi i grandissimi. Ciò che fa la differenza è quante volte fanno capolino e, soprattutto, la percentuale in cui si riesce a vincere pur senza brillare. Ad oggi per l’ex-sciatore le giornate negative, in cui non riesce a giocare come vorrebbe, si verificano con una certa frequenza.

Due giorni fa Sinner ha spiegato di pensare ad una partita per volta e di non spingersi troppo in là. Viene però difficile credere che non abbia guardato il tabellone (davvero pensate che qualche giocatore non lo faccia?). Anzi, la sensazione è che patisca una situazione in cui svariate teste di serie vengono eliminate, spalancandogli una ghiotta occasione per fare tanta strada. Due indizi, d’altronde, fanno una prova. Al Roland Garros venne prematuramente eliminato il russo Daniil Medvedev, bestia nera che il nostro portacolori avrebbe dovuto affrontare ai quarti di finale. Tutti, a quel punto, davano per quasi sicuro semifinalista Sinner, che invece venne subito fatto fuori da Altmaier, non negando di aver accusato l’enorme peso delle aspettative.

A Wimbledon si sta ripetendo un copione molto simile. Nelle prime due partite abbiamo visto un Sinner tranquillo, spensierato, che ha lasciato andare i colpi con grande facilità. Poi, man mano, le teste di serie hanno incominciato a saltare: prima Daniel Evans, poi il temibile Taylor Fritz, poi il n.4 del mondo Casper Ruud. Sostanzialmente, l’unica altra testa di serie rimasta nello spicchio di tabellone di Jannik Sinner è il canadese Denis Shapovalov. Impossibile negare come l’italiano abbia così una concreta chance per raggiungere la prima semifinale Slam della carriera, dove verosimilmente affronterebbe il serbo Novak Djokovic. Sinner questo lo sa benissimo e non è un caso che oggi abbia balbettato in senso figurato contro Halys. E non è neppure un caso che in passato abbia sovente mostrato le sue qualità migliori da underdog. Se davvero si coltivano ambizioni altissime, ad ogni modo, bisogna anche essere in grado di battere da favorito un Galan qualsiasi agli ottavi o un Safiullin o Shapovalov ai quarti. Sono questi i veri esami da superare, forse ancor più di una eventuale sfida a Djokovic o Alcaraz. Perché solo quando l’altalena smetterà di oscillare e le giornate del Dr. Jekyll supereranno di gran lunga quelle di Mr. Hyde, allora Jannik Sinner potrà compiere l’ulteriore e difficilissimo step da top10 stabile a giocatore in grado di puntare a vincere uno Slam.

Foto: Lapresse

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