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Olimpiadi Milano-Cortina 2026, il disastro dell’essenziale strada statale 639. Il cantiere sulla Bergamo-Lecco è fermo da anni
C’è una vicenda legata ai Giochi Olimpici Invernali di Milano-Cortina 2026 che merita di essere raccontata, facendola emergere dal contesto della cronaca locale, in cui è finora sempre rimasta sommersa. D’altronde la questione riguarda il territorio, non un impianto sportivo. Cionondimeno, l’opera è stata definita “essenziale” in vista delle prossime Olimpiadi. Parliamo della cosiddetta “variante Vercurago” della strada statale 639 fra Bergamo e Lecco.
Qualcuno si chiederà cosa possa esserci di “essenziale” in tale tratta, soprattutto in relazione ai Giochi Olimpici Invernali. Ebbene, la sempre più congestionata viabilità lombarda soffre oltremodo proprio attorno a Lecco, passaggio obbligato se si vuole raggiungere la Valtellina partendo dalla fascia pedemontana.
Si provenga da Milano, piuttosto che dal Nord-Est, per raggiungere Bormio e Livigno (dove tra sci alpino maschile, snowboard, freestyle e sci alpinismo saranno conferite ben 102 medaglie), bisogna attraversare l’equivalente stradale di un passaggio delle Termopili. Peraltro, non bisogna dimenticare come la Bergamo-Lecco rappresenti il collegamento più logico tra il cluster valtellinese e l’aeroporto di Orio al Serio che, val la pena di ricordarlo, è il terzo scalo italiano per numero di passeggeri, nonché il primo in assoluto se ci riferiamo alle compagnie low cost.
Dunque è ovvio che l’opera sia stata definita “essenziale” in vista di Milano-Cortina 2026. Soffre però di una piaga, nella quale la mefistofelica macchina (dis)organizzativa italiana gira e rigira il dito, bloccandone la realizzazione. La ferita si chiama “Lotto San Gerolamo” (il nome ufficiale della variante Vercurago). All’atto pratico, va costruito un tunnel che bypassi i comuni di Calolziocorte e Vercurago. Attualmente l’unico modo per viaggiare da Bergamo a Lecco è attraversare questi due centri abitati, il primo dei quali è una cittadina di 15.000 abitanti incastrata tra il fiume Adda e le scoscese pendici di una collina. Di spazio ce n’è ben poco per chilometri e chilometri, ecco perché si può utilizzare la metafora di “Passaggio delle Termopili”. Di conseguenza, ora come ora, il traffico locale si mischia a quello industriale, alquanto imponente, nonché a quello turistico.
Molte aziende hanno la propria principale sede produttiva, o una loro filiale, proprio su questa strada. La Fiocchi, che relativamente all’ambito degli sport invernali realizza le munizioni per la nazionale italiana di biathlon, ha base a Lecco. La Vitali, gigante dell’edilizia, ha un impianto a Cisano Bergamasco; stesso comune in cui si trova la sede principale principale della M.S.A., colosso della componentistica metallica. La, Kong Safety Equipment, esportatrice di moschettoni in tutto il mondo (rifornisce anche le forze di polizia statunitensi), si trova a Monte Marenzo. Si tratta solo di alcuni esempi. L’apparato industriale, in questi luoghi, è capillare.
Tutto ciò genera una sorta di formicaio meccanizzato composto dalle auto dei residenti, dei turisti e da camion di ogni tipo. Il risultato è quello di intasare semafori, rotonde ed incroci. A volte nel cuore di piccoli centri abitati, con spazi angusti e claustrofobici. Gli ingorghi, soprattutto nelle ore di punta, sono all’ordine del giorno. Però di alternative non ce ne sono. Ad est ci sono montagne, ad ovest un fiume.
Quindi o si passa all’interno di questo budello largo poche centinaia di metri, oppure non si passa. Pertanto, la “variante Vercurago” è davvero “essenziale” per ripulire l’arteria stradale da una dose di colesterolo ormai insostenibile, rappresentata da migliaia di automezzi.
Sia chiaro, la variante è stata concepita ben prima che l’Italia ottenesse l’organizzazione dei Giochi Olimpici Invernali 2026, ma da subito si sono presentati inciampi di ogni tipo. Se si facesse la cronistoria completa, ci troveremmo di fronte a un feuilleton, tale è la complessità della vicenda fra beghe legali, magagne relative ai costi ed alla natura del progetto, peraltro cambiato rispetto a quello originario.
Non risaliamo alle origini di questa guerra balcanica edile in cui ingegneri, avvocati ed amministratori combattono da tempo immemore un conflitto da tutti-contro-tutti a colpi di cause, carte bollate ed atti burocratici di ogni tipo mentre le ruspe sono ferme.
Elidendo una marea di puntate precedenti, va sottolineato come, nell’ottobre 2021, si fosse apparentemente palesata una forza pacificatrice. Era stata sottoscritta una convenzione nella quale ANAS si impegnava a presentare il progetto definitivo entro settembre 2022. Sì, avete letto bene, “progetto definitivo“, perché bisogna cambiarlo rispetto a quello originario.
Siamo all’11 agosto 2023 e di esso non c’è traccia. Dunque ad oggi non è chiaro se vi sia un programma che possa permettere al cantiere (avviato anni ed anni fa, ma da anni ed anni in stallo) di ripartire. Al commissario straordinario Sant’Andrea l’ingrato, quanto indispensabile, compito di strigliare chi di dovere. Come se il manager non avesse già gatte da pelare a sufficienza.
Insomma, in vista di Milano-Cortina 2026 non solo ci sono impianti sportivi esistenti solo sulla carta (in alcuni casi neppure su quella), ma anche opere infrastrutturali ritenute, a ragione, “essenziali”. Opere però attanagliate da logiche degne dell’immaginaria Isola di Laputa. Intanto i mesi passano e non si muove foglia.
Ci si ricordi, però, che il tuono giunge molto dopo il lampo. Vale anche quando scoppia una bomba, visto che si è usata la metafora della guerra balcanica. Se dovesse arrivare l’onda d’urto di una deflagrazione (dis)organizzativa, tanti saluti alle foglie che non si muovono, agli alberelli ai quali esse sono attaccati, alle ruspe, alle trivelle, ai progetti (concreti, cestinati o immaginari), nonché a baracca e burattini. Essi non verrebbero “chiusi”, come recita il proverbiale adagio, bensì spazzati via.
Foto: LaPresse