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Wimbledon, Jannik Sinner è il terzo italiano a raggiungere la semifinale: i due precedenti

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Erano stati soltanto due gli italiani che, prima di Jannik Sinner poche decine di minuti fa, avevano raggiunto la semifinale a Wimbledon. L’erba mai è stata particolarmente amica dei nostri giocatori, in una storia che è spesso stata scritta sulla terra rossa e, in qualche occasione, su tutte le gradazioni di cemento che si sono sovrapposte negli anni.

Per trovare la prima volta di un giocatore italiano in semifinale ai Championships bisogna tornare fino al 1960. Era l’epoca in cui in Italia dominava un solo uomo, rispondente al nome di Nicola Pietrangeli. Aveva già in tasca due Roland Garros, in un’epoca in cui chi diventava forte, ma per davvero, veniva convinto a passare professionista. Ci provarono anche con lui, solo che all’ultimo rifiutò.

Pietrangeli, in quel torneo, ebbe un primo turno a dir poco incredibile: Budge Patty, vincitore sia a Parigi che a Wimbledon nel 1950. Era l’ultima partita della carriera del nativo dell’Arkansas, scomparso nel 2021, e la vinse per 6-3 9-7 6-3 (giova ricordare che ai tempi del tie-break non c’era nemmeno l’ombra). Da testa di serie numero 5, avanzò battendo anche Martin Mulligan, che da australiano sarebbe diventato italiano nel 1968 (aveva comunque delle origini venete). Il momento più duro, però, lo passò al terzo turno contro Bobby Wilson (Robert Keith Wilson all’anagrafe); lotta complicatissima, finita 6-2 4-6 13-11 6-8 6-3 contro uno dei giocatori più rispettati del tempo, con sette quarti Slam all’attivo di cui quattro a Wimbledon.

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Agli ottavi, poi, fu più semplice contro John Frost: 6-4 6-1 6-2 e quarti prenotati, ma con un USA di livello ben diverso, Barry MacKay, tra i migliori dell’epoca a non aver mai vinto uno Slam. Fu il primo set la chiave di volta: 16-14 6-2 3-6 6-4. Ma il vero rimpianto Pietrangeli lo ebbe per parecchio tempo su un’altra partita. La semifinale con Rod Laver. Che ancora non era il Rod Laver che avrebbe posto il suo nome tra i giganti della storia del tennis, ma già aveva una grandissima forza. 6-4 3-6 10-8 2-6: questo il punteggio all’approcciarsi del quinto set, con l’italiano che aveva guidato e l’australiano che aveva sempre rincorso dopo aver buttato un vantaggio di 1-5 nel terzo. Nel quinto parziale Laver prese il break di vantaggio e tanto bastò. 6-4. Scrisse Gianni Clerici ai tempi: “Pietrangeli ha perso contro Laver l’occasione di vincere Wimbledon: l’ha persa per averne avuto coscienza, mentre l’australiano si affannava a difendersi senza aver tempo di pensare, di aver paura, di soffrire come Nicola quando il gioco gli sfuggiva di mano e il vento trascinava la palla a impensati capricci“.

Di ben diverso tenore il Wimbledon 2021 di Matteo Berrettini. Il romano ci arrivava sulla scia di un magnifico Queen’s, portato a casa per la prima volta. Primo turno contro Guido Pella, argentino arrivato ai quarti un paio d’anni prima: 6-4 3-6 6-4 6-0. Secondo contro Botic van de Zandschulp, olandese all’epoca lucky loser, ma in buona ascesa: 6-3 6-4 7-6(4). Terzo contro l’esperto sloveno Aljaz Bedene, un passato da britannico salvo poi scoprire di non poter rappresentare il Paese in Coppa Davis e tornare indietro: 6-4 6-4 6-4. Ottavi contro il bielorusso Ilya Ivashka: netto 6-4 6-3 6-1.

Ai quarti, sul Court 1, Felix Auger-Aliassime. E arrivò contro il canadese forse la partita più tesa del romano nelle due settimane. Mentre, pochi metri più in là, Roger Federer muoveva gli ultimi passi della propria carriera, Matteo si ritrovava a dover gestire situazioni complicate e un gioco rimasto apparentemente fantasma dei momenti migliori. Ma seppe riaversi: 6-3 5-7 7-5 6-3 e semifinale. Dove affrontò l’uomo che aveva sconfitto Federer, rispondente al nome del polacco Hubert Hurkacz, numero 14 del seeding contro il 7 dell’italiano. Bastò un break a mandare fuori tempo mentalmente Hurkacz: 6-3 6-0. Poi fu Berrettini a tremare, cedendo il terzo set al tie-break, ma nel quarto non ci fu più storia. 6-3 6-0 6-7(3) 6-4, primo italiano in finale a Wimbledon in tutta la storia dei singolari. E l’illusione parve ancora durare nel primo set contro Novak Djokovic,ma il serbo non lasciò scampo al romano: 6-7(4) 6-4 6-4 6-3.

Adesso c’è Jannik Sinner. Che, dopo l’accoppiata argentina contro Juan Manuel Cerundolo e Diego Schwartzman (triplo 6-2 in un caso, 7-5 6-1 6-2 nell’altro), il 3-6 6-2 6-3 6-4 al francese Quentin Halys, il 7-6(4) 6-4 6-3 al colombiano Daniel Elahi Galan e il 6-4 3-6 6-2 6-2 al russo Roman Safiullin, è qui. A prendersi il ruolo di capofila delle ambizioni tricolori, là dove soltanto fino al primo turno di un anno fa contro Stan Wawrinka in pochi gli davano credito. Ora, degli azzurri, è colui che va più lontano sull’erba. Ed è una gran bella soddisfazione.

Foto: LaPresse

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