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F1, la pista di Monza potrebbe consentire alla Ferrari di ben figurare? Un layout (sulla carta) non disprezzabile

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“Ferrari, a Monza non far la str…” recitava uno striscione apparso sulle tribune del Gran Premio d’Italia di metà anni ‘90. In effetti era un periodo di delusioni cocenti. Sia nel 1994 che nel 1995, la Rossa avrebbe potuto trionfare a domicilio nonostante un periodo di vacche magre, ma dovette rinunciare ai successi a causa di situazioni surreali (cambi che si bloccano mentre l’auto effettua un pit-stop o camera-car vaganti che tranciano sospensioni).

In quegli anni, la Scuderia di Maranello inseguiva da lontano Williams e Benetton, eppure in Brianza era in grado di tenere testa anche alle avversarie più quotate. Come? Grazie alla potenza del V12 e al lay-out dell’autodromo. La situazione potrebbe, almeno in linea teorica, ripresentarsi nei prossimi giorni. Non certo per l’architettura della power-unit, oggi standardizzata, bensì per le caratteristiche della pista edificata alle porte di Milano.

Sulla carta i connotati del tracciato dovrebbero dire bene alla SF-23. Rettilinei e tratti veloci sono già stati graditi dalla monoposto attuale. Sarebbe indubbiamente illusorio pensare che Ferrari possa provare a fare partita pari con Red Bull e risulterebbe altresì mendace presentare il Gran Premio d’Italia come un vero e proprio terreno di scontro tra il Cavallino Rampante e il Toro. Magari in qualifica, sul giro secco, sì. Però, sul long-run, il Drink Team si annuncia (come d’abitudine) superiore.

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Resta il fatto che Ferrari può pensare di essere seconda forza, magari con margine rispetto alle avversarie che non siano le RB19. Proprio come avvenuto a Baku, a Spielberg e tutto sommato anche a Spa-Francorchamps. Guadagnarsi il ruolo di “best of the rest” significherebbe porsi in una posizione privilegiata per andare a caccia del podio e, soprattutto, approfittare di eventuali imprevisti che potrebbero capitare ai favoriti. Sempre i soliti, ovviamente, i quali di “Rosso” hanno solo il vocabolo “Red” nel nome.

Foto: La Presse

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