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Perché la Superbike ha perso fascino e viene vista da alcuni come un ripiego rispetto alla MotoGP

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C’era una volta il Mondiale Superbike, quello vero. Una forte e concorrenziale alternativa al Motomondiale. Anzi, c’è stato un breve periodo storico in cui la massima categoria dedicata alle derivate di serie godeva di un’attrattiva finanche superiore rispetto a quella del campionato in cui corrono i prototipi.

Bisogna ritornare alla fine del XX secolo, quando la 500cc era narcotizzata dalla dittatura imposta da Mick Doohan e dalla Honda. Il Motomondiale aveva prosperato tra la fine degli anni ’70 e l’inizio dei ’90 grazie a fuoriclasse che avevano saputo essere al contempo personaggi. Uomini dotati di talento e carisma, capaci di dare a vita sfide entrate nell’immaginario collettivo.

L’ultimo di quella pasta è stato appunto Doohan, trovatosi però a spadroneggiare per mancanza di rivali alla sua altezza. Con tutto il rispetto possibile, non c’è stato un avversario dell’australiano che potesse tenergli testa sul piano dell’abilità di guida e della personalità. La prima, vera, alternativa avrebbe potuto essere Max Biaggi, ma i due si sono incrociati solo di sfuggita.

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Viceversa, in quello stesso periodo, la Superbike era rigogliosa. Se la 500cc era un one-man-show, in SBK si assisteva a duelli rusticani fra i vari Carl Fogarty, John Kocinski, Troy Corser, Aaron Slight, Scott Russell. Se la 500cc era proprietà esclusiva di Honda, in SBK Ducati e Kawasaki erano allo stesso livello dell’Ala. Insomma, era un contesto sicuramente più rustico, ma al tempo stesso decisamente più affascinante di un Motomondiale scontato. Le due categorie godevano di una popolarità quasi analoga.

I più giovani forse stenteranno a credere a queste parole, poiché la Superbike di oggi è ben diversa, essendo divenuta letteralmente “La parente povera” della MotoGP. Povera in termini economici e di talento. Le derivate di serie si sono tramutate in un ripiego, non esseno più un’alternativa. Salvo rare eccezioni (anzi, forse solo una, Toprak Razgatlioglu), il campionato è diventato un rifugio per chi non trova spazio nel Motomondiale. In tutto e per tutto, una Serie B del Motociclismo.

Come si è arrivati a questo punto? Due i fattori scatenanti, distanziati di un decennio. Il primo è la conversione della classe regina del Motomondiale da 500cc a MotoGP. Senza differenza tecnica, il passaggio alle quattro tempi, peraltro della medesima cilindrata, ha fatto sì che i prototipi eclissassero le derivate di serie. Fisiologico, perché rappresentano la stessa cosa, ma più evoluta.

Il “colpo di grazia” è poi arrivato nel 2012, quando Dorna ha acquisito i diritti commerciali della Superbike, facendo venir meno qualsiasi dinamica concorrenziale. La società spagnola, già padrona del Motomondiale, si è trovata nella condizione di far convivere pacificamente due campionati sino a quel momento rivali. Come? Calmierando le derivate di serie, a maggior gloria della MotoGP. Triste, ma è la spietata legge degli affari.

Foto: Valerio Origo

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