Tennis
Wimbledon, Matteo Berrettini: “Volevo ritirarmi, non mi sembra vero di aver vinto. Non sono un automa”
La sua ultima vittoria nel 2023 risaliva al match di Montecarlo contro Francisco Cerundolo. Dopo quell’incontro, l’ennesimo infortunio addominali e un’altra scalata da fare per Matteo Berrettini. Il pugno in faccia ricevuto nel giorno del ritorno a Stoccarda, dal suo amico Lorenzo Sonego, difficile da mandare giù. E così, in un gioco del destino, il romano si è ritrovato il piemontese nel primo turno di Wimbledon, in una sfida durata tre giorni per via delle condizioni meteo non certo ideali.
Con il punteggio di 6-7 (5) 6-3 7-6 (7) 6-3, c’è stata la rinascita del classe ’96, presentatosi in conferenza stampa con un sorriso che non si vedeva da tanto tempo. Le prime riflessioni sono molto chiare: “Cerco di pensare un giorno alla volta, un punto alla volta. Al momento non mi par vero di aver vinto il primo match. La scorsa settimana ho seriamente pensato di ritirarmi, non mi sentivo pronto. Ma ho giocato comunque. E comunque vada, sono felice di essere qui, e questa è la cosa più importante“, ha ammesso ai microfoni Berrettini.
“Giocare la partita in tre giorni sicuramente mi ha aiutato, anche se non avremo mai la controprova di cosa sarebbe successo se fosse andata diversamente. È vero che quando arrivi in un torneo e non sei al 100% ti aiuta poter giocare più a lungo, anche se ogni volta che ci si ferma e si ricomincia si sente comunque la fatica accumulata prima. Tuttavia non è facile rimanere qui dalla mattina alla sera e rimanere sempre pronti per giocare: ieri abbiamo giocato due set, e mi sembrava di averne giocati sette“, le parole di Matteo.
Un Berrettini che ieri ha manifestato anche un certo malcontento per le condizioni del campo 12, visto anche il giudizio dell’arbitro di voler comunque proseguire: “Ho chiesto se sugli altri campi stessero giocando, e nessuno aveva smesso. Mi sembrava umido, ma quando andavo a provare con la mano non c’era molta condensa. Però tutti e due eravamo d’accordo che non valeva la pena rischiare, soprattutto perché non sapevamo se saremmo riusciti comunque a finire. È difficile, però credo che dovrebbe esistere un sistema un po’ più solido di un arbitro ben vestito che si mette le scarpe da ginnastica e prova a vedere se si scivola“.
Il tennista nostrano ha poi raccontato tutte le sue difficoltà, ripensando al ritorno di Stoccarda e quelle lacrime uscendo dal campo: “Spesso ci si accorge di queste cose quando si prende una facciata sul muro, che è stata la partita di Stoccarda. E allora mi sono detto basta, non deve succedere più. È per questo che adesso ho questo sorriso, perché l’unica cosa che volevo fare era calcare questi campi ed essere felice, perché quando la pressione aumenta, quando cominci a pensare tanto e vuoi fare bene, ti scordi un po’ di tutte le cose che sono capitate, da come sei partito… Mi ricordo quando avevo 18 anni e persi con Rublev, uscii da questo posto pensando ‘chissà se ci tornerò mai più’. E avevo 18 anni, non 12, per cui ogni tanto fa bene fare un passo avanti e rendersi conto che adesso sto meglio di una volta, e questo aiuta tutto”.
Un match, quello contro Sonego, con tanti punti interrogativi: “Tecnicamente la partita è stata come andare a fare un esame all’università e sapere di non aver studiato. Dopo i due set di ieri, all’uscita dal campo, ho detto a Vincenzo [Santopadre ndr] che ho pensato a tutto durante il match tranne che alla partita. A volte, qualche servizio dopo il diritto mi metto a pensare un po’ troppo e finisco per sbagliarlo. Dalla parte del rovescio mi sento bene, ma sull’erba mi sono sempre sentito meglio. So che tecnicamente posso dare di più, ma ciò che ci siamo detti con il mio coach è quello di dare il 100% di quello che posso dare ora e ottenere il massimo che si può ottenere“.
Berrettini poi ha voluto esprimere una posizione molto chiara circa il modo in cui è stata rappresentata la sua vita privata: “Se dico qualcosa sulla mia relazione, o sulle mie relazioni passate, sul fatto che sono innamorato o non innamorato, o che sto bene con una persona, è per normalizzare il fatto che fondamentalmente ho la pelle, le ossa, un cervello, vivo momenti di crisi e momenti di gioia, e non siamo robot o automi. Siamo semplicemente persone come tutte le altre che facciamo molto bene una cosa tecnica, e questo messaggio per me è molto importante per comunicare che l’atleta non è una sorta di marziano. Non mi ne sono mai pentito di aver condiviso aspetti della mia vita privata, perché l’ho sempre fatto sinceramente, tutto quello che tiravo fuori viene da dentro e mi fa piacere sapere che magari un quindicenne o un sedicenne che gioca a tennis e si trova nella stessa situazione possa affrontarla come una cosa normale e non come un tabù”.
In conclusione, una battuta sul suo prossimo avversario, l’australiano Alex de Minaur: “Ci conosciamo da molto tempo, ci siamo incontrati la prima volta in un Challenger a Segovia nel 2017, l’ultima volta nella ATP Cup lo scorso anno. È molto migliorato, è un gran combattente, non molla mai. Sarà un match molto difficile. Lui è testa di serie, io no”.
Dichiarazioni: Fonte Ubitennis
Foto: LaPresse