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Calcio femminile, il solo professionismo non basta. Perché l’Italia resta distante anni luce dalle nazioni di riferimento

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Il professionismo non basta. La sensazione è che in Italia l’avvento di tale status nell’ambito del calcio femminile sia stato troppo frettoloso, alimentato più da una visione di facciata di un mondo in cui pochi credono davvero. L’eliminazione della Nazionale italiana di Milena Bertolini, nel primo turno della fase finale dei Mondiali di scena in Australia/Nuova Zelanda, non è stato certamente lo spot migliore possibile, considerando anche la brutta prestazione negli Europei del 2022.

La rappresentazione sul primo canale della compagine tricolore, purtroppo, ha reso ancor più evidenti al grande pubblico le mancanze di giocatrici e soprattutto di un sistema che fatica a evolversi oppure non lo fa alla stessa velocità di altri contesti. I quarti di finale raggiunti quattro anni fa non sono stati veicolati nella maniera giusta. Più che dare impulso alla pratica ed a lavorare per la diffusione effettiva nelle istituzioni di base, vera fonte di investimento dal punto di vista dell’organizzazione, si è spinto per il raggiungimento di un contesto professionistico che solo pochi club si possono permettere allo stato attuale delle cose.

Nel report della FIGC si parla di un incremento, tra il 2008 e il 2022, delle calciatrici tesserate passate da 18.854 a 36.552. Si legge:  “Con un aumento di 10.000 unità nell’ultimo anno e una crescita di circa 9.000 tesserate rispetto alla rilevazione pre-pandemica“. Numeri però non sufficienti perché l’impatto con i contesti in evoluzione è stato devastante, al di là delle performance al di sotto delle proprie possibilità della formazione di Bertolini. La lettera delle calciatrici e la risposta del tecnico, che ha terminato la propria avventura in panchina, la dicono lunga sulle tante cose negative del gruppo nostrano.

Tuttavia, il Report ritiene che il valore commerciale del calcio femminile italiano nei prossimi dieci anni potrà crescere di 7,1 volte, passando dai 6,6 milioni di euro del 2021 ai 46,7 del 2033. Da capire in che modo questi numeri avranno un impatto sugli aspetti squisitamente legati al gioco e alla crescita del livello, assai deficitari per quanto si è visto nel quadriennio post Mondiali 2019.

Foto: LaPresse

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