Formula 1
F1, tanti auguri “vecchio” Leone! Nigel Mansell festeggia le nozze di titanio con la vita
Quest’oggi Nigel Mansell festeggia il suo 70° compleanno. Mica male per uno che ha corso in un’epoca in cui, per dirla con parole sue, “se riuscivi a completare 180 corse ed essere ancora vivo, dovevi darti una pacca sulla spalla e congratularti con te stesso per la bella carriera”.
Una riflessione profonda, in quanto arriva da chi ha rischiato la pelle (o la paralisi) ben quattro volte nell’arco della sua attività di pilota. Due prima di arrivare in F1 e altrettante nel Circus. Il raggiungimento di un significativo traguardo anagrafico è coerente con il profilo del britannico, la cui caratteristica principale è sempre stata quella di andare avanti con una determinazione di titanio, talvolta addirittura apparentemente contro logica.
Squattrinato ai tempi delle Formule minori, messo in un angolo nella seconda metà della sua esperienza in Lotus, criticato a più riprese dalla stampa del suo Paese, perseguitato dal destino in svariate occasioni, sbeffeggiato o mortificato da compagni di squadra molto più furbi. Alla fine, però, il suo Mondiale lo ha vinto. Anzi, stravinto. Alla veneranda età di 39 anni. Non conta come si parte, bensì come si arriva. Al Pinnacolo dei motori, “il baffuto dell’Isola di Man” ha saputo issarsi.
Però, non è il titolo di Campione del Mondo 1992 a rendere Mansell un eroe moderno, bensì tutto il contorno. Quante volte in pista si è ritrovato in situazioni apparentemente disperate, ma si è rifiutato di arrendersi? È entrata nella storia l’immagine di lui che, nel 1984, stramazza al suolo nella fornace di Dallas, letteralmente arrostito dentro una tuta nera come la pece mentre tenta di spingere la sua Lotus sotto la bandiera a scacchi per salvare… un 5° posto! Oppure, la vittoria da pelle d’oca a Silverstone nel 1987, quando compì una rimonta folle ai danni della Williams gemella di Nelson Piquet, con tanto di sorpasso da brividi, sconcertando gli ingegneri della Honda, poiché Nigel aveva deciso di fregarsene del consumo del carburante e del rischio di far esplodere il motore. Voleva vincere in casa e ci riuscì
Mansell, infatti, ha saputo riaccendere l’entusiasmo attorno al motorsport nel pubblico britannico, sopitosi dopo il ritiro di James Hunt. Invece a Silverstone, nel 1987, e successivamente anche nel 1991 si videro scene di isteria di massa degne dei concerti dei Beatles. “Red Five”, come Nigel era soprannominato nella sua terra in virtù del numero di gara e del colore dello stesso, è stato amatissimo. In termini di popolarità, l’Hyphen tra Hunt e Lewis Hamilton. Anche in Italia ha fatto proseliti. Il suo periodo ferrarista gli è valso il soprannome di “Leone”, in netta contrapposizione con quello di “Mansueto” appioppatogli nel periodo della Lotus.
A proposito di dialettica, l’indomito inglese non hai mai regalato perle di saggezza, ma ha involontariamente generato alcune delle citazioni più esilaranti nella storia della Formula 1. La più famosa resta quella di Peter Warr (il team manager della Lotus succeduto a Colin Chapman), che detestava Nigel ed era costretto a tenerlo solo per ragioni contrattuali. “Finché avrò un buco nel mio c…, Mansell non vincerà mai un Gran Premio!”, pronunciata dopo che Nigel buttò alle ortiche il successo a Monaco 1984. Ne ha vinti 31, di GP. Non vogliamo sapere cosa è successo alle terga di Warr.
Decisamente più sagace la frase partorita da Michele Alboreto, qualche anno dopo. “L’unica cosa intelligente sulla Williams di Mansell sono le sospensioni”. Eh sì, il Leone non era famoso per la sua brillantezza mentale. Erano altre le sue qualità, quelle che fecero dire ad Ayrton Senna: “Quando ce l’hai in scia, Mansell è l’unico pilota in grado di comparire contemporaneamente in entrambi gli specchietti della tua vettura“. Questo sì che è un attestato di stima, pronunciato dal più grande di tutti, con il quale il britannico si è più volte scontrato, anche fisicamente.
Auguri Nigel. Te li meriti, per aver saputo raggiungere le nozze di titanio con la vita. Sei stato uno degli ultimi duri e puri. Un “Cavaliere del rischio”, ormai raro testimone di una F1 che non c’è più, ma vive ancora con veemenza nei ricordi di tanti.
Foto: La Presse