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Che vantaggi può portare la Ryder Cup al golf italiano
Ci sarà, inevitabilmente, uno spartiacque per il golf italiano prima e dopo la Ryder Cup 2023. Un progetto lungo otto anni si avvia a compimento, una storia tutta tricolore è pronta a lasciare in eredità più della competizione stessa. L’edizione di Guidonia Montecelio, appena a est di Roma, può dare un forte slancio a questo sport in Italia. Una situazione, questa, che si combina con quanto compiuto di recente da chi in campo ci è andato.
Inevitabile pensare ai successi di Francesco Molinari nel 2018, ma anche a tutto quello che è stato il percorso precedente del torinese, sia da solo che con il fratello Edoardo. Certo, dispiace che quest’anno non ci sia alcun giocatore del nostro Paese impegnato direttamente (i fratelli Molinari sono vicecapitani), ma la spinta dell’evento si sta già vedendo non tanto a livello professionistico quanto tra i giovani.
E di materiale ce n’è già oltre la generazione attuale (più Guido Migliozzi, che va ormai considerato presente del golf tricolore). Un novero che parte da Filippo Celli e che si dipana fino a Giovanni Binaghi, volendo istituire un filo anagrafico che porta da mister Silver Medal all’Open Championship 2022 fino al sedicenne di belle speranze che sta disputando la Junior Ryder Cup insieme a Francesca Fiorellini. A proposito di lei, sarà solo l’ultima (per ora) di una serie di giocatrici che hanno, o avranno, deciso di optare per la scelta americana. Quella NCAA che tanti stanno prendendo come scelta ideale per crescere.
Ritornando all’Italia, però, oltre al lascito di uno sviluppo golfistico, la Ryder può lasciare tantissimo. Innanzitutto, com’è normale che sia, fa sì che si sia ritrovato un Marco Simone come vero campo di livello internazionale, in grado di riscuotere i favori di un po’ tutti i big mondiali. E, chiaramente, fa parte anche di un lato complessivo a livello sportivo che parla della situazione impiantistica. In un tempo nel quale è molto sentito il problema di dove fare sport a Roma, il Marco Simone (e l’Olgiata) è una luce che, ove la Capitale volesse tornare un giorno a coltivare il sogno Olimpiadi, permette di avere una certezza in più per quel che riguarda il dover evitare spese (importanti) che sono già state effettuate.
La Ryder, inoltre, è senz’altro motivo di curiosità che si può creare verso uno sport, il golf, vissuto fino ad ora con un certo sospetto in più di un’occasione. L’Italia non ha mai ospitato una simile rassegna, l’Europa continentale non l’aveva mai fatto fino al 1997. Poi è arrivata Valderrama sulla spinta di Seve Ballesteros e Parigi sull’onda del 2024. Quella di Roma, s’è già detto, è stata una situazione particolare; nata anch’essa su una spinta a cinque cerchi poi andata persa, si è anche ritrovata a fare i conti con il Covid-19. Che, paradossalmente, ha avuto l’effetto di far ritornare la Coppa in scena negli anni dispari, ripristinando quello che, fino allo spostamento del 2001 determinato dall’eccessiva vicinanza degli attacchi dell’11 settembre, era lo status quo.
Per l’Italia del golf questo evento significa indotto, un indotto di tantissime persone provenienti da un po’ tutta Europa e dagli States. Già in questi giorni si sono viste davvero tante persone colorare il Marco Simone osservando i campioni provare sui green posti dietro alle buche 1, 9 e 18. Ma sarà il fine settimana quello che porterà la Capitale a comprendere davvero il senso della Ryder, con una quantità enorme di persone in moto già dalle primissime ore del mattino di venerdì e di sabato. Tutto per non perdersi neanche un momento di un fatto storico.
L’occasione positiva è di quelle enormi. Basta citare alcuni numeri: 250.000 persone attese per il weekend, 7000 addetti ai lavori, 1200 volontari, 170 Paesi in cui verrà irradiata la Ryder, per non parlare ovviamente del turismo che ha portato le strutture ricettive romane a regime non pieno, di più. E, perché no, magari ci sarà qualcuno che vorrà emulare alcune gesta epiche che si verificheranno in terra romana. Gli effetti, a livello di golf, potremmo non vederli nell’immediato. Semmai, una Ryder a livello agonistico porta vantaggi per la generazione successiva. Ed è per questo che va tenuto d’occhio lo sviluppo del golf in Italia. Si tratta di uno sport con non tanti praticanti, se paragonato ad altri, ma con una grande capacità, da parte di chi insegna, di instradare in maniera corretta. I pro di spicco non sono tanti, ma siamo abituati bene con loro. Forse, un giorno, ci si potrà abituare ancora meglio. Così com’è capitato nel triennio 2017-2019.
Foto: Federazione Italiana Golf