Rugby
Rugby, Sergio Parisse avrebbe fatto comodo all’Italia ai Mondiali?
C’è uno spettro che si aggira per il raduno dell’Italrugby che sta preparando la Rugby World Cup 2023. È quello di Sergio Parisse, iconico capitano degli azzurri per oltre un decennio e uno dei giocatori più forti al mondo in questo millennio. Il numero 8 del Tolone non è stato convocato da Kieran Crowley, aprendo subito la porta a polemiche. Ma Sergio Parisse avrebbe fatto comodo all’Italia ai Mondiali?
Sicuramente Parisse avrebbe portato con sé un’esperienza che non ha pari nella rosa azzurra (Parisse ha 142 caps all’attivo, mentre Tommaso Allan è l’unico con più di 50 presenze in azzurro con 72, praticamente la metà), la qualità di un giocatore eccelso che anche quest’anno ha saputo fare la differenza nel Top 14 e in Challenge Cup. Quindi sicuramente la presenza di Sergio avrebbe dato una qualità non indifferente in terza linea e un’esperienza che non ha eguali.
Vanno, però, dette due cose su una possibile convocazione di Parisse in nazionale. In terza linea l’Italia ha storicamente la coperta più lunga e in raduno ci sono giocatori di altissimo livello, come Michele Lamaro, Lorenzo Cannone, Manuel Zuliani, Sebastian Negri, Toa Halafihi e Giovanni Pettinelli. Senza scordare che giocatori come Federico Ruzza possono adattarsi benissimo dalla seconda alla terza linea. Insomma, per convocare Parisse si sarebbe dovuto sacrificare un giocatore di buonissimo livello e, alla fine, la presenza di Sergio in terza linea non alzerebbe in maniera clamorosa l’asticella.
Poi c’è un altro tema che in pochi valutano. Parisse non indossa più la maglia azzurra dai Mondiali 2019 e da allora l’Italia si è rinnovata tantissimo. Da quei mondiali sono rimasti solo 9 giocatori e gli equilibri e le leadership in spogliatoio sono molto cambiati. Catapultare un leader carismatico come Parisse in questo gruppo avrebbe rischiato di avere l’effetto di un tifone (come quello che gli impedì di giocare contro la Nuova Zelanda quattro anni fa), spaccando equilibri delicatissimi. Avrebbe accettato un uomo come Sergio di far parte di un gruppo che ha altri compagni come riferimenti e avrebbero accettato i leader di oggi di avere una specie di “tutor” come Parisse? Conoscendo la storia dello spogliatoio azzurro la risposta più facile è no. Meglio lasciare tutto come è, nel bene e nel male.
Foto: LaPresse