Ciclismo
Ciclismo, uno sport ormai da elite ristretta. Monopolio Jumbo nei Grandi Giri, nelle Classiche non si esce dai soliti nomi
Con la fine della Vuelta a España 2023, la stagione 2023 del ciclismo su strada ha ufficialmente messo in archivio tutti e tre i Grandi Giri. Il calendario proporrà ancora corse di alto livello, a partire dai Campionati Europei, il Giro dell’Emilia ed il Lombardia, ma di certo possiamo già tracciare dei bilanci, individuare delle tendenze ed esprimere delle considerazioni su quanto abbiamo visto sulle strade di tutto il mondo nell’ultimo anno.
Una cosa che non può non balzare all’occhio anche dello spettatore più distratto è che in questa stagione si è consolidata un’elite ristrettissima di corridori che, per quanto già vincenti da anni e già protagonisti sui palcoscenici più importanti, hanno letteralmente dominato in lungo e in largo l’annata. Parliamo ovviamente di Tadej Pogacar, Jonas Vingegaard, Mathieu van der Poel, Primoz Roglic, Remco Evenepoel e Wout van Aert. Sei corridori che sembrano essere semplicemente di un altro livello, in grado di partire da favoriti sostanzialmente in ogni corsa e che si sono dimostrati difficilissima da battere per tutti gli altri, a prescindere dal livello e dalle circostanze.
Un dato è forse quello che che rende l’idea di quanto l’elite del gruppo al momento sia su un altro livello: considerando il calendario World Tour, su 23 corse in cui almeno uno dei “big 6” era presente, solo 5 sono state vinte da un corridore diverso tra loro. Nello specifico si tratte dells Strade Bianche, vinta da Tom Pidcock con Van der Poel presente; poi la Bretagne Classic che, sempre con il solo VdP in startlist, è andata a Valentin Madouas; il Tour de Suisse è stato vinto da Mattias Skjelmose “contro” Remco Evenepoel e poi ci sono due casi “speciali”. Si tratta infatti della Gent-Wevelgem, “omaggiata” da Van Aert a Christophe Laporte, e poi proprio della Vuelta, in cui Roglic e Vingegaard hanno “scortato” Sepp Kuss ad un incredibile successo.
In molti hanno interpretato questo dato come indice di grande salute di questo sport, paragonandolo anche alla lunghissima era dei “big three” nel tennis, corrisposta senza dubbio anche all’epoca di massima popolarità ed espansione del gioco. Ma siamo certi che sia effettivamente così? Siamo certi che avere una cerchia così ristretta di corridori che sembrano potersi giocare la vittoria ovunque (A Van der Poel ed Evenepoel sono andate anche le prove mondiali in linea a cronometro), mentre agli altri vengono lasciate solo le “briciole”?
A questa domanda difficilmente si troverà una risposta e forse ha anche poco senso star qui a farsela. Bisogna prendere atto di questo dato, oltre che dell’evidente accentramento di potere in un numero sempre più ristretto di team, problema che ciclicamente sembra ripetersi in ogni sport e che segue il flusso economico di sponsor e dirigenze. Avere nomi e volti così riconoscibili aiuta ad accrescere il numero di nuovi spettatori, che saranno inevitabilmente portati a guardare una corsa sapendo che in strada ci sarà Pogacar o Van der Poel. Allo stesso momento però, tanti appassionati non hanno potuto fare a meno di notare come in molti casi, corse che non vedevano alcuno dei “giganti” alla partenza sono state spesso più interessanti, più spettacolari e più aperte tatticamente, rispecchiando quella tendenza di imprevedibilità che da sempre è colonna di questo sport. Sarà interessante vedere nella prossima stagione se questa tendenza continuerà, se qualcuno sarà in grado di unirsi a quella elite o se magari saranno loro a cedere spazio.
Foto: LaPresse