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Basket, Italia ai quarti di finale dei Mondiali dopo 25 anni. I precedenti del passato. E quel rimpianto nel 1998 con gli USA…

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Giampaolo Ricci

La storia mondiale dell’Italia torna a scriversi a livello di prime otto, e lo fa per la settima volta nella storia e alla decima partecipazione su 19 edizioni. Per gli azzurri il successo contro Porto Rico vuol dire davvero tanto: riprendersi emozioni che erano state vissute per l’ultima volta nel 1998. Ma non fu quella l’unica occasione, e non fu neanche quello l’unico format affrontato dalla Nazionale.

In altre occasioni di campionati mondiali, infatti, non c’erano quarti o a volte nemmeno semifinali, ma gironi unici. Come nel 1963, quando l’Italia giunse settima perdendo tutte le partite del girone finale, appunto, a sette, nell’edizione vinta dal Brasile su Jugoslavia (a guida Aza Nikolic e con Radivoj Korac in campo), Unione Sovietica e Stati Uniti (che, al tempo, mandavano selezioni molto meno forti ai Mondiali che alle Olimpiadi; giocavano gli universitari, ma tra quelli del 1963 c’era Willis Reed che sarebbe diventato poi simbolo dei New York Knicks). Allenava l’Italia Nello Paratore, in campo c’erano tra gli altri Gianfranco “Dado” Lombardi e Sandro Riminucci.

Un anno particolare fu però il 1970. Era l’Italia di un giovane Dino Meneghin e (anche) di Carlo Recalcati, poi diventato Charlie per tutti e ancora oggi assistente di Pozzecco sulla panchina azzurra. A proposito di panchina, vi sedeva Giancarlo Primo, uno dei grandi della scuola di allenatori del nostro Paese. Il cammino fu a lungo pieno di emozioni e qualche occasione mancata, ma a metà del girone finale gli azzurri cominciarono ad andare molto bene e, per la prima volta, batterono gli Stati Uniti per 66-64 (squadra composta anche da Bill Walton, che però giocò poco). Poi la rassegna si chiuse al quarto posto; non sarebbe stata l’ultima volta.

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Anzi, quella successiva, datata 1978 e proprio nelle Filippine, sarebbe stata (ed è ancora) dolorosissima nei ricordi di chi l’ha vissuta. Si stava formando quello che sarebbe diventato il gruppo di Nantes ’83, i primi Europei vinti dall’Italia. Passato con agilità il primo girone, si entrò in quello di semifinale con il botto: di nuovo USA (o meglio, la selezione degli Athletes in Action) battuti 81-80. Non bastò, però, perché le usuali sconfitte con Jugoslavia e Unione Sovietica mandarono Italia e Brasile (con un giovane Oscar Schmidt a roster) alla finale per il bronzo. E qui accadde il fattaccio. Dopo il canestro di Marco Bonamico a pochi secondi dalla fine, gli azzurri semplicemente si scordarono di difendere: Marcel, che avrebbe poi giocato a Caserta e Fabriano, trovò il tiro che valse il bronzo ai sudamericani da oltre metà campo. In entrambe le occasioni citate vittoria finale jugoslava, con il grande Kresimir Cosic accompagnato prima da Petar Skansi, Pero per tutti, e poi da Drazen Dalipagic.

Ancora nel 1986 l’Italia si assicurò un posto tra le prime sei: squadra, quella, allenata da Valerio Bianchini, che perse una prima volta nel girone contro gli USA (in cui figuravano Muggsy Bogues, Steve Kerr, David Robinson e Brian Shaw), poi nel secondo girone (che funzionava come quello attuale, solo che le squadre erano sei e non quattro) contro la Jugoslavia in maniera sonante: 76-102 contro una squadra che i Petrovic li aveva già tutti e due, Drazen e Aza, oltre a un immenso numero di fuoriclasse. Chiudemmo battendo Israele, ma perdendo con la Spagna per il 5° posto.

Del 1998, invece, è quello che si può ritenere fuor di dubbio l’ultimo rimpianto. Edizione di Atene, particolare perché gli Stati Uniti si presentarono con giocatori di stanza in Europa a causa del lockout vigente in NBA che si sarebbe sbloccato solo nel gennaio successivo. Morale della favola: gli azzurri, sconfitti solo da Grecia e Russia, ma capaci di battere la Jugoslavia (terza sconfitta in quei tre anni: una dagli USA e due dagli azzurri), andarono ad affrontare ai quarti, stavolta quelli veri, dopo aver battuto (anche allora) Porto Rico, quella che è passata alla storia come la “sporca dozzina”, “Dirty Dozen”. Di questi tanti erano stati (Wendell Alexis, David Wood), erano (Bill Edwards, Gerard King) o sarebbero stati (Ashraf Amaya, Trajan Langdon, Kiwane Garris) in Italia. Ci sarebbe passato anche Brad Miller, tre mesi a Livorno prima del lockout e di una validissima carriera NBA. Della quale, nella occasione, unico rappresentante era coach Rudy Tomjanovich.

L’Italia aveva Gianmarco Pozzecco (che però aveva un rapporto complicatissimo con Boscia Tanjevic), Carlton Myers, Alessandro Abbio, Andrea Meneghin e un giovane Gianluca Basile tra gli altri. E, naturalmente, l’immenso talento di Gregor Fucka. Partì male, quella partita di quarti di finale, ma Myers seppe caricarsi sulle spalle i suoi con una performance da 32 punti. Sbagliò scelte però nel finale, e dall’altra parte un contropiede di Michael Hawkins, teoricamente sfondamento, fu invece accordato come canestro e fallo per la gioia di qualche sostenitore del “suo” Olympiacos accorso. Gli azzurri persero 77-80, si sfogarono con la Lituania (76-71), ma persero poi la finale per il 5° posto con la Spagna per 61-64.

Credit: Ciamillo

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