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Atletica, l’oro di Tokyo non è caso e fortuna: l’Italia è tra le regine della velocità, l’argento mondiale è un certificato

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L’Italia è stata solitamente abituata a vedere come aliena e nemica la velocità. Fino a due anni fa ci eravamo abituati ad assistere al trionfo dei soliti nomi noti. Nella storia dei Mondiali i 100 metri sono stati vinti da statunitensi o giamaicani per 16 volte su 19 (si sono inseriti un britannico e un canadese nel 1993 e 1995, poi Kim Collins da Saint Kitts & Nevis nel 2003). I 200 metri negli ultimi venti anni hanno visti sigilli soltanto americani o caraibici dal 1995, eccezion fatta per le parentesi del greco Kenteris nel 2001 e del turco Guliyev nel 2017.

La 4×100 iridata è stata vinta dal Canada nel 2022, dalla Gran Bretagna nel 2017 e dalla Francia nel 2005. La musica non è stata molto diversa alle Olimpiadi. I 100 metri dal 1980 al 2016 avevano visti soltanto sigilli statunitensi (4), giamaicani (3), britannici (2) con l’introduzione canadese di Donovan Bailey nel 1996. Sui 200 c’erano state le apoteosi di Livio Berruti a Roma 1960 e Pietro Mennea a Mosca 1980, ma poi soltanto USA e Giamaica (con la parentesi del greco Kenteris a Sydney). In staffetta solo USA, URSS, Giamaica dal 1964 al 2016, con un inserimento a testa per Gran Bretagna, Trinidad & Tobago e Canada.

In generale l’Italia, fino al 1° agosto 2021, era stata a margini, vivendo nel ricordo delle imperiali gesta di Pietro Mennea e con l’ultima gioia risalente al 1995 con il bronzo iridato della staffetta. Poi tutto è cambiato grazie al Messia dello sport tricolore: Marcell Jacobs ha corso in 9.80 (record europeo) e si è laureato Campione Olimpico dei 100 metri, firmando quella che definire impresa del millennio per il Bel Paese è riduttivo. Dall’urlo del velocista lombardo a Tokyo, quando ha zittito gli americani e compagnia danzante, la ruota è completamente girata e l’Italia ha capito di poter andare veloce.

Il tutto è stato sublimato cinque giorni dopo con il trionfo della 4×100, battendo tutte le corazzate dello sprint: Campioni Olimpici nella staffetta veloce, roba da “non svegliateci”. Lorenzo Patta, Marcell Jacobs, Fausto Desalu, Filippo Tortu: questo il quartetto dei sogni che ci ha catapultato di una nuova dimensione ai limiti dell’iperuranio. La passata stagione era stata complicata a causa anche del problema fisico di Jacobs ed erano arrivate le mancate qualificazioni alle finali dei Mondiali e degli Europei, ma la magia di Tokyo era tutt’altro che svanita: la qualificazione ai Mondiali 2023 è arrivata per tempi ed è stata sudata, ma la gioia arrivata a Budapest è sconfinata.

Medaglia d’argento con il secondo tempo della storia nazionale (37.62, a dodici centesimi dal record italiano siglato a Tokyo). Un risultato che incide sulla pietra un assioma: “La vittoria di Tokyo è tutt’altro che casuale e non è frutto della fortuna“. Come se un successo ai Giochi, tra l’altro in una delle gare simbolo, potesse arrivare con un colpo gobbo e non con una costruzione meticolosa del risultato. Il secondo posto nella capitale ungherese ha ribadito che l’Italia è ai vertici della velocità planetaria e che ha tutte le carte in regola per rimanerci. Tra l’altro lo ha fatto con “solo” tre Campioni Olimpici, ovvero Marcell Jacobs e Filippo Tortu confermati rispettivamente in seconda e quarta frazione, Lorenzo Patta spostato dal lancio alla terza, e l’inserimento del debuttante Roberto Rigali in apertura.

Da Campioni Olimpici e vice campioni del mondo ci si presenterà alle Olimpiadi di Parigi 2024 con grandi ambizioni. Usiamo il modo indicativo, anche se bisognerebbe usare il condizionale visto che la qualificazione non è ancora ufficiale e andrà costruita. L’Italia non deve avere più paura di nessuno: ieri i quattro Moschettieri hanno asfaltato Giamaica e Gran Bretagna, inchinandosi soltanto agli imbattibili USA di Noah Lyles e Fred Kerley. Siamo fortissimi dove mai avremmo sognato, nelle battaglie dell’uomo più veloce e della squadra più veloce della Terra c’è anche un Paese che, nel cuore del Mediterraneo, ha scoperto come fronteggiare a viso aperto e a muso duro i mostri sacri.

Foto: Colombo/FIDAL

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