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Atletica, Tamberi in delirio: “Io l’umano che batte i supereroi. Con papà non parlo da tempo, ma è anche merito suo”

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Tamberi

Gianmarco Tamberi si è laureato campione del mondo di salto in alto a Budapest, completando il tassello mancante di una collezione di lusso. Ora il marchigiano può urlare a gran voce di aver vinto tutto: Olimpiadi, Mondiali (outdoor e indoor), Europei (outdoor e indoor), Coppa Europa, Diamond League. A 31 anni può già considerarsi a tutti gli effetti una delle leggende imperiture dello sport italiano.

Il classe 1992 è apparso giustamente al settimo cielo ai microfoni di SkySport: “Ho vinto tutto? È pazzesco, unico, non riesco neanche a sentirmelo dire. Sono stato ripagato di tutti i sacrifici fatti. So che quando entro in pista in queste grandi manifestazioni posso fare la differenza, perché so quanto io ed il mio team investiamo in questo, a partire da mia moglie, dalle persone che mi seguono. Non è uno sport individuale, non è vero, perché richiede tanta dedizione e sacrifici, e bisogna farli tutti. Devo ringraziare tutte le persone che mi hanno aiutato ad arrivare qui. La sensazione non so descriverla perché è unica, riuscire a battere persone che sembrano supereroi…Io quando vinco e festeggio così è perché mi sento l’essere umano che batte i supereroi. Pazzesco“.

Tamberi ha dato vita ad un autentico show, suonando persino una batteria prima dell’inizio dell’atto conclusivo: “Ho suonato la batteria per stemperare la tensione. Avevo fatto un grande riscaldamento, lì potevo solo distruggere la mia gara mettendo troppa pressione su di me. Conosco i miei avversari, sapevo che per vincere la gara potevano servire anche 2,38 o 2,40. Fortunatamente sono rimasto concentrato a mio modo, esternando le mie sensazioni, mostrando la paura quando avevo paura e la felicità quando ero felice. Il mio segreto è essere me stesso in pedana. A 2,36, quando gli altri hanno sbagliato, sapevo che era un match point importante. In quel momento devi mettercela tutta, perché se perdi la chance, poi non ritorna“.

Un trionfo maturato anche dopo aver cambiato allenatore l’inverno scorso, affidandosi a Giulio Ciotti dopo i problemi personali vissuti con il padre: “È pazzesco, perché la paura quando cambi è tanta. Dopo 12 anni che ti segue la stessa persona, con cui avevo raggiunto tutti gli obiettivi precedenti che non stiamo neanche a sottolineare…Fondamentalmente mio padre mi ha insegnato a saltare, quello che sto facendo oggi è anche grazie al percorso con lui, indubbiamente. Le cose non funzionavano più, avevo bisogno di un cambiamento. Ma il cambiamento genera paura, perché si esce dalla comfort zone e io quest’anno mi sono caricato di tantissime responsabilità che prima erano in capo a mio padre. Non è stato facile separarmi da lui e digerire un cambiamento del genere sia a livello personale che atletico. In tanti avevano dei dubbi. Devo ringraziare tantissimo Michele (Polloni, il preparatore atletico, ndr) e Giulio (Ciotti, l’allenatore, ndr) per come si sono approcciati a questa nuova sfida: ho chiesto loro un contributo particolare, di allenarmi non come un atleta normale, ma di accompagnarmi in questo percorso, come se fossimo in tre allenatori di me stesso. Siamo un team unico, loro sono affiatatissimi, da loro traggo tanta energia che mi mancava tanto. Devo ammettere sinceramente che c’è anche da parte loro quel lato sentimentale che prima mi mancava con mio padre, perché quella relazione è sempre stata difficile. Per quanto io e papà non ci parliamo da tanto tempo, è indubbio che anche questa medaglia, ancora una volta, è merito di quello che lui mi ha insegnato“.

Foto: Lapresse

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